Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

Juve-Real, fuori i secondi
  

 
 Champions / I blancos che vincono sempre le finali contro i bianconeri che le perdono  sempre   
 di  Adolfo Mollichelli

Juve-Real, fuori i secondi

di Adolfo Mollichelli

Se il nero non si addice ad Elettra, la Coppa con le orecchie non si addice alla Vecchia Signora. Sul palcoscenico del Millennium Stadium di Cardiff – che pare un’astronave, il tetto futuristico che si chiude in venti minuti, il terreno di gioco riscaldato e retrattile- Juventus e Real Madrid tenteranno di scrivere un’altra pagina della loro storia.

Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Guidate da Allegri detto il conte Max e da Zidane detto Zizou. Il livornese e il marsigliese. Acciughina e cabeza de hierro, ma Materazzi attutì bene il colpo. Il Millennium come un caveau. Per blindare gli ori e gli argenti delle due sfidanti: 62 titoli per la Juve (10 internazionali e 52 nazionali), 82 per il Real (21 internazionali e 61 nazionali).

La Coppa con le orecchie, una dolce abitudine per i blancos di Madrid: 11 vittorie su 14 finali; una maledizione per i bianconeri: 2 successi su 8, il tragico Heysel e Roma. Dal Liverpool all’Ajax.

, Di Stefano, Puskas e Gento.

Di Stefano, Puskas e Gento. La leggenda Real

Le ho seguite tutte (ahimè, l’età) le finali Campioni/Champions, da ragazzino ammaliato dal pallone e poi da inviato per il mio giornale. E le ricordo tutte. Già negli Anni Cinquanta il Real era la squadra-guida in Europa. Le prime cinque edizioni tutte vinte dai blancos. La formazione impressa nella mente: Araquistain; Miera, Casado; Felo, Santamaria, Pachin; Tejada, Del Sol, Di Stefano, Puskas e Gento. Ricordo: Santamaria era lo stopper (oggi si chiama centrale di difesa) che dava del tu al pallone, una tecnica sublime. Pachin era il “feo y malo”, il brutto e il cattivo, di quella squadra, menava tutti come un fabbro. Del Sol era detto il postino (non quello di Neruda) perché recapitava l’attrezzo ai più forti e percorreva chilometri e chilometri nell’arco di una partita, giocherà anche nella Juve e nella Roma.

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Gento, il figlio del vento

Di Stefano era don Alfredo e basta: immenso, uno dei cinque giocatori più grandi di ogni tempo, definito centravanti arretrato, in realtà giocava dovunque: difendeva, impostava, concludeva. Puskas l’ungherese era un armadio con un sinistro che spaccava le porte, non aveva bisogno di entrare in area, tirava dai trenta metri delle botte incredibili per precisione e potenza. Gento era il figlio del vento, un’ala imprendibile per tecnica e velocità: correva i cento metri con la palla al piede in undici secondi netti!

Mi direte: ma diventasti madridista? No, ammiravo quella squadra di campioni, da appassionato di calcio. Poi, col tempo, iniziai a vederla con occhi diversi. Perché il Real fu la squadra di Franco e per mia natura ho amato un solo dittatore in vita mia: Charlie Chaplin! E quanti sgarri al Barcellona, simbolo di un eterno indipendentismo. E poi, la goccia che fece traboccare il vaso, che mi indusse a “odiare” il Real (in senso sportivo, naturalmente) la versò nel bicchiere dell’anima Pachin el feo. Perché fece di tutto per spaccare una gamba al mio idolo di gioventù e di sempre: Enrique Omar Sivori che chiamavo Omaruccio mio.

