di Adolfo Mollichelli
Altri tre gol, al Bologna vittima sacrificale – l’anno scorso ne beccò 6 al San Paolo -, quinto sigillo di Callejon, ancora una doppietta di Milik che stavolta ha usato la testa per uccellare Da Costa con il piede buono, il sinistro: scavetto e rasoiata. Per una notte lassù sul nido del cuculo. Col cavolo che vi dirò dove s’addormenta il Napoli. Piace ai titolisti ma sappiamo che porta male. Remember?
Una storia infinita. Primo tempo da sballo. Anzi: da ballo. Rumba, valzer, twist. Un cotillon dal quale erano esclusi i ramarri petroniani che avevano pizzicato (Dzemaili, l’ex) in avvio Ercolino sempre in piedi (Reina) che era andato giù, aveva respinto e s’era rialzato. Poi, più nulla. Perché dove vai a prenderlo Hamsik? E Zielinski? Che cosa fa il polacchino? Va, s’inserisce, dribbla. E Big Jim in miniatura (Insigne) che scivola come ai tempi migliori, dove mai potrebbe prenderlo uno che si chiama come un formaggino (Kraft).
Ed ecco l’assist che è una stella filante per quel furbastro di Callejon che invece di Corridoio (traduzione di callejon) dovrebbe chiamarsi Geronimo l’Apache per l’abilità che ha di sbucare alle spalle dell’uomo bianco di turno, stavolta il povero Torosidis che è viso pallido di suo.
Anche i bergamaschi nel loro piccolo s’incazzano, come le formiche.
Non mi riferisco a Gabbiadini perché lo è sempre e da sempre. E poi dove la puoi mai trovare l’allegria se esci di scena e Milik al primo tocco la butta dentro e riporta in vantaggio la squadra e ti fa pure il gol del game over. Parlo di Donadoni che deve aver cazziato di brutto i suoi lucertoloni catarifrangenti nell’intervallo.
Tant’è che i verdoni hanno cominciato la ripresa che sembravano il Barcellona (per colore di maglia, la seconda dei blaugrana) e zac, da quaranta metri Verdi superava Reina che passerà alla storia o come lo chiamo io (Ercolino sempre in piedi) o come lo smemorato di Castelvolturno.
La stavano facendo grossa gli azzurri (forse in omaggio al film della casa cinematografica presidenziale) e allora zio Maurizio pensaci tu. Milik (per Gabbiadini), Ghoulam (per Strinic), Allan (per Jorginho) e il Napoli dai due volti torna al ballo di gala.
Da far vedere e rivedere ai discepoli calciofili il lancio filtrante di Hamsik per il primo gol di Milik che ha un cognome che evoca il latte ed un nome, Arkadiusz, che sa di realismo magico. Non ne ha presi più il Bologna in verdone nonostante l’espulsione del formaggino svedese quando mancava ancora un po’ di tempo.
Prima del match, in tv era apparso abbronzatissimo Aurelio Primo. Era a Milano, partirà per la Cina perché ha un progetto da portare a termine: l’internazionalizzazione della Filmauro. Ha promesso uno stadio-teatro, ventimila posti, pardon: poltroncine di velluto. Se è reale intenzione potrebbe sorgere anche in uno degli slarghi della Neapolis. O a Largo di Palazzo. È un’idea.