di Ottorino Gurgo
Sergio Mattarella è il nuovo presidente della Repubblica e non crediamo che la sua persona possa essere messa in discussione. L’uomo è di specchiata onestà, è dotato di sicuro equilibrio, il suo cursus honorum è garanzia di profonda conoscenza dei meccanismi statuali ed ha il carattere necessario a far sì che ogni tentativo di condizionare il suo operato da parte delle forze politiche sia destinato ad infrangersi contro un muro.
Non è molto conosciuto a livello internazionale e non è dotato di particolare carisma, è vero. Ma sono difetti – se lo sono – ai quali si può, comunque, porre rimedio. Il problema, dunque, non è la personalità del neo eletto, ma il percorso politico attraverso il quale si è giunti alla sua designazione. E’ fuori di dubbio che l’elezione di Mattarella sia stata voluta e pilotata da Matteo Renzi che, dunque, si presenta agli occhi della pubblica opinione come il grande vincitore di questa battaglia.
Che Renzi abbia vinto, in realtà, è vero solo in parte. Sì, il nostro giovane premier è riuscito a far eleggere il “suo” candidato e attorno a questo candidato ha ricompattato il suo partito. Ma c’è un risvolto di questa vicenda che non può non indurre a nutrire più di un dubbio sulla portata di questa “vittoria” Perché Renzi ha vinto (se ha vinto) facendo il furbo.
Con il “patto del Nazareno” aveva ottenuto l’appoggio di Forza Italia sulle riforme, lasciando intendere all’ex Cavaliere, pur senza prendere impegni espliciti, che per il Quirinale si sarebbe giunti a una soluzione condivisa.
Ma, incassato il voto sulla riforma elettorale, “Renzi la volpe” si è guardato bene dal condividere con Berlusconi la scelta del nuovo capo dello Stato, preoccupandosi, invece, di ricompattare le divise schiere del suo partito. Non solo, ma proiettato verso questo obiettivo, ha clamorosamente snobbato il suo alleato di governo Angelino Alfano non informandolo neppure della scelta che intendeva compiere e recuperandolo in “zona Cesarini” con una minaccia: se non voti Mattarella devi dimetterti da ministro (Ora, peraltro, Alfano dovrà fare i conti con i suoi compagni di partito, inviperiti per una resa non certo molto onorevole).
E’ proprio sicuro, allora, il buon Renzi che quella da lui seguita sia la giusta strategia ? E’ lui il vincitore o i veri vincitori sono, a destra e a sinistra, gli avversari del “patto del Nazareno” che sembra essersi dissolto come neve al sole ? E davvero, per portare avanti il suo progetto di riforme non avrà più bisogno di “aiutini” provenienti dall’esterno della maggioranza ? O, come ha sostenuto Brunetta, il suo vero obiettivo non è quello di far approvare le rifome, ma quello di andare alle urne a maggio, convinto di poter diventare, grazie al voto, non soltanto il padrone del suo partito, ma il dominus dell’intera politica italiana ?
Ma questi sono discorsi che andranno ripresi e approfonditi nelle settimane a venire. Per il momento, ci permettiamo di rivolgere a Renzi un ammonimento che Bettino Craxi rivolse a Giulio Andreotti, nel corso di una turbolenta crisi di governo. “Attento a non fare troppo il furbo, Giulio – gli disse – perché le volpi, prima o poi, finiscono in pellicceria”.