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Un uomo solo. Ma non al comando

di Gianpaolo Santoro

Il fallimento del piccolo piccolo Premier. E’ durato mille giorni il renzismo, la politica del #stai sereno, del Ciaone, dei twitter e di una classe dirigente inventata e improvvisata, un’accozzaglia di ministri inesperti e incapaci a cominciare dal ministro delle riforme, la Bella addormentata nei Boschi, la Maria Elena che non è riuscita a coagulare un briciolo di forze politiche intorno alle riforme del governo passate solo a colpi di fiducia, ghigliottine e canguri, epurazioni e voltagabbana.

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L’Italia ha detto NO, fortissimamente NO e Renzi è stato costretto ad aizzare la bandiera bianca a Palazzo Chigi, la resa totale, senza neanche l’onore delle armi. “Il popolo italiano  ha parlato in modo inequivocabile chiaro e netto. Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi. Come era chiaro sin dall’inizio l’esperienza del mio governo finisce qui: riunirò il consiglio dei ministri e poi salirò al Quirinale per consegnare al presidente della Repubblica le dimissioni”.

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Bye bye Matteo. Il rottamatore si è autorottamato, una incredibile serie di scelte dementi, di bugie, false promesse, previsioni sbagliate, smargiassate e colpi di mano; mance, mancette e disperati regali  (indecorosa la nomina di De Luca a commissario della Sanità) e fantomatici Patti; una serie di provvedimenti fallimentare su esodati e banche fallite, salvate facendo pagare la povera gente, una scuola devastata da un algoritmo, un mercato del lavoro retto da fragili voucher, una politica europea schizofrenica prima sotto la gonna protettiva di Frau Merkel, poi un una disperata ribellione, una politica sulla migrazione ai limiti del suicidio, scelte economiche che ci hanno portato ad essere il fanalino di coda di una Unione collassata e in drammaticamente in ginocchio.

E l’ideona del partito della nazione, sull’Ala di Verdini, Alfano e transfughi vari, un centro con un grande buco, quello della credibilità, raccattando sui territori il peggio del peggio dalla Campania alla Sicilia, da Cosentino a Cuffaro?

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Renzi, che soltanto qualche mese fa in modo spavaldo raccontava che lui non era un politico per tutte le stagioni, che se avesse perso la sua riforma non solo si sarebbe dimesso ma avrebbe lasciato la politica, ora sembra per l’ennesima volta aver disinvoltamente cambiato idea. Così come ha fatto con l’Italicum “la legge elettorale che tutti ci copieranno” che poi ha deciso di cambiare quando si è reso conto che avrebbe perso in ogni caso, ha dimostrato di essere un leader più democristiano del peggiore democristiano, compromessi e mediazioni sino all’ultimo respiro.

Mille giorni è durata la sceneggiata, finché le urne non gli hanno strappato la maschera e il popolo gli ha dato un calcio in culo. L’uomo solo al comando è ancora solo. Ma non  è più al comando. Meglio così.

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