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Ma la mafia non cerca un capo

di Emiddio Novi

Vogliono far credere che con la morte di Riina la mafia abbia perso il suo capo. Hanno fatto di un capo colonna di feroci e truci killer un criminale capace di controllare una sanguinosa holding in grado di sfidare lo Stato e di terrorizzare la Sicilia.

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Chi lo conosceva bene come il pentito Santino Di Matteo che confessò la strage di Capaci lo ha descritto come uno spietato criminale ” ignorante come una capra, ma molto furbo”. Di Matteo pagherà il suo pentimento e le parole definitive sulla strage di Capaci che costò la vita a Giovanni Falcone con il bestiale assassinio del figlio tredicenne Giuseppe. Il ragazzino fu liquefatto nell’acido dopo il rapimento e due anni di prigionia da Giovanni Brusca, un mafioso che era agli ordini di Leoluca Barella, il cognato di Riina che non era ancora stato catturato.

3 Emiddio Novi

Emiddio Novi

Rina era un capomafia non solo feroce, ma dotato di una furbizia diabolica. Riusciva a cogliere di sorpresa amici e nemici. La sua logica era quello dello sterminio anche con mezzi terroristici.

Il suo limite era soprattutto culturale perché solo un ignorante come Rina poteva immaginare di piegare uno Stato, per quanto malridotto, con l’assassinio di uomini come Falcone e Borsellino e con una raffica di attentati ha dovevano costringere lo Stato alla resa.

La strage di via D'Amelio, Borsellino

La strage di via D’Amelio

Riina non capiva quella che era stata una costante politica mafiosa: mai andare a un conflitto aperto e frontale con la politica e lo Stato. Semmai tentare sempre l’accordo, l’intesa dopo lunghe trattative.

La sfida è un elemento di chiarezza, mentre l’agire della mafia si è basato sempre sulla opacità, la corruzione, l’ambiguità, la complicità.

Riina riteneva che lo Stato potesse essere terrorizzato dal partito armato di cosa nostra come una delle cosche avversarie che aveva annientato con una sorta di genocidio criminale.

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Questo era il suo grande limite, che sta a indicare che uno come lui non poteva essere il capo di Cosa nostra, una multinazionale mafiosa che non aveva mai coltivato il progetto folle di una sfida allo Stato.

Riina non fu il capo della mafia. Ma un comandante deviato e ribelle dell’apparato militare di Cosa nostra in Sicilia. Che non potendo più controllare i suoi miliziani li abbandonò al loro destino. La mafia militare fu così sconfitta. Quella che era sul serio al comando ormai aveva raggiunto un livello criminale tale da poter trattare con i grandi della turbofinanza.

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