di Franz Krauspenhaar
Un golpe o un’inchiesta giudiziaria, ecco Tangentopoli: dall’arresto di un “mariuolo” alla nascita della seconda Repubblica. Si riaccendono i riflettori su Mani pulite, il periodo che ha cambiato, stravolto l’Italia. Arriva al grosso pubblico della tv “1992”, il crollo di un sistema, il finanziamento illecito ai partito, lo strapotere dei magistrati e dei magistrati politici, la fine di Craxi e la cancellazione della Democrazia cristiana. L’intoccabilità del Pci. Noi partiamo dalla fine con Franz Krauspenhaar in “Le monetine del Raphaël” (Gaffi editore) una straordinaria, lucida analisi di come siamo stati, di come siamo e, temo, di come saremo.
“Un popolo di coglioni che oggi, dopo decenni di squallido servilismo, senza mai ribellarsi, sempre mendicando il posto, l’attenzione, la miseria nera che si poteva conquistare sbavando schifosamente, s’era rivoltata al padrone che l’aveva nutrito, vestito e mandato a scuola disimparare a vivere, e nel nome della giustizia cercava la vendetta efferata…”
È una giornata di aprile del 1993. Una folla inferocita, istigata dal tintinnare delle manette scatenata dal circo mediatico – giudiziario di Mani Pulite, aspetta Bettino Craxi per scagliarli contro insulti e monetine. La Seconda Repubblica inizia con un’altra Piazzale Loreto e gli italiani sono sempre gli stessi.
Questa immagine – metafora del modo di essere degli italiani è in “Le monetine del Raphaël “ il libro col quale racconto qualche capitolo della recente storia d’Italia. Dalla prima Repubblica alla disfatta giustizialista, passando per la Milano da bere, piazza Fontana e la strage di Bologna. “Come furie cannibali, i magistrati eseguivano i loro arresti, servitori di una legalità che premeva l’indagato dentro una cella per mesi senza che fossero chiarite le sue responsabilità” di quei tragici giorni si sono costruiti una carriera e hanno fatto precipitare nel baratro istituzionale l’Italia.
“Bettino vuoi pure queste?” urla la folla inferocita. E’ la rappresentazione di un Impero che dà segni di crollo. Ma a dare gli scossoni decisivi è la forza della massa, “una poltiglia, un grumo avanzato di putridume”, non una coscienza civile in grado di plasmare una società migliore, o quanto meno rinnovata. La folla è carne marcescente. In quel lancio di monetine la parabola più bassa di una traiettoria cominciata molto prima di Tangentopoli, e che riguarda il rapporto tra gli italiani e il potere, un popolo il cui tratto distintivo è forse il narcisismo effimero.
Un popolo che non solo non valeva nulla – e l’esperienza del fascismo lo provava più di mille ricerche storiche o cattedratici discorsi – ma era anche un popolo intimamente omicida, marcio dentro, perché prima aveva portato in cattedra un Mussolini che ci aveva vomitati nel baratro, accoppiandosi con la furia tedesca, e poi continuava da decenni a dare la fiducia a dei burattinai senza vera fede, come i democristiani, gente che s’era comprata un’adesione religiosa soltanto di facciata, per poter scombinare il paese a proprio uso e consumo, d’accordo con i poteri più turpi, fuori e dentro il codice penale.