di Adolfo Mollichelli
Come tutti gli eventi caricati a pallettoni – stampa, tv, social, tifosi malati e non – la partita della storia del tradimento e dell’odio all’improvviso sbocciato nel caldo di luglio è stata avara di emozioni. Il Salomone del calcio (non esiste? e chi se ne frega) ha deciso per la divisione della posta in palio. Tutti felici e contenti. Intanto, la Juve si ritrova la Roma più vicino e il Napoli il fiato della Lazio sul collo. Centocinquanta Paesi collegati, il mondo ci guarda – e vede ben poco – e ascolta: fischi, fischi, fischi per Higuain ribattezzato Giudain.
Due gol in fotocopia: tocchetto di Pjanic il bosniaco per Khedira il tedesco con papà tunisino e tocchetto di Mertens il belga per Hamsik lo slovacco sempre più Marekiaro, cioè finestrella della passione, un destro di qua e un destro di là e via così fino alla fine.
Ci sarebbe pure il palo colpito dal piccolo falso nueve che aveva approfittato di uno sciagurato retropassaggio di Asamoah verso l’uomo di Ilaria D’Amico (cioè Buffon) che in quell’istante è invecchiato di dieci anni perlomeno. Sarebbe stato il gol della vittoria che avrebbe coronato una rimonta ostinatamente cercata.
Avete visto anche voi? Mertens ha fatto chiaramente segno con le mani (chiarendo con il labiale) che si tratta di “mazzo” e non di rose.
La Signora seppur Vecchia ce l’ha ancora bello tondo ed è comunque più carina di Camilla Parker Bowles, insomma la duchessa seconda moglie di Carlo d’Inghilterra anch’essa a Napoli con puntatina ad Ercolano dove ci sono gli scavi (ehm!).
Dove eravamo rimasti? Ah sì, al gol del successo che il Napoli avrebbe strameritato. Perché i fujenti che hanno concesso alla Signora il loro look storico – e lei ne ha approfittato col completo azzurro, pure i pantaloncini – volevano soltanto giocare al calcio e non credevano di dover affrontare una Maginot umana, anzi no quella cadde subito, una Sigfrido – così va bene – un muro come quello a Berlino o come quello che sta facendo costruire il signor Trump al confine col Messico, a proposito Donald a che punto stiamo?
Il Napoli avrebbe voluto giocare, la Juve aveva deciso che non era il caso. E sapete perché? perché gli Agnelli hanno a cuore Machiavelli e allora anche per loro il fine giustifica i mezzi. E poiché il fine è il sesto scudetto di fila ecco che l’unico mezzo per uscire indenni dal San Paolo non poteva che essere un Muro, umano.
Tra infortuni e mezzi sani Allegri il livornese ha costruito un ibrido spaventoso lasciando solo a trenta (pure quaranta) metri, lontano da tutti gli altri il Pipita di tutti i fischi (ricevuti) del mondo. Una sola azione di Giudain a fregare Hysaj e nemmeno un tiro verso la porta di Rafael Cabral, nome da torero, sostituto di Reina. I bianconeri hanno sempre rispettato il Napoli ed anche nel recente passato ed in casa loro avevano assunto atteggiamento di rispetto.
Lo sappiamo, voi siete bravi a triangolare e ad infilare gli avversari come tordi, avete l’attacco più forte del campionato e noi saremo pure rappresentanti piemontardi ma fessi proprio no. E allora vi aspettiamo e fate pure. Solo che i milioni di spettatori si sarebbero aspettati uno spartito con un po’ di emozioni e invece nisba. Alla fine avranno fatto di conti e il risultato sarà stato questo: attacco più forte contro difesa più forte (del campionato) e dunque il pari era scritto.
Volete sapere quante azioni ha cercato di creare il Napoli e quante la Juve? E che ve lo dico a fare, tempo sprecato. Una volta tanto ricorro ai numeri, che dicono: possesso palla per i fujenti uguale al 79 per cento! Sì, avete letto bene. Il 21 per cento è per i bianconeri. Ora io mi chiedo: a che cosa serve avere tra le proprie file il centravanti più forte del mondo, copyright di Maurizio Sarri, se poi si gioca al sottomuro? Misteri del calcio.
E va bene, pensiamo al prossimo duello (perché abbia senso è necessario presentarsi in due, eccetto i padrini), al mercoledì di coppa Italia: o dentro o fuori, due gol da fare senza subirne. Le quattro giornate del Napoli meriterebbero una medaglia.