di Franz Krauspenhaar
A due puntate dalla fine, si può già dire che Il giovane papa è un pasticcio senza capo né coda, pieno di tempi morti – anzi il poema filmico dei tempi morti- e con personaggi che dire insignificanti è dire poco
L’unico vero re della serie non è il papa nevrotico e imprevedibile come una star con la faccia da attore, quella del pur bravo Jude Law.
L’unico personaggio vero, coinvolgente, divertente è il segretario di stato Voiello, interpretato da uno dei nostri migliori attori da almeno vent’anni, Silvio Orlando.
Certo, da odiatore a fervente ammiratore del papa Fender Stratocaster la via è un po’ troppo breve.
Ma il personaggio sta nel centro esatto della storia, con le sue contraddizioni vere, non tirate per la sottana come quelle del papa orfano anche di Dio.
Altri personaggi potevano mancare, come la sterile che sembra uscita da un Derrick, a Spencer, che sembra un vecchio amico di Joseph Kennedy, all’amico d’ infanzia che per aver addentato un “panino di carne” viene ammazzato dal marito geloso della donna del trio, che guarda caso e’ anche il narcotrafficante più’ potente del Sud America.
E suor Mary, con quella ridicola maglietta pigiama con scritto “Sono una vergine”, una specie di Annie uscita da un cinema di Manhattan nel 77 e atterrata in un Vaticano piatto come un disco volante in avaria. Che la prossima volta si produca il segretario di stato, molto più interessante di tutti gli altri. E non solo per la bravura di Orlando.