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Di Stefano e Sivori, Juve in maglia nera

Era il 1962, nei quarti di finale Real e Juve di fronte. Andata a Torino, vinse il Real con un gol di Di Stefano. Ritorno a Madrid, senza speranza alcuna per la Juve che giocò tutta in nero: fu Sivori a violare ed a zittire il Bernabeu. Si rese necessaria la “bella”, a quei tempi non c’erano supplementari e gol in trasferta che a parità valgono il doppio. La resa dei conti ci fu a Parigi, al Parco dei Principi, e un arbitro da regime concesse tutto e di più a Pachin che era più cattivo e falloso di Stiles (lo ricordate l’inglese senza denti?). Prima cominciò a legnare Charles, il gigante buono, poi si dedicò esclusivamente alla “cura” di Sivori. La tv era in bianco e nero. Saltò il collegamento sull’1-1, quando tornarono le immagini, vidi Sivori con una gamba sanguinante inseguire Pachin. Fu uno scempio. Il Real vinse 3-1 e in semifinale eliminò in scioltezza lo Standard di Liegi. In finale fu sconfitto dal Benfica (5-3) di Eusebio detto la pantera nera. Giustizia fu.

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Juve-Real, la sfida delle panchine: Allegri contro ZIdane

Previsioni per la notte di Cardiff? Mai fatte in vita mia. Qualche considerazione, sì. Lo stereotipo più gettonato di questa lunga vigilia è stato questo: Juve più forte in difesa, grazie alla BBBC (Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini), Real più forte in attacco, grazie a Cristiano Ronaldo e Benzema. Ragionamento semplicistico. Quasi certamente non partirà dall’inizio Gareth Bale, il gallese nato a pochi passi dal Millennium. Bale, un fior di campione.

Buffon,Chiellini, Barzagli e Bonucci

Buffon,Chiellini, Barzagli e Bonucci

Ma se non dovesse esserci, il Real potrebbe trarne un vantaggio notevole. Perché vorrà dire che ci sarà Francisco Romàn Alarcòn Suarez detto Isco. Che ha tanti nomi e classe immensa, il trequartista che Allegri avrebbe voluto con sé prima di inventarsi quel ben di Dio alle spalle di Higuain.

Con Isco in campo, libero di incunearsi tra le linee oltre a dar man forte a Modric, Kroos e a Casemiro, il centrocampo delle merengues è semplicemente stellare. E, teoricamente, superiore – anche per numero – a quello bianconero che ha solo due pedine fisse: Pjanic e Khedira. 

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Higuain e Ronaldo, quando gioivano insieme

Sarà interessante la sfida tra Ronaldo detto CR7, Benzema e Higuain che per diversi anni giocarono insieme in blanco. Più Dybala detto la joya. Higuain cercherà di scrollarsi di dosso la maledizione delle finali, nazionale compreso. Dybala, se giocherà come contro il Barcellona, potrebbe essere ancora una volta decisivo. E che stia attento alle entrate di Casemiro che è abbastanza “malo”.

C’è un protagonista che ha vinto più di tutti, anche più di Cristiano l’impomatato. E’ Dani Alves – 25 titoli su 30 – il capitano del Brasile che suona la chitarra a Vinovo tra gli ohhhh! di meraviglia dei seriosi sabaudi. Una chiave di volta? Ecco, scelgo Dani Alves. Se dopo aver fatto piangere Neymar, sarà capace di intristire pure Marcelo che sembra Ficarra.

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Bene, basta così. El mundo Real – todo el mundo es paìs – è impegnato nel fare “conjuros” (scongiuri). Perché da quando c’è la Champions nessuna squadra ha vinto per due volte di seguito la finale e le merengues sono campioni in carica. E perché los blancos giocheranno in viola, il colore di due cocenti sconfitte nella Liga appena vinta.

Juve in credito con la buona sorte quando c’è da afferrare la coppa con le orecchie per le orecchie. Nel ’98 ad Amsterdam il Real la sconfisse (1-0) con un gol in fuorigioco di Mijatovic. Se Eupalla si ricordasse di quella ingiustizia dovrebbe mettere un peso equilibrante sull’altro piatto della bilancia. Vinca il migliore. E come Nereo Rocco dico: Sperem ghe no.

 

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