Ottorino Gurgo

Ottorino Gurgo

Ottorino Gurgo, scrittore e giornalista italiano. E’ stato per molti anni notista politico de Il Giornale al fianco di Indro Montanelli. Poi capo della redazione romana de il Mattino, direttore del Roma, editorialista del Giorno e dell’Informazione. E’ stato conduttore della rubrica politica “Il Punto” per il Gr2. Autore di numerosi saggi tra i quali "Vietnam controrapporto", "Perché i Kennedy muoiono", "Sciascia" e "L’illuminista cristiano".

Mi vergogno due volte  
 Napoli-Roma, il mio orgoglio e la mia passione. Non può essere una guerra.   
 
di Ottorino Gurgo

Mi vergogno due volte

di Ottorino Gurgo

Mi vergogno. Mi vergogno due volte. Mi riferisco all’incontro tra le squadre di calcio del Napoli e della Roma in programma per sabato prossimo al “San Paolo” e spiego il perché della mia duplice vergogna

++ C.Italia:tifoso ferito da colpo pistola,è gravissimo ++ Sono napoletano doc da molte generazioni, nato ai Quartieri spagnoli, cresciuto e vissuto nel culto di Napoli, il mio “luogo dell’anima”. Ma – ironia del destino – sono calcisticamente un accanito tifoso della Roma, la città nella quale vivo da molti lustri. Gli amori, del resto, non hanno certificati di nascita o di residenza.

Quello mio per la Roma, fu un amore che esplose all’improvviso, in un lontano pomeriggio di tanti e tanti anni fa quando, ancora bambino, assistetti alla prima partita di calcio della mia vita, Roma – Torino, il grande Torino di Valentino Mazzola. Primo tempo: Roma in vantaggio per uno a zero con gol di Amedeo Amadei (il Totti di allora, il fornaretto di Frascati, che in epoche ovviamente diverse, fu idolo di entrambe le tifoserie, quella giallorossa e quella azzurra). Risultato finale: Roma 1 – Torino 7. Una catastrofe. Ma, con le lacrime che mi rigavano le guance, fu in quell’occasione che giurai fedeltà alla Roma.

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Napoletano fiero di esserlo, e romanista fino alle midolla: eccola qua, allora, in quest’apparente contraddizione, la spiegazione della mia duplice vergogna dinanzi alle notizie delle misure di sicurezza che è stato necessario predisporre in vista della partita di sabato: proibito ai tifosi giallorossi di recarsi allo stadio; la squadra della Roma dovrà arrivare a Napoli in aereo e non in pullman per timore di attentati e alloggerà in una località segreta; il “San Paolo” verrà circondato dalle Forze dell’ordine in assetto di guerra e l’intero quartiere di Fuorigrotta sarà oggetto di una speciale vigilanza.

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Ma che cos’è in programma sabato ? Una guerra ? Un raduno di bande l’una contro l’altra armata ? Lo scontro tra due eserciti nemici ? O una partita di calcio ? Un evento ludico ? Una festa dello sport, che non può che essere gioia e rifuggire dalla vergogna dei coltelli, delle pistole, dei bastoni ?

Amarcord. Non devo andare troppo lontano negli anni per ricordare il tempo in cui Roma – Napoli o Napoli – Roma era, appunto, una festa, con due tifoserie che si scambiavano micidiali “sfottò”, impegnate a sostenere con tutto il fiato che avevano in gola i rispettivi campioni, concentrate sulle acrobazie di quei ventidue ragazzi che si davano sportivamente battaglia sul prato verde dello stadio, ma sostanzialmente amiche, solidali nel far fronte comune contro lo strapotere dei club nordisti.

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Lo so. Nel richiamare alla memoria questi ricordi corro il rischio di vestire i panni del “laudator temporis acti”, pratica invalsa tra coloro che, come me, hanno da tempo superato gli “anta”.

Ma me ne infischio. Accarezzo un sogno: che questa partita torni ad essere il “derby del sole”, come la chiamavano una volta, e che così venga vissuta, non come il cupo preannuncio di una barbara guerriglia.

 

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