Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

L'alfabeto del campionato 
Un torneo mediocre e deludente dominato dalla Juve dei record  
di Adolfo Mollichelli

L’alfabeto del campionato

di Adolfo Mollichelli

S’è concluso il campionato. Verdetti: Juventus campione con incetta di record; Roma seconda a distanza; Napoli terzo e lontanissimo nonostante abbia bissato il punteggio dello scorso campionato; Fiorentina, Inter e Parma in Uefa; Catania, Bologna e Livorno in B.

E’ stato un torneo anomalo. Contraddistinto da distacchi abissali: tra la Juve ed il Catania, terzultimo, 70 punti di differenza! Sarebbe bene ridurre il numero delle squadre. E’ stato un campionato penoso sugli spalti per le invettive razziste figlie del becerume più odioso. E drammatico per le violenze perpetrate. Con il punto più alto e vergognosamente assurdo toccato in occasione della finale di coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Tra calcio giocato e storie strane, ecco l’alfabeto del campionato.

rudi garcia

Rudi Garcia

A come Allenatore. Dicono che non superi il venti per cento l’incidenza di un tecnico sui risultati di una squadra. Credo che valga per chi ha la fortuna di avere più di un fuoriclasse in
organico. Nel calcio super tattico di oggi, un bravo allenatore vale quanto un campione. Ne scelgo tre: Conte, autentico martello pneumatico, sempre in partita, decisivo nel far migliorare il
rendimento dei suoi, un esempio su tutti: Bonucci, che credeva di essere diventato Beckenbauer. Conte l’ha ricondotto sulla terra e quest’anno il ragazzo ha ridotto al minimo fisiologico gli interventi di “sufficienza”. Subito dopo voto Benitez che ha dato un gioco bello e brioso al Napoli “sin prisa y sin pausa”. Una maggiore continuità di rendimento era auspicabile ma difficile da ottenere al primo impatto con una squadra tutta da creare, da definire, da amalgamare. Bene anche Garcia: ha riportato su la Roma, ha finito con tre sconfitte consecutive ed ha capito che la romanità è un macigno. Due citazioni particolari: per Donadoni che ha rivitalizzato il Parma attraverso le “rinascite” di Amauri e di Cassano e per Di Francesco che esonerato e richiamato (dopo il nulla di Malesani, cinque panchine e zero punti) ha salvato il
Sassuolo rivoluzionato a gennaio.

ciro immobile

Ciro Immobile

B come Bomber. Il torrese (Torre Annunziata) Ciro Immobile mette in fila tutti con 22 centri. Nel campionato dei tanti, troppi, stranieri
il torello (finito giustamente al Toro) cresciuto nella Primavera della Juve si candida come sorpresa azzurra dell’imminente mondiale. Non è aggraziato nell’incedere ma diventa perfino elegante quando vede e sente la porta. Ha segnato più di un gol di quelli che si definiscono golazos. Complimenti a Toni, corazziere di Pavullo, che ha preceduto Tevez primo dei bomber stranieri e trascinatore della Juve nei momenti delicati. Non desta più meraviglia alcuna Totò Di Natale. Lo considero l’attaccante italiano col maggior tasso tecnico. Il suo piede-pallone è perfezione autentica.
C come Curve. Il luogo dove germogliano i figli di nessuno che condizionano con i loro diktat tutto il movimento calcistico. I presidenti che hanno detto “no” ai ricatti sono pochi. Come
il latinista Lotito che da tempo vive sotto scorta. Curve come i luoghi in cui si concentra il malessere sociale.
D come Discriminazione. Bersaglio preferito il napoletano. C’è o non c’è fa lo stesso. Ha ricevuto offese quasi in ogni stadio. “Noi non siamo napoletani” come slogan a prescindere dalla presenza o meno in uno stadio dei figli di Partenope. Perché? forse perché abbiamo fatto poco per smarcarci da una storia fatta sì di cultura e splendori (del passato) ma anche di prepotenze camorristiche. Se nella dotta e civilissima (?) Bologna si arriva a fischiare la voce di Dalla che canta Caruso, allora davvero ti cadono le braccia.
E come Eleganza. Cioè i movimenti di Pogba. Il francesino bello a vedersi ma anche pratico. Quando decide di tirare in porta è una minaccia costante. Ha un gioco di gambe, nonostante le lunghe leve, da ballerino. Semplicemente fantastici gli agganci al volo. Eleganza e potenza insieme. Visione di gioco eccellente. Giovanissimo, ha ancora margini di miglioramento. Resta un mistero come il Manchester United se lo sia fatto soffiare, a costo zero, dalla Juve.
F come Fuffa. Ovvero la squallida storia di corna e cornicelle tra Icardi e Maxi Lopez. Abbiamo dovuto sopportarla sui giornali e in tv in maniera ossessiva. Sin verguenza, direbbe Benitez.

