di Ottorino Gurgo
Non crediamo si debba prestare eccessivo credito ai sondaggi che l’esperienza ha assai spesso rivelato fallaci. E, tuttavia, va tenuto conto del fatto che, sia pure con uno scarto piuttosto esiguo, tutti i rilevamenti degli istituti demoscopici concorrono nell’attribuire la vittoria ai “no” nel prossimo referendum
Si tratta di un risultato certamente ancora ribaltabile ma, alla luce delle attuali indicazioni, sarà opportuno chiedersi che cosa accadrà se davvero la sera del 4 dicembre le urne dovessero sancire la sconfitta della riforma renziana.
Se il “si” dovesse prevalere, il premier continuerà a governare con poteri rafforzati, probabilmente fino alla fine dell’attuale legislatura. Ma che accadrà se a vincere, come indicano i sondaggi, dovessero essere i fautori del “no”?
Renzi, modificando radicalmente le sue originarie dichiarazioni, resosi conto che l’idea di mandarlo a casa solletica molti elettori, sostiene ora che, qualunque sia il risultato referendario, non ci saranno contraccolpi per il governo.
I suoi avversari, per contro, tacciono. Si limitano ad esortare a votare “no” sostenendo – con un’enfasi che ci appare francamente eccessiva – che un successo del segretario-presidente metterebbe in gioco la democrazia nel nostro paese, ma non ci indicano in quali tempi, e soprattutto con quale maggioranza, vorrebbero sostituirlo.
Il problema, invece, si pone perché è fuor di dubbio che, in caso di prevalenza dei “no”, lo scenario politico muterebbe radicalmente. Quanti – a cominciare dallo stesso Renzi – sostengono che tutto resterà come prima, sbagliano. Basta osservare quel che è accaduto in Inghilterra dove, dopo l’esito del referendum che ha portato il suo paese fuori dall’Europa, il premier è stato costretto alle dimissioni.
La posizione di Renzi risulterebbe talmente indebolita, da rendere impossibile, per lui, continuare a governare. Con quale prestigio potrebbe portare avanti il suo progetto di riforme e con quale credibilità potrebbe affrontare le difficili trattative con i partner europei?
La questione non è di poco conto e le forze politiche hanno il dovere di porsela perché, se realmente Renzi dovrà fare le valigie e tornarsene nella sua Firenze, chi è pronto ad ottenere questo risultato, dovrà pur dire alla gente come intende affrontare il dopo.
Davvero D’Alema pensa di poter costituire una maggioranza con Brunetta ? E Berlusconi con Vendola ? E Salvini con Civati ? E Bersani con Grillo ?
Sono ipotesi che in grammatica si definiscono del terzo tipo, quello dell’irrealtà. Ma un politico che si rispetti ha l’imprescindibile dovere di prevedere le conseguenze delle sue azioni, di valutare quello che esse comporteranno e di renderne edotti i cittadini.
Così ci sembra di poter dire che la vittoria del “no”, per quanti sforzi Sergio Mattarella potrà fare per evitare l’anticipato scioglimento delle Camere, ci porterà con ogni probabilità ad elezioni politiche anticipate dando vita ad un periodo di forte instabilità, con la prospettiva di assistere alla formazione di un nuovo partitino della sinistra e di dar corpo alla prospettiva di assistere, dopo le elezioni prossime venture, ad una vittoria elettorale dei Cinque stelle, magari con Beppe Grillo presidente del Consiglio.
Si tratta – se ci è consentito di esprimere un’opinione personale – di due eventualità che non ci affascinano neppure un po’.