di Adolfo Mollichelli
Giulietta, mia cara Giulietta. Verona annichilito e battuto. Due gol di scarto che non dicono tutta la verità. Settimo sigillo di Insigne, decimo centro di Higuain. Quindicesimo risultato utile tra campionato (11) e coppa (4), quinta partita consecutiva senza subire gol, l’ultimo risale al 18 ottobre, il momentaneo pareggio del fiorentino Kalinic.
Il Napoli vola lassù, scavalca la Roma piagnona di Garcia e raggiunge la Fiorentina con le vertigini di Paulo Sosa obbligata al primo pareggio della stagione dall’empolese sempre più caro a Sarri.
Sa di destino segnato il buco nella rete della porta difesa da Rafael
che ha occhi spiritati. Il sole veronese riscalda i muscoli dei viaggiatori che si vogliono stanchi. Il fuso orario non ha intorpidito i muscoli né ha annebbiato le menti. Partita spigolosa, bruttina per esclusivo demerito di un Verona scarso ed inguardabile. Il Napoli fa la sua partita, impone il gioco come al solito solo che di fronte ha un muro che neanche la linea Sigfrido.
L’ordine di Mandorlini era stato chiaro: barricate e speriamo in un contropiede propizio. Due linee strette, nove in difesa, il povero Pazzini davanti, si fa per dire, a lottare contro i mulini a vento. Se Pedro Almodovar fosse stato al Bentegodi sicuramente avrebbe avuto lo spunto per un film, titolo: centravanti sull’orlo di una crisi di nervi. Difesa alta del Napoli, centrocampo manovriero, tocchi rapidi, mutua assistenza e un’idea fissa nella mente: come trovare il corridoio buono nel labirinto che porta a Rafael. E allora, Insigne più vicino ad Higuain, spazio sui lati per le incursioni a sorpresa. Anche Callejon ha una parte nuova nel film dell’orrore: infilata centrale per spiazzare i corazzieri veronesi che presidiano ogni zolla al limite e dentro l’area.
Pazienza, ci vuole tanta pazienza. Higuain ha tanta voglia e scatta e lotta, ma è difficile trovare il varco buono. Nella tetraggine tattica, la luce che s’accende è quella di Hamsik. Lo slovacco cuce ogni manovra e prova anche a risolvere la pratica dalla distanza. Niente da fare. Primo tempo di tentativi. I frutti verranno nella ripresa, in sette minuti. Hamsik che pesca Insigne il più fischiato dai veronesi, Lorenzino che infila Rafael e manda un po’ di nordisti a quel paese.
Ora che è sotto, il Verona prova a tentare l’impossibile: contrattaccare, ma è tardi e inutile. Marek decide di chiudere i conti e illumina per Insigne che serve Higuain appostato nei pressi di casa Rafael, giochino da ragazzo per il Pipita che piazza il decimo sigillo e si accomoda sul trono dei bomber. Non allunga su Eder e compagnia perché Rafael gli negherà la doppietta con balzo felino.
Da Verona arriva la conferma che il Napoli può (deve) legittimamente aspirare al titolo. Perché ha un gioco collaudato, anche se cambiano gli interpreti. Perché ha un centravanti che colloco tra i primi cinque al mondo. Perché il tono atletico degli azzurri è eccellente.
Prossimo turno, sfida all’Inter. Mancini ha il sarto napoletano. E dunque, si provi a “vestire” tutta la squadra nerazzurra. Capito?