gervinho

Gervinho

G come Gervinho. Mi ha fatto ricordare i tempi in cui le ali volavano, magari in solitudine. L’ivoriano è arrivato da noi con l’etichetta di scarto dell’Arsenal. Garcia l’ha fortemente
voluto ed è stato ampiamente ripagato. Velocità, dribbling e un buon numero di reti. Il classico giocatore che spacca le difese, ballerino in area. L’accusano di “mangiarsi” troppi gol. Forse è
vero. Ma ne fa segnare tanti.
H come Higuain. Ha impiegato poco tempo per far dimenticare Cavani. I partenoscettici si sono dovuti ricredere, altro che scarto del Real Madrid. Poi, qualcuno s’è ricordato che il Pipita è il centravanti dell’Argentina. Meno male, va.
I come Insigne. L’anima italiana del Napoli più straniero della storia. Un mio amico che sa che ho un debole per Lorenzinho lo chiama Nunsigne ponendo l’accento sulla scarsa attitudine al gol del piccoletto. Ed io: in verità ti dico che per ora segna pochino perché
troppo impegnato a far segnare i compagni. E lui si convince e mi dice: forse hai ragione.
L come Lacrime. Quelle versate da Cerci allo spirare dell’ultimo tocco dagli undici metri, il rigore sbattuto sui guanti di Rosati che è costato l’Uefa al Torino. Un pianto a dirotto, vero.
L’inconsolabile dolore di chi si sente colpevole della tristezza di un popolo intero, quello granata. Ho visto da vicino piangere Baggio e Baresi a Pasadena. Sbagliarono dagli undici metri ed il Brasile meno brasiliano della storia vinse il titolo. Era Usa ’94.  Era l’Italia di Sacchi.
M come Montella. Da aeroplanino a gentleman della panchina: mai sopra le righe, sempre composto, sportivo autentico. La sua Fiorentina ha brillato finché non ha dovuto pagare dazio alla cattiva sorte, leggi gli infortuni di Rossi e di Gomez.

Carlos tevez

Carlos Tevez

N come Novità. Tanti i nuovi stranieri, diversi quelli di gran valore. Decisivo Tevez per il campionato mostre della truppa di Conte. Nei
momenti difficili ha letteralmente preso per mano la Juve e l’ha condotta oltre l’ostacolo. Detto di Higuain, pesco ancora nel Napoli. Super è stato Callejon (vicolo, corridoio in lingua spagnola) per assist forniti, reti segnate e preziosi movimenti tattici. Ma la palma del migliore l’assegno a Mertens. In pochi riescono a toccar palla in velocità negli spazi brevi come il nazionale belga.

O come Occasione. Quella fallita da Mazzarri alla guida dell’Inter. E’ riuscito a mettere insieme addirittura 6 punti in meno rispetto a Stramaccioni che aveva un organico peggiore del suo e falcidiato da una serie incredibile di infortuni. Gli è andata male perfino l’avventura letteraria. Scarso riscontro per l’autobiografia scritta insieme con l’amico Alciato. Guarda sempre l’orologio ma non trova il tempo della vittoria.

Mateo Kovačić

Matteo Kovačić

P come Promesse. Si fa presto a dire: ma che cosa ha fatto! Il tono stupito di telecronisti venditori del loro prodotto spesso è stucchevole. Ma futuri campioncini si sono affacciati alla ribalta. Ne scelgo due: Berardi del Sassuolo e Kovacic dell’Inter. Il primo ha
potenzialità enormi. Classico esterno, interprete delle finalità tipiche nello scacchiere tattico che si basa sul 4-3-3. Doti realizzative non comuni, delicato nella misura dei passaggi. Kovacic è geniale nello smistamento e negli assist ed è dotato di un dribbling secco grazie al quale supera sempre l’avversario. Quando si toglierà di dosso l’evidente timidezza, sarà pronta per dirigere l’orchestra.
Q come Quanto rompono. Mi riferisco alle tante, troppe trasmissioni: il calcio parlato ed urlato e spiegato (a chi?). Hanno ragione gli inglesi che sostengono che il calcio è soltanto la partita. Il resto è silenzio. Anche secondo Shakespeare. A me certi soloni che pontificano e sono sempre certi che il verbo è soltanto il loro fanno sorridere. A volte mi concedo rapidi zapping. Per curiosità e basta.
R come Record. Li ha collezionati la Juve. Tutti i primati possibili ed immaginabili. Tra i quali spicca quello del massimo punteggio (102) finale. Soltanto una squadra in Europa ha fatto di meglio, il Celtic (103), ma il campionato scozzese è sempre stato generalmente
deboluccio. Soltanto Fiorentina e Napoli hanno battuto, meglio stritolato, la Juve. E sono le due squadre proiettate nel futuro.
S come Striscioni. Quasi sempre offensivi, lesivi della dignità umana, beceri nei contenuti, minacciosi. Sono i dazebao della vergogna del nostro calcio. Che testimoniano della povertà culturale di un popolo intero. Pochi quelli a fin di bene, diciamo così, e spesso legati ad
affinità elettive. E con questo ho detto tutto, alla Peppino De Filippo.
T come Totti. Un’altra annata doc anche se a tratti parsimoniosa. Con lui in campo il gioco della Roma ha uno sviluppo concreto ed imprevedibile. Ha sperato in una chiamata di Prandelli. Si consolerà con lunghe ferie, pensando al ritorno in Champions.
U come Udinese. Perché anche quest’anno ha messo in vetrina un buon numero di giocatori con le cui cessioni Pozzo trarrà nuova linfa per mantenere competitiva la squadra e per andare a rastrellare in giro per il mondo altre promesse. Pezzo pregiato: l’argentino Pereyra.
V come Venduto. Penso alla cessione di Diamanti. Credo che sarebbe
stato decisivo per la salvezza del Bologna. A gennaio il fantasista ha
raggiunto Lippi in Cina e i rossoblù si sono spenti, reti col
contagocce e B di conseguenza.

Mateo Kovačić

Javier Zanetti

Z come Zanetti. Il capitano dice addio al calcio giocato a quarant’anni. E’ stato la storia della squadra nerazzurra. Venti anni di fila con maglia dell’Inter. Un campione, raro esempio di professionalità.Trasversale, si dice così quando un giocatore riesce a farsi ammirare,senza far caso alla maglia che indossa. Ora passerà dietro ad una scrivania. Per lui il ruolo di vicepresidente dell’Inter di Thohir.

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