di Adolfo Mollichelli
Dopo il Cagliari, batte di goleada anche il Toro ed è ad un punto dalla Roma, cioè dal secondo posto. Altri cinque gol, ma stavolta ne incassa tre. Sugli scudi sempre Mertens che realizza un poker e immagino che dopo quello di Cagliari si sia portato a casa anche un altro pallone. Sette reti in due partite. L’ultimo sigillo, giravolta e pallonetto in diagonale è stato letteralmente da favola.
Napoli stellare per tre quarti, ma si deve tener in conto anche l’avversario. Il Toro ha nel suo dna l’orgoglio.
Non c’è Koulibaly e nessuno se ne accorge. Sostituito magnificamente da Chiriches che va pure in gol.
Da dove cominciamo? Da san Gennaro, va. Che ha delegato il piccolo belga che corre inclinato come un centauro sulla moto in curva a miracolo(i) mostrare. Mettiamola così e san Gennaro non ci spaventare. Come dici? Ti sei offeso perché Aurelio Primo non ti ha invitato alla prima di Natale a Londra? Be’ non è che ti sia perduto chissà che cosa. E per farti piacere, in fede, ti dirò che nella casa di San Paolo tutto cominciò con l’ultimo pranzo (lo so che quella fu l’ultima cena) perché l Napoli aveva offerto acqua e pasta ed il Torino i salumi (ce l’hanno scritto sulle maglie).
E senza tuoni perché la giornata è stata freddina ma luminosa, il sinistrorso Sarri – uno di famiglia, Diego lo chiama zio Maurizio – pare che abbia detto ai suoi discepoli: prima che il Gallo canti, il piccolo belga avrà segnato tre volte. Gallo è il soprannome di Belotti che ha spalle incurvate che pare abbia una gobbetta ed è il centravanti della nazionale italiana. E così è stato. Uno-due-tre di Dries e il Gallo neanche un chicchirichì.
Partita in cascina. E grazie a Mihajolovic che aveva lasciato in panchina inizialmente Iago Falque che è di Barcellona e si è formato nella Primavera della Juve. E soprattutto perché sempre il serbo amico degli amici della tigre Arkan aveva presentato nel tridente granata Zappacosta a destra. E il povero ragazzo ha finito col dover recitare la parte del Garrincha (perdono Mané) dei poveri. Con De Silvestri a proteggergli (si fa per dire) le spalle.
L’altro regalo di Natale di Miha a Sarri è stato Valdifiori – questo Valdifiori – che di fronte ai suoi ex compagni e Jorginho suo rivale è appassito come un fiore nella valle dei rovi. Lukic, che ha sostituto Valdifiori, è apparso un gigante.
Detto questo, per amor del vero, si può parlare di un Napoli sontuoso nelle giocate continue, nella ricerca della perfezione nei triangoli e nei quadrilateri che pare sia allenato da Euclide.
E’ squadra che ammalia chi la osserva e fors’anche gli avversari. Che gioca a memoria e delizia con la tecnica cristallina di quasi tutti i suoi elementi. Però, però deve ancora fare quel salto in avanti che si chiama concretezza. Si badi bene, concretezza nel senso che una volta matato l’avversario, istupidito con veroniche e vecchi merletti e gol che deliziano gli occhi, si deve saper gestire i momenti di rivalsa di chi ti sta davanti.
Il Napoli di parte della ripresa mi ha ricordato le tipiche squadre di Zeman che sono state la goduria degli attaccanti opponenti. Se il tiro d Ljaic (si era sul 5-3) avesse preso la via dell’incrocio dei pali alla sinistra di Reina, i sarriani avrebbero vissuto i minuti finali come un incubo. E non è possibile tutto questo quando per tre quarti di gara sei nettamente superiore agli avversari, in tutto.
A volte, gli azzurri peccano di narcisismo e questo è un difetto al quale Sarri deve mettere mano. Perché questa squadra è seconda soltanto alla Juve monstre di Giudain che più ingrassa e più spacca le porte. E se la vecchia signora è avanti a tutti è perché sa essere bella, quando s’imbelletta, e tremendamente brutta – ma efficace – quando si traveste da cow boy all’Ok Corral per spaventare gli assedianti.
Ora arriva Pavoletti. In attesa di Milik. Il genoano non è più un ragazzino ed è titpico uomo d’area. Si spera che impari presto i movimenti particolari che Sarri vuole dalla sua punta centrale. Non vorrei che il piccolo belga dovesse esclamare: azz! e po’ foss io ‘o falso nueve.