di Giuseppe Crimaldi
Si può non essere ebrei e amare Israele allo stesso modo di un “sabra”? Certo che si può. Non sono ebreo. Ma difendo Israele davanti ai tentativi di isolamento, di menzogna e mistificazione che lo vedono oggi incolpevolmente al centro di una poderosa campagna mediatica, così come per gli ebrei lo è stato nella storia dell’umanità
Quando si parla bene di Israele, o se magari si discute di politica estera andando a parare sullo scivoloso scacchiere mediorientale, con inevitabile conclusione che l’unico Stato civile, democratico e progredito di tutta quell’area è Israele, c’è sempre il cretino di turno che ti chiede: “Ma tu sei ebreo?”. Molti altri magari non hanno il coraggio di chiedertelo esplicitamente, ma lo pensano.
Non sono ebreo. Ma difendo Israele davanti ai tentativi di isolamento, di menzogna e mistificazione che lo vedono oggi incolpevolmente al centro di una poderosa campagna mediatica, così come per gli ebrei lo è stato nella storia dell’umanità.
Si può non essere ebrei e amare Israele allo stesso modo di un “sabra”? Certo che si può. Ci si può schierare per Israele e contro i suoi detrattori (ce n’è più d’uno: in ogni condominio, negli uffici, nelle scuole, per non parlare poi delle università) per almeno due buoni motivi.
Innanzitutto perché questo piccolo Stato grande più o meno quanto il Lazio e la Toscana messe insieme ha saputo conquistarsi il futuro trasformando le aride pietre del deserto in floridi campi coltivati, le dune sabbiose in una delle più spettacolari città del Mediterraneo, i terreni paludosi in quella forma meravigliosa di democrazia partecipata che sono stati i kibbutzim. Il virtuosismo di un popolo scampato all’Olocausto, alle persecuzioni, ai pogrom si è trasformato in coraggio, che a sua volta ha prodotto forza e intelletto.
E se oggi Israele ipoteca felicemente una nuova parte del proprio futuro lo deve ai pronipoti di quella generazione di fuggiaschi, indomiti e mai rassegnati che furono gli scampati all’orrore della Seconda Guerra Mondiale e ai campi di concentramento: ai “sabra” di terza e quarta generazione, gli ingegneri e i medici che operano nel settore delle ricerche e i giovani universitari che animano le start-up più avanzate del mondo.
La seconda ragione per cui non possiamo che dirci israeliani è di carattere culturale.
Di fronte alle mistificazioni, alla malafede strisciante e a quel sordido rigurgito che sale dagli abissi del nuovo antiebraismo c’è poco da riflettere: io sto dalla parte di chi ha scelto di vivere in uno Stato di diritto, quello che offre pari garanzie a tutti e non fa sconti a nessuno. Palestinesi o israeliani che siano.
Sto con chi non intabarra le sue donne, non le mortifica ma anzi ne esalta il ruolo nella famiglia e nel lavoro, consentendo loro di coprire anche incarichi apicali nei mestieri e nelle professioni.
Sto con chi ascolta la musica e organizza concerti, nelle piazze e nei teatri; con chi produce arte, beni di consumo, tecnologia e non con chi – per secoli, e comunque ben prima che si costituisse lo Stato d’Israele – oltre a esportare datteri si è distinto esclusivamente per l’indolenza esibita fuori ai caffè, a fumare il narghilè.
A proposito Israele-Italia, a Haifa. Prima partita di qualificazione per i prossimi mondiali di calcio. Era di questo che avrei voluto scrivere. Credo di aver perso la traccia e di essermi fatto prendere la mano. Poi c’è la passione, ma quella è un’altra cosa: e se uno non ce l’ha non se la può dare. Non è soltanto una convinzione logica. Non c’è solo il frutto di un ragionamento dietro lo affinità culturali. Israele-Italia, non solo calcio.
SI può amare Napoli come un napoletano e essere di Roma ? A me capita da sempre le mie figlie dicono che in un’altra vita io ero napoletana ,amo questa città, i suoi vicoli ,il suo lungomare ,le sue chiese barocche ,la sua colorata confusione ,il calore della sua gente ,San Gregorio Armeno ,il Cristo Velato ,l’odore delle friggitorie quel sacro e profano che si confondono con le melodie delle sue canzoni .
Non sono un’amante del calcio ,ma le due ultime feste dello scudetto non me le sono perse e aspetto che la mia squadra vinca anche il terzo .
Tutto è possibile ,anche che uno scugnizzo ami Israele come un Sabra ,così come una romana ami Napoli come uno scugnizzo .
Gentilissima Clelia, grazie. Si può essere ciò che si sente davvero solo quando si hanno mente e cuore aperti. Un abbraccio e grazie, Giuseppe Crimaldi
Ho lasciato Napoli da quasi mezzo secolo, dopo la laurea ma le sono tuttora legatissimo. Via Cappella vecchia dove c’è l’antica Sinagoga era “casa” non meno del Corso Vittorio Emanuele dove abitavamo o via dei Mille dove ci si trovava (ora è a piazza Amedeo, credo) Il sindaco,anche lui scugnizzo, mi mette sempre in imbarazzo e in contrasto con la mia città per la sua palese partigianeria filo palestinese. Napoli è antisemita? Non lo credo eppure ricordo molti episodi, da certi professori del liceo Umberto o del Mercalli che vessano me e mia sorella negli anni 50 e 60 a un autista ATAN che, indignato per “i fatti d’Ungheria”, come si diceva allora, li commentava dicendo: “Poveretti, mica sono Ebrei”