Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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I tangheri del gol

di Adolfo Mollichelli

C’è chi si veste di tutto punto è chi si presenta in tuta da lavoro. Chi va a sedersi su una panchina come se si accomodasse su un confidiente damascato di un salotto aristocratico e chi sente il campo come il capannone di una fabbrica. Faccia a faccia Roberto Mancini detto Mancio e Maurizio Sarri detto lo zio, copiryght Diego Armando Maradona.

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Higuain e Icardi

Il ricco ganimede con sarto a Napoli in via Calabritto e il capo cantiere che si accontenta di quanto guadagna “perché ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis”. L’ex enfant prodige del calcio nostro e il bancario con lo sfizio della tattica. L’uno ha tutto in mente, l’altro sbircia al di sopra delle lenti e scrive appunti. Però ha il drone che il giovin signore non può permettersi perché la nebbia è di casa ad Appiano Gentile più Como che Milano.

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Sarri e Mancini

Mancio torna spesso a Bologna. Ha amici cari e ricordi languidi nella città delle torri, dove tutto ebbe inizio tra veroniche e gol che erano merletti. Poi, si vestì di blucerchiato e fu gemello del gol di Vialli. Poi indossò il biancoceleste e fu scudetto. Zio Maurizio si è divertito sui campi dei dilettanti, calci languidi sognando la panca. Già, la panchina che fu premio precoce per il Mancio che fu bistrattato dalla categoria: ma non può allenare senza patentino! Non posso? Chiedete agli sceicchi! Ancora cantano all’Etihad: Mancini oh oh!

Felipe Melo

Felipe Melo, il “cattivo”

Si va verso la partitissima del San Paolo, col massimo rispetto. Ci mancherebbe. Una sfida un po’ anomala perché nemici storici furono il Milan di Sacchi e la Juve di ogni epoca. Eppure, l’Inter è stata sempre difficile da affrontare per noi azzurri. Così mi dice Sandrino Abbondanza, detto il Sivorino. Temevamo sempre la storica fisicità dei nerazzurri, sempre tosti. E guarda caso, anche ora la banda che è del Mancio è bella corazzata, con quel cagnaccio di Felipe Melo che ti morde le caviglie e non solo. E che sbandiera indomito coraggio e ti dice che Higuain va menato, come Balo. Proclama guerresco di un giannizzero che sbocciò in viola, passò alla Juve per una barca di milioni e poi si acquietò – si fa per dire – in Turchia, al Galatasaray, dove le scimitarre sono di casa. Mancio lo ebbe fido scudiero ad Istanbul e l’ha voluto per costruire la sua Inter di battaglia e di poco fioretto.

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Rino Marchesi

Rino Marchesi, allenatore gentiluomo che ha cultura e sa di musica, quella seria, l’ho conosciuto quando guidava l’Avellino. Sedette sulla panca sia napoletana che nerazzurra. Ci siamo ritrovati via etere partecipando ad un programma di una radio nazionalromana, in vista della partitissima. Il regista ha presentato l’Inter “sparando” l’Haka, la danza maori che recitano gli All Blacks freschi campioni del mondo di rugby. Per il Napoli, ha scelto un valzer. Andava bene anche una tarantella, ho obiettato. Marchesi, che fu il primo allenatore a guidare Maradona a Napoli, ha ricordato che Bagni fu il suo autentico leader.

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Kondogbia, out per Napoli

E quando ho scherzato sull’Inter delle terze linee, dei flanker e dei piloni, mi ha dato corda. Un’Inter rugbystica? L’accostamento ci sta, per scherzare. Quella di Mancini è una squadra muscolare, forte, con una difesa difficile da superare, ha ribadito Rino il gentiluomo. Ed ha aggiunto che Mancio sta ancora cercando la quadra e che si sta dimostrando tecnico intelligente e bravo nel mutare pelle alla sua creatura, adattandola di volta in volta all’avversario. Gli ho chiesto quale giocatore interista vedrebbe nel Napoli e lui mi ha risposto secco: un centrocampista come Melo (e ti pareva!) da piazzare davanti alla difesa. Nel giochino inverso, nessun dubbio: Higuain risolverebbe gli evidenti problemi realizzativi della Beneamata. Per Rino il gentiluomo, i recenti quattro gol al Frosinone di Stellone non è che facciano storia. D’accordo. E saluti, caro Rino.

