di Ottorino Gurgo
Riprende, in un clima di nervosismo diffuso, l’attività politico parlamentare, anche se va detto che sul piano politico, più a livello di chiacchiericcio, in verità, che di reale operatività, l’attività non è mai cessata. E, nell’approssimarsi di scadenze di notevole rilievo – prima fra tutte il varo della cosiddetta legge di stabilità, principale strumento di finanza pubblica – la cui messa a punto è destinata a prefigurare concretamente i prossimi impegni del governo.
Si fanno, parallelamente più evidenti i motivi di contrasto tra le due componenti dell’esecutivo gialloverde. C’è, a minare alla base l’alleanza tra leghisti e pentastellati, una divergenza di fondo determinata da una spietata concorrenza elettorale. Gli uni e gli altri pescano nello stesso serbatoio ed è evidente che l’aumentare dei consensi dell’uno è destinato a far diminuire i consensi dell’altro.
Da ciò uno stato di permanente tensione e di diffidenza nei rapporti reciproci. Ma, al di là di questo motivo di dissenso di fondo e, proprio, forse, a causa di esso, affiorano nella coalizione di governo quotidiani motivi di dissenso.
Si parte dalla questione migranti nella quale i cinquestelle hanno fatto chiaramente mostra di non condividere al cento per cento la posizione eccessivamente intransigente di Matteo Salvini e, conseguentemente, alla linea che il leader leghista sta tenendo nei confronti dell’Unione europea.
A questo riguardo emergono forti peplessità tra i pentastellati sulla validità del connubio che la Lega sembra propugnare con il gruppo euroscettico di Visegrad (ungheresi, ceci, slovacchi e polacchi), attestato su posizioni rigidamente antieuropeiste, antimigranti e sovraniste.
Né piace la stretta collaborazione stabilita da Salvini con la Russia di Putin.
Quelli che abbiamo elencato sono soltanto alcuni dei motivi di divisione tra la Lega e i cinquestelle; uno Stato di cose che, tra l’altro, alimenta i contrasti all’interno del gruppo pentastellati, tra coloro che, pur di mantenere le posizioni di governo, condividono la linea morbida di Di Maio e quanti l’avversano auspicando una maggiore rigidità nei confronti del Carroccio, nella convinzione che insistendo sulla strada imboccata da Di Maio, la consistenza del Movimento verrà inevitabilmente e progressivamente erosa – come i più recenti sondaggi chiaramente dimostrano – dal partito di Salvini.
Quando l’attuale governo, dopo giorni di forte turbolenza, si costituì, furono in molti a chiedersi se Conte sarebbe arrivato a mangiare il panettone; se avrebbe, cioè, superato il Natale. Oggi l’interrogativo si ripropone. A scioglierlo sarà la difficile messa a punto della manovra economica.