Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Il Pupone col cucchiaio

 di Adolfo Mollichelli

I tuoi primi 40 anni. Auguri Francesco, campione senz’età. Tu che volevi fare il benzinaio. E invece ci hai deliziato, ci delizi e ci delizierai ancora perché per fortuna, anche nostra che veneriamo Eupalla, decidesti di fare il calciatore. Ottavo re di Roma

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Campione senza confini, appartieni a tutti quelli che amano il calcio. Certo che domenica 11 settembre l’hai fatta grossa. Perché ti ho visto, sai, confabulare con Giove Pluvio. Da divinità a divinità: fammi un piacere, smettila di piangere, sii buono, il tempo di mettere a posto ‘sta partita con la Samp, poi se vuoi puoi continuare a lacrimare.

L’ho visto, sai, Giove Pluvio che in romanesco ti ha risposto: “a France” da dio a dio te posso mai di’ de no? Ecco fatto: raggi di sole, terreno asciutto, vittoria di rigore. Palla nell’angolino, un taglio di coltello, il cucchiaio roba del passato o quanto meno da usare con parsimonia perché se va male ti ridono addosso.

Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Il cucchiaio, già. Solo tu potevi pensare un gesto simile. E in un momento delicatissimo, quando un po’ tutti, anche i campioni si avvicinano al dischetto del rigore con lo sguardo perduto nel vuoto e la mente che frulla mille pensieri: destra, sinistra, angolo basso, angolo alto, sotto la traversa, potente, preciso. E tu? Tranquillo.

Europei del Duemila, l’Amsterdam Arena quasi tutta arancione, trombe e tamburi assordanti, i rigori per decidere la semifinale perché Toldo, detto Toldone, aveva parato di tutto. E quando fu il tuo turno, mentre ti avviavi lì dove un po’ tutti tremano, ti girasti verso Di Biagio e Maldini e sorridendo gli dicesti: “mo’ je faccio er cucchiaio”. Tu non li sentisti, ma sussurrarono: questo è pazzo!

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Il cucchiaio folle di Totti

E cucchiaio fu. Lo raccolse Van der Saar alto due metri, braccia lunghissime, la porta sempre più piccola e dietro un muro arancione di tifosi urlanti. Gol, Italia in finale.

Metti un romano ed un napoletano. Non è l’inizio di una barzelletta. Ma poi finimmo col ridere un po’ tutti, tranne Alberto D’Aguanno (caro, indimenticabile, fraterno amico sempre nel mio cuore) che dovette rifare il servizio, imprecando per i tempi, ma contento pure lui perché il nostro siparietto fu gustoso.

Mondiale nippocoreano. Vigilia di Italia-Ecuador a Sapporo. Il Trap ci aveva parlato delle insidie della sfida. E, soprattutto, ci aveva descritto De La Cruz (esterno destro ecuadoregno) come un giocatore fantastico, tecnico, pericolosissimo, insomma il classico uomo in più degli avversari. Ok, caro Trap, abbiamo capito.

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Totti e la nazionale

Poi, venisti tu in conferenza stampa. L’ultima domanda fu la mia: scusa Francesco, il Trap ci ha descritto questo De La Cruz come un portento, che cosa ne pensi?

Mi sorridesti e rispondesti: “e se vede che deve essere uno più forte di Maradona e Pelé messi insieme!” Annacquasti così i timori eccessivi del Trap, con fermezza ed ironia nello stesso tempo. Per la cronaca, la partita finì 2-0 per noi, doppietta di Vieri. De La Cruz? Non pervenuto.

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L’epoca delle barzellette, ricordi? Una via crucis mediatica trasformata in un boom editoriale. Confidasti: “Non mi sono mai sentito un genio, ma tanto meno uno scemo. Eppure per mesi sono stato oggetto di battute martellanti , qualcuna divertente, ma molte assolutamente offensive, non ho mai capito perché la gente si sia tanto divertita con quelle storielle rubate ai carabinieri“.

Già, il troppo storpia. Ti eri stufato di essere preso in giro. Lo constatai a Coverciano durante un raduno della Nazionale. Un collega di un giornale milanese ti avvicinò e ti chiese: l’hai sentita l’ultima su di te? Lo guardasti torvo e rispondesti: “no, ma almeno te sei divertito?” Forse, nacque proprio quel giorno l’idea della rivalsa. “Tutte le barzellette su Totti (raccolte da me)“. Il libro pubblicato da Mondadori fu un successo senza eguali, oltre un milione di copie vendute. I proventi devoluti in beneficenza: una metà all’Unicef e l’altra al Comune di Roma per potenziare il servizio di assistenza agli anziani. Seguirono ristampe, altri progetti benefici, ne beneficiò anche il Congo. Papertotti aveva vinto nella vita, non solo su un campo di calcio. 

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Papa Francesco

Come si fa a non volerti bene, Francesco. Standing ovation a Madrid. Standing ovation domenica scorsa a Torino.

Il Real ti avrebbe voluto esaresti stato impeccabile con la camiseta blanca ed avresti vinto tanto di più ma poi avresti tradito la tua innocenza. Perché da bambino a scuola scrivevi sul banco forza Roma.

Hai vinto una Scarpa d’oro, ma avrei creato per te un premio speciale: piedi d’oro in una scarpa. Non dividi ma unisci. Eppure anche per te stava per valere il nessuno è profeta in patria. Schierato dalla parte tua quando il filosofo pretendeva che tutt’al più passeggiassi sotto i portici della Stoà di Trigoria. E quanto al patron a stelle e strisce che era titubante a stipulare contratti il suo nome evoca un detto napoletano, ma non posso citarlo perché è un po’ spinto. Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma mi fermo qui. E ti saluto con affetto. Ancora auguri, Francesco. Uomo semplice e campione di tutti.

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