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Primarie di periferia

di Gianpaolo Santoro

Se Cristo si è fermato ad Eboli, Renzi non è arrivato neanche a Napoli. Il Partito democratico ha dato vita negli ultimi mesi ad una sceneggiata avvincente, chiamata Primarie. Una farsa ricca di colpi di scena, di pugnalate alle spalle, di prove di forza e, forse, anche di buone intenzioni che il Premier-segretario ha volutamente guardato da lontano. Quasi con indifferenza. Perché?

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De Luca e Cozzolino

Sentite il deputato salernitano del Pd, ex democristiano, Guglielmo Vaccaro: “Tra me e il segretario Renzi c’è una totale identità di vedute: ambedue sappiamo che per la democrazia e l’integrità delle casse pubbliche Caldoro è meglio di De Luca e Cozzolino. Ma lui non lo può dire. Mentre noi che abbiamo qualche responsabilità in meno possiamo dire anche le verità più scomode…”

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Al voto, al voto. “Scetateve, guagliune ‘e malavita, ca è ‘ntussecosa assaie ‘sta serenata…”: vecchi e nuovi capibastone hanno mobilitato le truppe, i circoli, quelli che una volta erano le sezioni, percorsi da un fremito, gli uni e gli altri nei social se le sono date di santa ragione, tutti pronti ad immolarsi sull’altare della libertà e della democrazia partecipativa. Sembrava di essere ritornati ai tempi che non ci sono più, riunioni fiume, interminabili discussioni, pantomime di una politica che ricorda i collettivi studenteschi degli anni settanta, la mobilitazione, i documenti, le firme strappate, le maggioranze variabili, tutto quello che piace ancora ad una certa sinistra che è morta ma non se n’è accorta. Discussioni e controdiscussioni, inutili e improduttive, pagine gialle di iscritti a parlare non sono più di questo Partito democratico. Renzi ha convocato i suoi parlamentari con una letterina con un crono programma rigido e prestabilito per stabilire le nuove linee del governo: 1 ora di discussione per il fisco, 1 ora per la Rai e così via, figuriamoci…

La cosa più imbarazzante è che vedi questi partigiani delle Primarie pronti a tutto per qualcosa che non esiste, perché al di fuori da ogni ipocrisia, queste consultazioni del Partito democratico sono imbarazzanti e sconcertanti, senza regole e senza una platea certa di aventi diritto al voto: urne libere, politicamente ambigue, vittorie fasulle. Anzi di più, un raggiro della democrazia se alla elezioni di un candidato a governatore della sinistra contribuiscono non dico solo cinesi o africani (dieci euro non si rifiutano mai) ma addirittura gli elettori di destra, cioè quelli della coalizione opposta.

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Massimo Paolucci

E non c’è bisogno di chiedere a Cofferati di come sono andate le cose in Liguria, basta sentire Massimo Paolucci che ha deciso di lasciare il Pd. “Tanti sanno, a Napoli e a Roma, che le nostre primarie saranno un replay peggiore di quelle svolte nel 2011.Tanti sanno che si va incontro a un disastro annunciato, tanti sanno che sotto gli occhi di tutti si stanno spendendo montagne di soldi e che sotto i nostri occhi si definiscono accordi con interi settori del centrodestra, con i protagonisti della stagione cosentiniana. Io non posso né voglio tacere. Non posso accettare che il prossimo presidente della Regione Campania sia scelto con il voto determinante del centrodestra. Non posso accettare la perdita di autonomia politica del mio partito.”

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Vincenzo De Luca, mai più ultimi

Ormai le persone di buon senso, quelle che non amano chiudere gli occhi, lo sanno bene che le Primarie senza una legge dello Stato non hanno ragione d’esistere.  E non basta ricordare che proprio Napoli nel 2011 per l’elezione di candidato a sindaco, aprì la stagione delle primarie in Procura, consultazione annullata per brogli e sulla quale c’è un’inchiesta della Procura antimafia, così come per il voto nel salernitano, territorio di De Luca, in occasione della vittoria di Renzi nelle primarie 2013, dove il Premier ottenne una percentuale bulgara del 94 per cento dei voti.

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Marco Di Lello

Quello che colpisce ed avvilisce che a Napoli il tempo del centrosinistra sembra essersi fermato al rinascimento bassoliniano, la rottamazione, il renzismo sono fenomeni lontani se non proprio sconosciuti:  come prima, più di prima, peggio di prima. Guardiamo il frutto di questi secolari mesi di trattative: i duellanti di queste sofferte Primarie (terzo incomodo di testimonianza il socialista Marco Di Lello) sono i discussi Vincenzo De Luca e Andrea Cozzolino, il vecchio Pci che non ci sta a farsi da parte, entrambi già candidati cinque anni fa, l’esatta raffigurazione di quella che proprio non è una nuova classe dirigente, politici perdenti che invece di farsi da parte ( “chi vince governa, chi perde se ne va a casa” ricordate la filosofia renziana?) si ripropongono facendo pesare il potere e le clientele acquisite dentro e fuori il partito.

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Andrea Cozzolino, con il cuore e con la testa

Tutti con Renzi, ma nessuno renziano in Campania. La verità è che queste primarie che Roma non voleva sembrano essere nella terra di nessuno. Primarie di periferia. Ma come potrebbe il Premier rottamatore, l’uomo dei   della nuova generazione e della nuova politica, sponsorizzare, promuovere e mettere la faccia per Vincenzo De Luca (sindaco di Salerno sospeso e reintegrato a tempo di record dal Tar e dichiarato decaduto poco più di venti giorni fa dalla Corte d’appello per l’incompatibilità col precedente incarico di viceministro nel governo Letta, incarico non rinnovato nel governo Renzi) che ha già sfidato Caldoro cinque anni fa, perdendo in modo netto, inequivocabile (54 per cento contro il 43)?

O Andrea Cozzolino, l’uomo delle primarie del 2011 vinte ma poi annullate, quelle non solo dei cinesi ma anche quelle sulle quali grava ancora l’ombra di una inchiesta della procura distrettuale antimafia di Napoli per il sospetto boom di consensi ottenuto da Cozzolino nei seggi di Secondigliano gestiti dal clan Lo Russo e per alcune equivoche telefonate intercettate sui voti da comprare (50 euro primarie e conseguenti amministrative) ad opera dei galoppini elettorali?

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