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Maurizio Sarri, lo “zio”

Domanda (a me stesso): è meglio avere una settimana da dedicare esclusivamente agli allenamenti oppure giocare in coppa? L’Inter, si sa, non ha impegni europei. Tutt’al più potrebbe inventarsi una coppa Thohir per rendere omaggio al magnate indonesiano che, come cantava Rino Gaetano, spende e spande. Il Napoli, si sa, è costretto ad allenarsi in Europa. La risposta me la do: meglio giocare anche fuor del campionato. Perché così Sarri ha più possibilità di far provare a tutta la rosa i suoi schemi. Sia che giochi col NapoliMisto che col NapoliDue o addirittura col NapoliTre come ha fatto nel deserto stadio di Bruges. Finora, i risultati sono stati eccellenti come le risposte avute dai singoli. E poi, se parti, viaggi, giochi, ritorni hai meno tempo per pensare all’impegno che verrà.
Elementare Watson.

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Roberto Mancio Mancini

Credo che il Mancio di tutte le eleganze abbia cominciato a pensare al Napoli sin da quando si sono spente le luci sulla quaterna ai frusinati. Troppo intelligente per pensare che la sua Inter da asfittica sia diventata una macchina da gol. Resta da vedere quale altra diavoleria presenterà al San Paolo, stadio che per i nerazzurri è stato spesso fatale. Come sarà interessante vedere se Sarri chiederà alla sua difesa di salire un po’ meno. O se raccomanderà soltanto un’ulteriore compattezza ai reparti: ancora più vicino, ragnatela attenta in mezzo ed un occhio particolare alle fasce, zona prediletta dai nerazzurri per affondare i colpi.

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Antonio Juliano

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Luisito Suarez

Sarà una milonga, una sfida di tangheri, Higuain da una parte, Icardi dall’altra. E chissà perché mi viene in mente una vigilia di Napoli-Inter di tanti anni fa, quando la guida del Napoli era Totonno Juliano detto il tedesco è quella dell’Inter era Luisito Suarez (fu per lui che m’innamorai del Barcellona). Al cronista che chiese al capitano azzurro come avrebbe limitato il raggio d’azione dello spagnolo, Juliano torvo rispose:”Anche lui dovrà preoccuparsi di me, Juliano è Juliano e Suarez è Suarez”. Orgoglio azzurro, come quello di Insigne che ha replicato a Melo: “vogliono menare Higuain? Ma devono prima prenderlo!”.

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Reina e Handanovic, le saracinesche

Fuochi d’artificio in anticipo. Meglio: fiamme ossidriche pronte. Già, perché Reina ed Handanovic sono autentiche casseforti. Pepe ha incassato solo otto reti, Samir sette delle quali quattro in una volta sola (dalla Fiorentina). Reina è imbattuto da ben 467′. Due soltanto i gol subiti dall’Inter quando ha schierato
insieme Miranda, nome da film di Tinto Brass, e Murillo che non dipinge ed è veloce come un veltro. Li chiamano il muro.

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Natale in casa Cupiello, Luca e Eduardo

A passo di tango o manovre di sfondamento. Due temi per la partitissima. Se vince, il Napoli va in testa e stacca di un punto l’Inter. Se vince l’Inter (corna, bicorna, capalice e caparaglia…) si potrebbe parlare di fughetta.

Silenzio ora, entra il Mancio col cappotto elegante e sciarpa di seta. Entra zio Maurizio con tuta e bocchino tormentato tra le labbra. E i protagonisti bullonati. Molti di loro sono pastori di Ferrigno. Ma a me ‘o presepe nun me piace, perché Tommasino nun ce sta’ cchiu!

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