di Alessio Buccafusca
Un anno fa, solo un anno fa se n’è andato Jonathan Ollivier, un ballerino dannato. Uno dei pochi che non ho mai fotografato. Ed ora che non c’è più è rimasto dentro di me un vuoto enorme. Se n’è andato il cigno uomo, il più suggestivo di The Swan Lake” di Matthew Bourne. Quando l’emozione si fonde col palcoscenico
Anche lui ad agosto come Lady D, anche lui in un inspiegabile incidente stradale. La corsa folle di una Mercedes ha travolto la sua moto in Farringdon Roadl a Londra: Ollivier è deceduto immediatamente a causa delle gravissime ferite riportate, il conducente dell’auto arrestato per guida pericolosa con l’accusa di aver causato l’incidente mortale. Olliver stava andando al teatro Sadler Wells per la chiusura della stagione estiva. E’ morto a solo 38 anni mentre andava a ballare.
Figlio di un muratore che ben presto ha lasciato lui, le due sorelle e la moglie, un’infanzia difficile e sofferta, il suo primo lavoro è stato con il Ballet Company di Città del Capo (allora conosciuto come Capab Ballet Company) in Sud Africa, dove è salito rapidamente al rango di capitale – e dove ha anche incontrato quella che sarebbe diventata su moglie, la ballerina Desiré Samaai.
A Londra ha ballato la prima volta alla fine degli anni novanta quando entra a far parte del Balletto del Nord (ora Northern Ballet), dove il direttore artistico della compagnia era quel geniaccio di David Nixon. E ben presto grazie al suo al suo talento vivo e versatile ha ricoperto una serie di ruoli ma, un grande panorama. A me piace ricordarlo, il Principe del Lago dei cigni.
Jonathan Ollivier era uno di quei ballerini che emanano vibrazioni. Qualcosa che si percepisce, si sente, ti prende. Uno di quei ballerini che trasformano la danza in magia. Una magia irresistibile