di Angelo Vaccariello
L’istituto per lo sviluppo del Mezzogiorno, Svimez, ha anticipato i dati del rapporto annuale per l’economia del Sud. Fermandosi ai titoli, giornaloni, agenzie e sitarelli vari hanno cantato le lodi ad una crescita che nel rapporto, per la verità, viene citata solo di striscio. Basti pensare che scrive Svimez: “Di questo passo il Sud aggancerà i livelli pre-crisi nel 2028, cioè dieci anni dopo il Nord”.
Come questa affermazione posso entusiasmare politici, giornalisti e industriali resta un mistero. In pratica il Mezzogiorno è costantemente cresciuto meno del Nord. Solo nel 2016 il Pil nel Meridione è cresciuto dell’un per cento mentre al Centro Nord dello 0,8 per cento.
Già nel 2017 le cose tornano “ordinarie”: il Sud crescerà dell’1.1 per cento e il Nord dell’1.4. Torna la domanda: perché tanto entusiasmo?
Forse perché dopo anni e anni di segno meno torna il più? Con una economia devastata, una emigrazione ai livelli della seconda guerra mondiale; con emergenze sociali in ogni dove ci entusiasmiamo come se il Mezzogiorno crescesse del 7 per cento. Le “belle” notizie però vengono taciute. Scrive Svimez che nel 2016 il Sud ha registrato il più basso livello di investimenti pubblici da parte del Governo nella sua storia: solo 13 miliardi di euro pari allo 0,8 per cento del Pil. Chi era al governo? Eh… meglio tacere… Continuiamo con le “belle notizie”.
Nel 2016 cresce il numero di occupati nella nostra area: circa 101mila unità. Purtroppo, però, il livello del 2008 è ancora lontano. Da allora mancano ancora 310mila posto di lavoro all’appello. Infine, l’istituto parla di “persistenze emergenze sociali, di diseguaglianze esasperate e di dualismo demografico”. Eppure alcuni giornali titolano: Il Sud aggancia la ripresa. Vergogna.