di Ottorino Gurgo

 Bisogna dare atto a Sergio Mattarella di aver risolto in tempi rapidissimi una crisi che, dopo quanto è accaduto nel corso di una campagna referendaria violenta quanto altre mai,  avrebbe potuto avere – se protratta in tempi lunghi – conseguenze laceranti

Paolo Gentiloni

La scelta di Paolo Gentiloni quale successore di Matteo Renzi sembra in linea con la volontà del capo dello Stato di raffreddare un clima politico divenuto nelle ultime settimane sempre più rovente.

Gentiloni, stante quel che ci dicono la sua storia personale e il suo temperamento, è uomo garbato, che rifugge da toni esasperati e da prese di posizione categoriche. Predilige il dialogo, il confronto, il colloquio, anche con gli avversari politici. E’ un moderato, insomma, ed è forse quel che serve nell’attuale situazione. Anche perché ha soprattutto un compito: quello di varare la nuova legge elettorale, essendo, ormai, definitivamente accertato che, entro il prossimo giugno, dovremo andare alle urne.

Renzi e Mattarella

E siamo convinti che sia proprio questa la ragione per cui Gentiloni (un politico) sia stato preferito a Padoan (un economista) che, in un primo tempo, era sembrato destinato a prendere il posto di Renzi.

Diciamo subito che il varo della nuova legge elettorale è un impegno da far tremare le vene e i polsi; un’autentica “impresa” poiché è evidente che dal tipo di legge che il Parlamento sceglierà potrebbe anche dipendere l’esito del prossimo confronto elettorale, come sembra dimostrare la grande diffidenza con la quale i Cinquestelle grillini seguono il dibattito su questo argomento.

Di Batista, Grillo e Di Maio

Grillo e i suoi seguaci temono, infatti – e non ne fanno mistero –  che le altre forze politiche possano essere alla ricerca di una “formula” che eviti il loro successo elettorale. Sono guardinghi, tesi, seguono con circospezione ogni intervento su come potrebbe configurarsi il nuovo sistema di voto.

Ed è guardando proprio a questo atteggiamento dei grillini che, probabilmente, si possono individuare i connotati della “presidenza Gentiloni”  che dovrà condurre in porto quanto prima la miglior legge elettorale possibile; compito arduo nel quale non sarà aiutato dalle forze politiche, né quelle che compongono la maggioranza, né quelle delle opposizioni.

Anche in questo caso, come è accaduto per il referendum costituzionale, ai partiti non importa un bel nulla di realizzare una buona riforma. Importa una cosa soltanto: fare in modo che la nuova legge elettorale sia tale da favorirli. In questo clima e con questo spirito, non sappiamo quando la legge elettorale potrà giungere in porto e quali compromessi e quali alleanze dovranno essere stipulai per ottenere un risultato.

Gentiloni

Non sembra, in verità, che si sia partiti con il piede giusto. Il buon Gentiloni non era ancora uscito dal Quirinale, dopo aver ricevuto l’incarico, che già contro di lui – leghisti, grillini e Fratelli d’Italia – gli sparavano addosso alzo zero accusandolo di essere un burattino di Renzi e annunciando che si sarebbero appellati alla piazza rifiutando ogni incontro con il presidente incaricato.

Non è, quella che stiamo vivendo, una bella situazione e proprio per questo occorrerebbero senso di responsabilità e senso dello Stato. Ma si tratta di merce rara, rarissima che purtroppo, nel nostro paese, non si sa dove sia finita.

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