Angelo Vaccariello

Giornalista esperto di economia e Mezzogiorno Ora si occupa di marketing e comunicazione.

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Aspettando il Big Ben

di Angelo Vaccariello

Vent’anni per tornare ai livelli pre-crisi. Titoloni dei giornali, dibattiti politici più noiosi del solito, ricette stantie e inattuabili. Tutto ciò è stato provocato da un’analisi del Fondo Monetario Internazionale presieduto da Christine Lagarde. Per intenderci: i cattivoni che vogliono far chiudere la Grecia (e tutto il rosario di cospirazionismo che siamo abituati a leggere sui social).

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Perché tanta meraviglia? Non si comprende bene soprattutto dagli addetti ai lavori. Basta leggere i documenti ufficiali. Basti pensare, ad esempio, che la Svimez nel lontano 2012 pubblicò un documento nel quale si leggeva chiaramente che “Il Mezzogiorno, per raggiungere i livelli pre-crisi, con questi ritmi dovrà aspettare almeno quindici anni”.

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Ma come dare torto al Fondo monetario internazionale? Se l’Italia ha bruciato oltre dieci punti di prodotto interno lordo dal 2007, con una crescita che non arriva all’uno per cento all’anno come si può pensare di recuperare in tempi brevi? Non ci vuole la zingara per capire che i bravi economisti hanno semplicemente fatto i conti della serva.

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Christine Lagarde, presidente Fmi

La cosa più interessante è che nessuno (e sottolineo nessuno) si rende conto che la crescita italiana non è dovuta a fattori endogeni (una vera e propria ripresa dei consumi interni, degli investimenti o dell’occupazione) quanto semplicemente da elementi esogeni: il dollaro forte (che consente ai prodotti italiani di essere più appetibili), il petrolio ai minimi di sempre (circa 50 dollari al barile e quindi con i costi di energia più bassi) e soprattutto il “Quantitative easing” della Banca Centrale Europea (che mantiene i tassi di interessi sui titoli di Stato bassi e droga il sistema di enorme liquidità).

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Da quando è iniziata questa maledetta crisi non un solo sasso è stato veramente spostato per favorire la crescita. Il debito pubblico sale in maniera vertiginosa; la burocrazia è viva e vegeta e lotta con una classe politica insulsa; tre scioperi al giorno nella pubblica amministrazione; disoccupazione drammatica e tassazione alle stelle. Di che parliamo? Davvero è cosi “drammatico” l’annuncio del Fondo monetario internazionale? O forse gli italiani non vogliono guardare alla palude in cui si sono infognati?

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Come uscirne? Facciamo un po’ i profeti anche noi. Semplice, basta copiare il Regno Unito. Drastico taglio della spesa pubblica, enormi investimenti (gestiti in maniera pulita, of course), ridimensionamento dello Stato nella gestione dei servizi e delle imprese e welfare più efficiente. Da dove cominciare in Italia? Le imprese ottengono ogni anno circa 15 miliardi di incentivi (fiscali o a fondo perduto). Tagliamoli, garantendo alle aziende libertà di movimento e una burocrazia più snella. E’ un sogno?

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