Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Il petisso e l’omaccione, la favola è finita

di Adolfo Mollichelli

Et voilà, la ripresa del campionato, la prima dopo il flop nazional popolare – la figuraccia internazionale rimediata contro i figli dell’Ikea – rilancia le legittime ambizioni del Napoli che stende il Milan cinese farlocco in quanto zeppo di italiani (vorrà dire qualcosa?). Avrebbe voluto volare sul San Paolo, l’aeroplanino, Come quelli che una volta pubblicizzavano o minacciavano.

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Rien ne va plus. Sarri se la ride. Montella incassa la sesta scoppola ed è troppo anche al di là della Muraglia. Sempre che ci sia qualcuno là dietro.

Azzurri lassù. Vittoria mai in discussione seppure con qualche sfumatura di troppo. Anche sulle maglie, non cinquanta ma diverse. Bruttina la divisa esibita, un pigiamino. Di fronte i tutti bianchi, slavati.

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E’ stata la partita di Insigne. Il messaggio più eloquente che il petisso di Fratta potesse inviare all’omaccione che sbuffava e non lo vedeva. Friccicariello come al solito Lorenzino che ha aperto la scatola cinese infilando Donnarumma di Castellammare di Stabia. Tutto sul filo del rasoio dove Inzaghi detto Superpippo amava vivere pericolosamente. Per gli altri.

Var che dice okay. Troppo bello per non essere buono il gol della liberazione dagli incubi. Jorginho che gioca col sorriso stampato in volto è il secondo messaggio del calcio come gioia al calcio farlocco che (s)Ventura pretendeva. Napoli che ricomincia da due, bene.

E che becca gol nel finale, male. Perché dà fiato ai disordinati assalti dei rossoneri che avrebbero meritato di restare in bianco, come le loro maglie. E perché lascia dubbi sulla vista di Reina che forse dovrebbe passare da un buon oculista.

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Un libro stampato la squadra in grigio tenebra. Tutto nella norma del credo sarriano e nel rispetto delle indicazioni del drone. Pure i cambi: Maggio per Mario Rui che era partito bene per poi afflosciarsi e conseguente spostamento di Hysaj sulla sinistra; Zielinski il polacchino per Hamsik; Rog per Callejon che non è stato il solito tritafascia.

Squadra matura, sempre più conscia dei propri mezzi. Attenta nel prendere le misure ai rossoneri in bianco che avevano cominciato baldanzosi grazie alla regìa sapiente di Montolivo, il più anziano del gruppo. Perché la classe non è acqua, cari cultori dei numeretti. Erano stati accorti i controlli in mediana. Con Hamsik guardato a vista da Kessie. Con Allan che badava a non perdere di vista il genio vecchio di Montella. Con Jorginho ad impostare e a controllare quel Locatelli che non è di burro.

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Avrebbe potuto chiuderla molto prima la contesa. Per superiorità di manovra. E per numero di conclusioni. A conti fatti, un interventino di Reina e tre parate doc del ragazzone di Castellammare che ha la faccia del cinese, erede designato di Buffon nell’azzurro che verrà. Ma il folletto non era tanto in vena.

Solito apporto generoso di Mertens detto Ciro, per carità, e un assist da mettere in vetrina ma anche una conclusione – facile per lui – ciccata e la difficoltà di trovare lo spazio giusto nel cuore della retroguardia comandata, si fa per dire, da Bonucci.

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E dunque s’è dovuto attendere un bel po’ per il secondo sigillo. Da manuale. Apposto da Zielinski che come i grandi polacchi della musica suona lo spartito con la leggerezza del genio. Una storia infinita quasi finita se non si fosse inciampati nella rasoiata lunga e lontana di Romagnoli. Con la conseguenza di dover chiudere la serata con qualche ansia di troppo. E con i nervi scoperti di un veterano come Albiol.

Nel pomeriggio del sabato del villaggio del nostro calcio il derby del Cupolone ha detto chiaro e tondo che la Roma “sassuolizzata” di Di Francesco è una rivale in più nella corsa al sogno da tramutare in realtà. La vittoria della banda sarriana all’Olimpico varrà oro finissimo.

Rigore di Perotti e gran gol di Nainggolan a inizio ripresa. Rigore di Immobile al 27

 

Un derby attraente. Ma anche sconvolgente per le sceneggiate (e poi dicono che il genere sia nato a Napoli) dei protagonisti in campo, con i giallorossi molto più meroliani dei laziali.

E poi, la scomparsa dei raccattapalle! Sarà stata Eupalla a decretare che il calcio italico doveva stare fuori dal mondiale. Sì, ne sono certo.

 

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