Marcello Lala

Marcello Lala

Consulente internazionale, giornalista, laureato in giurisprudenza e scienze della comunicazione, Membro di confindustria serbia, vive tra Napoli e Belgrado.

architettura Bg

La svolta dei Balcani

di Marcello Lala*

Belgrado – Quando nell’ottobre di due anni fa vidi sfilare fra due ali di folla immensa i soldati e le colonne di carri armati per il Nikola Tesla Boulevard, destinazione il Palazzo di Serbia, ero convinto, come tanti, che la Serbia stava andando incontro al suo destino. Si celebrava il 70° anniversario della Liberazione di Belgrado dalle forze d’occupazione naziste, era la prima parata militare serba dal 1918,  e per l’occasione  il presidente russo Vladimir Putin veniva insignito dell’Ordine della Repubblica di Serbia, la più alta onorificenza nazionale

Vladimir Putin e Tomislav Nikolic

Vladimir Putin e Tomislav Nikolic

Una fortissima simbologia, la plastica dimostrazione di un rapporto molto stretto. Non interrotto neanche dalle note sanzioni dell’Ue contro la Russia per le vicende dell’Ucraina. Con questo voglio dire che la Serbia è storicamente e culturalmente legata al mondo dell’ex unione sovietica e su questo non ci sono dubbi, sono Stati alleati da secoli, e tali sono rimasti nonostante i cambi politici.

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Marcello Lala

Importanti e determinanti fattori comuni sono, l’identità slava e la religione cristiana ortodossa. Ma non solo. Basterebbe, ad esempio, ricordare che nel 1830 l’Impero russo liberò il territorio slavo dagli Ottomani con l’obiettivo primario di difendere la Chiesa ortodossa e, più implicitamente, di guadagnarsi un accesso diretto al Mar Mediterraneo. Insomma legami storici solidissimi, vitali.

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John McCain

Eppure qualcosa sta cambiando, ed anche repentinamente a suon di dollari e promesse di sostegno politico per l’entrata del paese nella Ue. L’America è scesa in campo apertamente, non è un mistero che recentemente il senatore dell’Arizona John Mc Cain (candidato alle presidenziali del 2008) accompagnato da un gruppo di senatori si sia recato in Serbia, con un bagaglio pieno di dollari e promesse a condizione che il Presidente del consiglio serbo Alexsandar Vucic non segua il vento dell’est e osservi le indicazioni date dall’Unione europea e dagli Usa.

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Aleksandar Vučić

Che cosa si chiede al popolo serbo? Prima di tutto la chiusura una volta per tutte della questione Kosovo, una ferita nonostante tutto mai definitivamente rimarginata, un conflitto armato durato tre anni (tra il 1996 ed il 1999), l’ultimo combattuto nei territori della ex-Jugoslavia, migliaia e migliaia di vittime.

Ma non solo. Viene anche sollecitata la radicale e perentoria privatizzazione dell’apparato burocratico – industriale post Milosevic che, a causa di monopoli ed oligarchi sempre verdi, non si riesce a smantellare. Un potere solido e capillare che paralizza il rinnovamento e l’innovazione.

Il leader socialista serbo Ivica Dacic

vica Dacic

La società serba così si trova ad un grande bivio, il solito bivio: la classica scelta fra oriente ed occidente. Il paese sembra spaccato in due:  da una parte chi da sempre non ha nascosto le sue simpatie per Putin (vedi il vice premier Ivica Dacic nonché ministro degli esteri e segretario del partito socialista) e dall’altra chi, come il premier Vucic (basterebbe ricordare il viaggio a Washington dell’anno scorso per rinforzare la partnership con le strutture atlantiche) invece non nasconde la voglia di cambiare pagina e rilanciare il paese verso l’Europa e l’occidente, verso un liberismo spinto.

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Belgrado

Le elezioni probabilmente si terranno il 24 Aprile, ancora non sono state fissate ufficialmente, ma il clima è già surriscaldato. Una guerra fredda in salsa serba a suon di colpi bassi tra i vari esponenti politici. Intercettazioni e spie si combattono senza esclusione di colpi e se è vero come è vero che gli americani spiano o hanno spiato anche i loro alleati (vedi Berlusconi e Merkel) non oso immaginare cosa stia accadendo oggi nei Palazzi che contano qui a Belgrado.

Diciamocela tutta, tra crisi dei migranti, conflitto turco-russo e la nuova guerra fredda tra Usa e Russia i Balcani sono il cuore dell’Europa e la Serbia è il cuore del cuore. La posta in gioco è alta.

piazza della repubblica

Belgrado, piazza della Repubblica

Il paese vive una significativa fase di transizione, il sistema economico continua ad essere basato sostanzialmente sul settore manifatturiero e sulle esportazioni. Forte, molte presente, è ancora il peso dello Stato in alcuni strategici settori dell’economia. E questo nonostante la Serbia stia cercando di aumentare la propria cultura “di mercato” e l’integrazione internazionale (dal 2000 è rientrata nel Fondo monetario internazionale, nella Banca Mondiale, nella Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, e da due anni sono partiti i negoziati per l’adesione all’Ue).

Knez Mihailova

Belgrado, Knez Mihailova: l’isola pedonale

L’economia del Paese è logicamente legata a quella europea e la situazione, come in tutta l’eurozona, continua ad essere difficile. Il tasso di disoccupazione supera il 20 per cento mentre il valore del rapporto debito pubblico/Pil è stimato al 65 per cento, a livelli di guardia per un’economia di questo tipo. Un peso predominante hanno nel Paese gli investimenti esteri, attirati negli anni passati con una politica di incentivi economici (altri punti di forza sono gli Accordi di libero scambio che legano la Serbia a mercati importanti, come quello russo e turco.

parlamento di belgrado

Belgrado, il Parlamento

I prossimi mesi saranno importanti, intensi, decisivi. Si scontrano forze di rinnovamento e forze restauratrici, anche se sarebbe sbagliato semplificare troppo gli schieramenti. Del resto la politica estera serba degli ultimi quindici anni è stata definita dagli analisti “two chairs seated” ossia un atteggiamento ondivago tra Russia e Unione Europea. Ma fino a quando?

 (*general manager Emmeconsulting e direttore generale Novi Finantie – Beograd)

 

 

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