di Adolfo Mollichelli
Risale al mese delle rose, 28 maggio, l’unica vittoria dell’Italia nelle ultime nove partite. Mancini spezzò le reni all’Arabia Saudita: 2-1 e finale thrilling con Donnarumma a salvare il risultato. Era un’amichevole. Definire penosa l’esibizione in terra lusitana, è dir poco. Ma va detto e scritto. Tira aria di buonismo attorno a questa nazionale a brandelli.
Cari amici di mamma Rai, ma come si fa a parlare di sfortuna, su. Il figlio debosciato va scosso, scetato. Prendo a prestito il neologismo di un caro amico (il prof Stefano Manferlotti) che ha definito il valore di questa Nazionale irriconoscibile con l’efficacissimo termine di “scarzimma”.
Ne aveva cambiati 9, il buon Mancio rispetto all’esibizione, si fa per dire, contro i figli di Chopin. E immagino la gioia degli amici e colleghi di quasi tutti i quotidiani che non avevano previsto tante facce nuove.
Con un po’ di fantasia ci si sarebbe potuti arrivare. Si giocava pur sempre nella terra dalla quale sbocciò la rivoluzione dei garofani. Eppure s’era detto che questa fastidiosa Nations League si sarebbe dovuto affrontare con spirito diverso rispetto alle tradizionali amichevoli.
Cartesianamente, il bel Mancio ha pensato: cambio, dunque sono. L’effetto è stato un gran casino, una penda indicibile. E c’è da ringraziare il ragazzone di Castellammare – non chiamatelo più Dollarumma – se il Portogallo campione d’Europa non ha vinto di goleada, pur senza Cristiano Ronaldo.
Ero un po’ distratto all’annuncio delle formazioni e credevo che ci fosse stato un richiamo al “siamo lazzari felici” del grande Pino. M’ero sbagliato: Lazzari era in campo e ci siamo dovuti sorbire la commovente storia del ragazzo che dalla quarta serie è arrivato alla Società Polisportiva Ars et Labor, insomma la Spal, e quindi in Nazionale. Un nuovo Torricelli che, però aveva, calli duri da falegname.
S’è divertito Santos, il ct lusitano dai lineamenti marcati e che è l’immagine del fado, la magica musica popolare che tristemente ammalia. Perché di certo non s’aspettava Chiesa relegato sulla fascia; Immobile fermo – una volta Zeman gli disse: hai fatto onore al tuo nome – e inconcludente; Jorginho senza aiuti validi accanto; Bonaventura timido e riservato come il padre manzoniano Bonaventura da Lodi; quello svagato Zaza, ma almeno s’è mosso; e quel quattro-due-quattro finale che soltanto il Brasile di Socrates poteva sopportare.
A parte il caos calmo generato dagli azzurri in bianco m’ha colpito la lentezza, di pensiero e di movimento, dei manciniani.
Il Portogallo ha sempre prediletto il gioco a passi di danza, l’ha fatto anche stavolta, salvo accelerare negli spazi infiniti che si aprivano davanti a Donnarumma di nero vestito che m’ha ricordato Cudicini.
Dibattito aperto: questi siamo, i nostri giovani sopraffatti dagli stranieri, la crisi federale che si riflette in campo. Vero in parte. E’ che abbiamo perduto tempo prezioso con Ven-Tav (la strana coppia Ventura-Tavecchio) gettando in acque torbide quanto di buono aveva fatto Conte, che non sarà un simpaticone ma resta l’ultimo ct di un’Italia orgogliosa e cazzuta. La mia Nazionale di base? eccola: Donnarumma; De Sciglio, Bonucci, Chiellini, Criscito; Benassi, Jorginho, Gagliardini; Chiesa, Belotti, Insigne.
el frattempo, ho scritto t’amo sulla sabbia. In omaggio all’Italia del beach soccer che ha battuto la Spagna e s’è laureata campione d’Europa. Le stelle sono Palazzolo, Palmacci e Gori. Il ct è Del Duca. Il capo-delegazione è Agostini, il condor. Viva un’Italia che dà calci, almeno. Ha scritto campioni d’Europa sulla sabbia ed il vento non se l’è portato via con sé.