Giuseppe Crimaldi

Giuseppe Crimaldi

Giuseppe Crimaldi, 54 anni, giornalista, scrive di cronaca nera e giudiziaria per Il Mattino. Autore del volume "Napoli è servita" e coautore dei libri "Il Casalese", "Al mio Paese - Sette vizi, una sola Italia" e "Mafie". Dirige il sito della Federazione delle associazioni italiane antiracket la rivista online "Lineadiretta". Collabora come docente al Master di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa.

omicidio-camorra

Il mosaico della camorra

di Giuseppe Crimaldi

Che cosa hanno in comune Napoli, le pecore e i camorristi? A Napoli ci sono la camorra e greggi di pecoroni vaganti, è vero. Ma non è questa la risposta.

omicidio-camorra

camorra_xxx

Perché mentre le pecorelle, se le conti, ti cullano dolcemente accompagnandoti tra le braccia di Morfeo, i camorristi – invece – mettendoli in fila e cominciando a contarli uno a uno, il sonno te lo tolgono definitivamente. Roba da far drizzare i capelli in testa: nel Napoletano ormai siamo arrivati a catalogare 142 famiglie criminali. Il dato è stato confermato da una fonte autorevole, il procuratore della Repubblica Giovanni Colangelo.

omicidi-di-camorra

Centoquarantadue clan concentrati tra il capoluogo e i 92 Comuni della sua provincia. Un record assoluto mai registrato prima. Il grosso si concentra nella metropoli, anche se ci sono cittadine dell’hinterland – a cominciare da Ercolano, Caivano, Melito, Arzano, Boscoreale, Torre Annunziata – che offrono due, tre e persino quattro organizzazioni concorrenti. C’è materia per scrivere “Gomorra II”, ma anche per dare spunto al lavoro di sociologi, scienziati e professionisti dell’Antimafia, letterati ed esegeti superesperti in criminologia. Nemmeno in quel sindacato del crimine che fu la “Chicago Outfit” di fine ‘800 e che vedeva confluire le peggiori tra le gang italiane ed ebree dell’epoca si riuscì ad arrivare a tanto. Ma noi, si sa, siamo bravissimi ad esagerare e risultiamo primi anche quando si tratta di eccellere nel peggio.

clan di lauro

Il clan Di Lauro

 

Nessuno ci ha ancora pensato, tra quegli idioti che si divertono a gonfiare di dati  e notizie l’inutile libro dei Guinness dei primati. E invece la verità oggi è che, almeno sulla carta, Napoli è peggio di Bogotà, è potenzialmente più pericolosa di Cali, Algeri e Mossul, per non parlare di Tijuana e Città del Messico. Benvenuti nella città del cartello della camorra.

omicidio

Ma come si spiega questo sbocciare improvviso di fiori del male? Molto semplice anche questo: continuiamo a chiamarla camorra e a definirli clan, mentre in realtà Napoli è terra di consorterie criminali che meriterebbero di essere chiamate con un termine più appropriato, il solo che le definisce in maniera appropriata: bande. Non che questo ne depotenzi la cifra mortifera, sia chiaro. E però oggi abbiamo la consapevolezza che la camorra – pur storicamente in grado di esprimere la primogenitura tra tutte le organizzazioni criminali organizzate in Italia – è diventata solo un enorme armento di bestiacce scatenate che poco o niente hanno a che vedere con le figure (ben più drammatiche, spaventose e perciò stesso rispettabili) della mafia e della ‘ndrangheta.

Il camorrista di oggi non è nemmeno più un ‘”ommenichio” con l’anello di brillanti all’anulare, ma semplicemente uno “quaqquaraqquà” con la pistola in mano. Cade ogni stilema criminale, crolla l’immagine romantica del boss ideale: di Raffaele Cutolo non ne nascono più, e non a caso è proprio il “sistema camorristico” a contare nelle sue fila il più alto numero di collaboratori di giustizia. E li chiamano “uomini d’onore”.

25808216_raffaele-cutolo-libero-petizione-choc-online-del-centro-don-peppe-diana-0

Raffaele Cutolo da oltre 30 anni in galera

Qualche anno fa assistetti alla cattura di uno dei capi della camorra di Secondigliano. Un sanguinario, uno che durante la prima faida di Scampia ordinava ai suoi gregari di sequestrare, seviziare e poi di uccidere – prima di dare il corpo alle fiamme – i suoi nemici. Mandante di almeno nove omicidi, quando venne ammanettato dai carabinieri si pisciò addosso perché pensava che ad averlo stanato nel suo bunker non fossero stati i militari dell’Arma ma gli Scissionisti, che volevano fargli la pelle. Eccoli i camorristi ed ecco la camorra. Camorra “di vicolo”, struttura orizzontale che poco o niente ha più nel proprio dna del rispetto che ispirava altre anime nere, quelle della “onorata società”.

marco Di Micco clan  Di Micco Ponticelli

I Di Micco uno dei clan emergenti

Centoquaranta clan e un esercito di ragazzini strafatti di coca che vengono assoldati per fare i killer e che, tre volte su cinque, nemmeno riescono a centrare e ad abbattere il bersaglio di turno. Con i vecchi boss o in galera al 41 bis oppure sottoterra, le nuove leve hanno cercato spazio e in molti casi lo hanno trovato agevolmente. Come a Ponticelli, dove si combattono due gruppi semisconosciuti ai più – i De Micco e i D’Amico – che pretenderebbero lo scettro del comando un tempo impugnato da Ciro Sarno, detto (e non a caso) “‘o Sindaco”; o come i Sibillo, che si sono messi in testa di conquistare Forcella. Munnezza, spazzatura alla potenza e al cubo anche rispetto al pattume di ieri e dell’altroieri. Questa oggi è la Malanapoli. E c’è il rischio che – a guardarli in faccia, dritti negli occhi – questi guappi di cartone travestiti da camorristi il sonno alla fine te lo facciano venire davvero. Proprio come se stessi contando le pecore.

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore