di Carlotta D’Amato
Da vent’anni quando, dopo la caduta dell’Urss, la Cuba di Fidel fu costretta ad aprirsi massicciamente al turismo per affrontare la gravissima crisi della fine dei sussidi di Mosca, e degli scambi commerciali protetti con i paesi del mondo comunista in dissoluzione, sull’isola circolano due monete
Il vecchio peso, con il quale vengono pagati gli stipendi degli impiegati statali (cioè fino a poco tempo fa tutti), il Peso Cubano e un’altra moneta (oggi si chiama “Cuc”) utilizzata nel turismo e per l’acquisto dei prodotti importati, ovvero il Peso Convertibile.
Questo in teoria, perché nella pratica funziona più o meno così. Ci sono due monete: una per i turisti il Cuc ed una per i cubani il peso nazionale.
Il primo ha un valore pari ad un euro e poco superiore al dollaro il secolo vale 25 centesimi di euro. Per tutta la sua permanenza a Cuba, il turista pagherà ogni bene, servizio, souvenir, mojito che si rispetti in Cuc, con prezzi che non sono molto inferiore ai nostri, almeno di quelli italiani.
Ma se pensate che lo stipendio medio di un medico cubano è 30 Cuc, 1000 pesos nazionali, le cose sembrano non tornare. Ed invece i conti tornano. Eccome.
Ci sono due prezzi, due menù in qualsiasi bar, paladar o ristorante che si rispetti, in sostanza per qualsiasi cosa. Per i cubani e per i turisti. E nemmeno a dirlo i prezzi per i cubani di Cuba sono molto ma molto inferiori a quelli applicati agli stranieri, 3, 4 volte più bassi.
Nell’idea di Fidel il doppio regime doveva evitare il contagio del capitalismo nella società cubana, conservando ben separati i cittadini normali dai turisti stranieri che portavano valuta fresca nelle casse dello Stato. In realtà ha generato una società ammalata nella quale chi ha la possibilità di accedere alla moneta dei turisti diventa quasi ricco e chi non ce l’ha è povero.
L’esempio più comune è quello della cameriera d’albergo che, grazie alle mance, può guadagnare in un mese anche cento volte più di un professore dell’Università o di un medico retribuiti con i pesos di Stato. Lo stesso vale per un tassista o un portiere d’albergo o per chiunque abbia la possibilità di aver a che fare con uno straniero armato di moneta convertibile.
Fino a metà degli anni ’90, l’uso del dollaro era addirittura illegale a Cuba e per chi lo aveva in tasca la pena era la galera. Poi divenne legale fino al 2004 quando il regime s’inventò il Cuc, il dazio che i turisti devono pagare arrivando nell’isola. Ad oggi la doppia valuta costituisce uno dei più grandi ostacoli al progresso di Cuba.
La soluzione più probabile secondo gli economisti la soluzione più probabile è quella del conio di una nuova moneta con una svalutazione del Cuc e un apprezzamento del peso nazionale.
Fatto sta che il folklore dell’Havana trova anche in questo sistema paradossale la sua massima espressione. E non solo.
Certo è che il turista paghi in Cuc. Ma non sempre scontato è che il resto venga dato in Cuc perché spesso, caldo, fretta, disattenzione e zac. ti trovi in mano una manciata di pesos nazionali, cartastraccia in poche parole.
Per tutte le banconote nazionali tranne che per quella da 3 pesos, la più famosa di tutte con l’immagine del Che un must have. Te la regalano a fronte di mance generose facendola passare come il più prezioso dei regali anche se vale appena 75 centesimi. E lo stesso per la moneta con l’effige del Comandante.
Di come siano furbi questi cubani, di come le abbiano studiate tutte, ma veramente tutte per fregare gli ignari turisti vi racconterò nella terza puntata. Anche il più napoletano dei “pacchi” qui assume una connotazione politica. Ricordate questo: giornata della cooperativa.
(2.continua)