di Ottorino Gurgo
Tra le non poche affermazioni sgradevoli di Donald Trump ce n’è una che ci riguarda direttamente: quella secondo cui il continente europeo sarebbe avviato verso un inarrestabile declino. In quanto italiani siamo europei e, pertanto, la iettatoria profezia del neo presidente americano inevitabilmente ci coinvolge. A prescindere dallo scarso buongusto che caratterizza le dichiarazioni di Trump (ma, tant’è, non si può chiedere a chi è nato tondo di diventar quadrato) ciò che il tycoon dice deve pur indurre a qualche riflessione. Anche noi italiani (europei) siamo davvero un popolo in decadenza?
Non v’è dubbio che ci circondi un’atmosfera di malessere profondo. Già qualche anno fa, in uno dei suoi annuali rapporti, il Censis sottolineò questa situazione di grave disagio nel nostro paese. Era un autentico grido d’allarme.
“L’Italia – era scritto nel rapporto – è sciapa, è in preda ad una situazione di malcontento diffuso per cui non riesce a pensare positivo ed a saper trovare una soluzione giusta per guarire dai tanti mali che sono visti come mali assolutamente inguaribili”. Insomma quel che si rilevava era il venir meno dell’”elemento fiducia”.
E’ trascorso qualche tempo, ma questo stato di cose non sembra essersi modificato. Anzi.
Trump, allora, non ha tutti i torti ? Siamo davvero avviati verso il declino ? Eppure, in un passato non lontano, dopo la terribile esperienza della guerra, l’Italia riuscì a risollevarsi al punto di conquistare, non soltanto in Europa, ma nel mondo, invidiabili ed invidiati primati. Ora stenta a decollare, arranca, è spesso relegata al ruolo di fanalino di coda.
Diceva Indro Montanelli che, al cospetto della classe politica di cui disponiamo, (destra, sinistra, centro sono da questo punto di vista, del tutto omogeneizzabili) la gente deve compiere atti di fede. E gli atti di fede quasi nessuno è disposto a compierli. Perché ? Perché non siamo più capaci di fare ciò che in passato abbiamo fatto ?
Se dovessimo azzardare una diagnosi per individuare le cause di questo male oscuro da cui italiani ed europei siamo afflitti, non esiteremmo a dire che essa va ricercata proprio in quella mancanza di fiducia di cui abbiamo parlato.
Non si ha fiducia nella classe politica e nella sua capacità di gestire la cosa pubblica; non si ha fiducia nella stabilità delle banche nelle quali i cittadini vedono un nemico anziché una fonte di aiuto; non si ha fiducia nel futuro delle imprese e, conseguentemente, non si è portati ad intraprendere; non si ha fiducia nello Stato e nel suo fisco dalle mani adunche…
Infine, diciamolo senza infingimenti, non si ha fiducia in quella che, dopo la tempesta della guerra, fu il grande sogno che uomini di elevato livello cercarono di trasformare in realtà: la costruzione di un’Europa unita, politicamente compatta, economicamente forte, in grado di inserirsi autorevolmente e con voce univoca nel novero delle grandi potenze.
Ora al grande sogno la maggioranza dei cittadini non crede più. Davvero, come sostiene Trump, attraversiamo una fase di decadenza. Ma il presidente americano ci ha lanciato una sfida, forse la più importante delle sfide: quella che ci impone di dimostrare che questa decadenza, se pure c’è, non è comunque irreversibile.