di Ottorino Gurgo
Tempi duri per Matteo Renzi. L’accerchiamento nei suoi confronti si fa di giorno in giorno più pressante ed egli appare sempre più nella condizione di quel pugile che, messo nell’angolo dal suo avversario, deve far ricorso ad un colpo di fantasia se vuole evitare d’esser messo al tappeto
Ma quale può essere il “colpo di fantasia” con il quale Renzi può sottrarsi all’assedio al quale lo stanno sottoponendo i suoi contestatori interni ed esterni, più che mai decisi a rispedirlo nella sua Firenze?
Finora il presidente-segretario ha puntato tutte le sue carte sul referendum costituzionale che dovrebbe aver luogo in ottobre e che dovrebbe servire ad assegnargli quel ruolo di “grande innovatore” del sistema politico italiano ch’egli s’era assegnato quando, non senza fragore, aveva fatto irruzione sul palcoscenico della politica nazionale.
Ma, da allora, molta acqua è passata sotto i ponti. Con buona pace di Giulio Andreotti, il potere logora non soltanto chi non ce l’ha, ma anche chi ce l’ha e nei due anni e cinque mesi trascorsi da quando ha assunto la guida del governo, Renzi ha certamente avuto modo di logorarsi.
Così anche l’esito dell’appuntamento referendario che, nel suo programma, dandone per scontato l’esito favorevole, dovrebbe servire a renderlo inattaccabile, è ora in forse. I sondaggi degli istituti demoscopici parlano, infatti, di un risultato in bilico tra il “sì” e il “no”; un “no” che sancirebbe il definitivo tramonto di Renzi, così come una risicata vittoria del “sì” non lo metterebbe al riparo dalle molte insidie che lo circondano.
Il fatto è che si è fatto strada, in una parte non irrilevante della pubblica opinione, il convincimento che il Renzi delle origini, quello che si presentava come il “rottamatore” non tanto degli uomini del passato, ma del “sistema” che questi uomini avevano incarnato, non esista più, ammesso che sia mai esistito e non sia stato soltanto il frutto di un furbesco travestimento. Di qui il diffondersi del desiderio di dargli il benservito.
Ora, poiché è stato lo stesso Renzi a legare la sua sopravvivenza politica all’esito del referendum d’autunno, coloro che intendono mandarlo a casa, sono pronti a far blocco, indipendentemente dalla collocazione politica di ciascuno di loro, per ottenere nel modo più rapido possibile il risultato che auspicano.
Per far fronte a questa offensiva, Renzi non ha, probabilmente, che una strada: quella di tornare alle origini rinnovando e rilanciando la propria fama di “rottamatore”.
Ma deve farlo con coraggio provvedendo, questa volta, a “rottamare” ciò che all’interno della sua squadra non ha funzionato, abbandonando certi atteggiamenti infarciti di arroganza che non gli hanno giovato, rinunciando all’attitudine di circondarsi di uomini mediocri per far risaltare la propria personalità, limitando l’eccessivo numero di promesse e badando soprattutto ai fatti..
Insomma c’è bisogno di un Renzi nuovo, non di un ”cerchiobottista” che cerca di barcamenarsi con l’unico intento di mantenere un potere che si va sfaldando sempre di più.
Se non ci riuscirà sarà molto difficile, per lui, come dicono nel mondo del calcio per gli allenatori destinati ad aver vita breve, arrivare a mangiare il panettone, cioè a trascorrere il prossimo Natale seduto sulla poltrona di Palazzo Chigi. E il “rottamato” finirà con l’esser lui.