di Adolfo Mollichelli
Ancora una volta Stadium fatale. Vince la Juve grazie al centravanti vero. Perde il Napoli che schiera il centravanti taroccato. Apre Bonucci, in mezzo lo splendido gol di Callejon servito al bacio da Insigne. Chiusura di Higuain con un rasoterra di sinistro che è stato una autentica stilettata in pieno petto. Ciò che si temeva si è verificato
Dopo Altafini, nell’album dei ricordi c’è posto per un altro core ‘ngrato. Determinanti, e sfortunati, gli interventi di Ghoulam nell’economia del match. Così come i cambi di Sarri: cervellotici. A cominciare da quello di Insigne che era stato una spina nel fianco destro della difesa bianconera. Suo l’assist da cineteca per il gol del momentaneo pari. Ininfluente Giaccherini che quando giocava in bianconero era chiamato Giaccherigno.
A centravanti invertiti, o meglio con il “vecchio” centravanti, il Napoli avrebbe stravinto. Perché ha giocato per più di un’ora meglio della Juve che Allegri aveva
imballato nei movimenti piazzando nel cuore della manovra il tremebondo Hernanes.
C’è voluto l’ingresso di Marchisio per equilibrare la mediana bianconera sovrastata dalla sapienza tattica di Diawara, dai garretti solidi di Allan, dalla classe di Hamsik che avrebbe dovuto e potuto pressare Hernanes – e ripartire – con maggiore convinzione.
Pillole sentimentali: sincero l’abbraccio tra il Pipita a Sarri prima dell’inizio della partita. Scontata la non esultanza di Higuain dopo il gol. Anche se dev’essere stato difficile. Perché prima che segnasse, la sua faccia diceva: ma addo’ so’ capitato!
La partitissima era stata presentata da media in vena di folklore come una sceneggiata. Il buono, chissà chi non certo Aurelio Primo. La sciantosa, ovvero la Vecchia Signora. E ‘o malamente, Gonzalo Higuain soprannominato – ed è sfizioso – Giudain, per un tradimento sui generis, altro che trenta denari. Perché Aurelio Primo, che mi piace chiamare Ponzio Pilato, se n’è lavato le mani ed ha intascato novanta milioni che come suol dirsi non sono noccioline.
Tutti presi dall’incontro, meglio definirlo scontro, ravvicinato di un certo tipo. Con tante ciarle al vento. Velenose e vergognose, come la fatwa lanciata dall’alcalde guascone al traditor argentino: “Non credo che Higuain sarà mai più gradito nella nostra città, nemmeno per fare una semplice passeggiata”. Cose da pazzi, e qui taccio.
La partitissima presentata come un’inconcepibile ordalia. Come una sfida da mezzogiorno di fuoco e va bene che si è giocato di sera. Come lo scontro tra Davide e Golia.
Tutto fumo, fiammelle di fuoco disperse all’aria in una notte neppure d’estate. Sorvolando sulla realtà dei fatti.
Sulla sfida tra le regine dell’ultimo lustro che hanno messo in bacheca gli ultimi nove trofei assegnati pur partendo entrambe dall’inferno della cadetteria.
Ultimi cinque anni di gloria in cui hanno raggranellato più punti (391 la Zebra, 321 il Ciuccio) di tutte le altre “sorelle”, comprese le cuginastre meneghine che nel frattempo hanno dovuto mettersi a far di conto sotto il fascio di luce delle lanterne cinesi.
Per non parlare degli investimenti: l’ultimo rampollo di casa Agnelli e Aurelio Primo – o se volete, Ponzio Pilato – hanno investito 757 milioni (su 2955 complessivi). E Zebra e Ciuccio sono al top anche nelle plusvalenze,
le ultime mostruose, legate a Pogba e ad Higuain.
E sul campo hanno dimostrato di meritare la leadership che hanno saputo
conquistarsi. La sfida continua.