Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Il tifo che annebbia le menti

 di Adolfo Mollichelli

Due notti cariche di tutto: passione, risentimento, euforia e, soprattutto, rancore. Gli incroci tra Napoli e Juve non sono mai stati normali. Quelli prossimi, tra campionato e coppa Italia, saranno certamente molto di più di due sfide calcistiche tra eterne rivali. Una rivalità più ideologica che sportiva: il Napoli alfiere del Sud, la Juve vista come l’emblema del potere del Nord. Il Napoli casto e puro, la Juve pentascudettata che si porta dietro l’onta vecchia di calciopoli e quella attuale di società collusa con ultrà in odore di ‘ndrangheta. Fino a prova contraria. Il tifo, si sa, è una malattia, curabile. Il tifo calcistico no. Non ha antidoti. E spesso finisce con l’annebbiare le menti.

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E col rendere ancora più pericolose le curve da stadio che sono una peculiarità (negativa) tutta italiana. Il tifoso è per sempre: vede quel che vuole vedere, nega l’evidenza, vuol sentirsi dire tutto il bene della propria squadra e tutto il male possibile degli avversari che sono visti come nemici. Per la fortuna di social, tv pubbliche e private. E giornali, che sperando di vendere qualche copia in più sono casse di risonanza di una forzata geopolitica che svuota il racconto sportivo di ogni credibilità.

Il tifo calcistico è un male incurabile che rasenta il ridicolo (eufemismo) e che in Italia crea un obnubilamento totale delle intelligenze (?). E contribuisce all’odio ed a tutto ciò che ne consegue. Si resta basìti nel constatare che membri della commissione Antimafia abbiano “anticipato” un verdetto in nome del tifo (quello non curabile). E che le curve siano state trasferite nel Parlamento. Come se non bastassero le bassezze e le incompetenze di gran parte dei politici nostrani. Stop.

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Josè Altafini, core ‘ngrato, segna il 2 a 1 del “tradimento”

Napoli-Juve in due atti. Sotto il cielo stellato (si spera). Nell’attesa spasmodica di riservare il saluto di non accoglienza a Gonzalo Higuain, ribattezzato Giudain, l’ultimo core ‘ngrato. Il primo fu Josè Altafini detto Mazzola che fu mio vicino al sole delle Rocce Verdi. Per quel gol che tolse ogni speranza di scudetto alla stupenda creatura di Vinicio. Josè in bianconero, ma senza rivoli di odio quando 37enne passò il Rubicone. Sono stati diversi gli azzurri che hanno lasciato casa Napoli per la Juve. Anche Dino Zoff il portierone, che ritrovai ct in Nazionale. Erano altri tempi, in cui c’era da fare di necessità virtù (vendere i campioni per incassare e andare avanti) e il popolo sanpaolino capì ed ogni volta che Dinone giocò a Napoli in bianconero furono abbracci e languide carezze, con lui che sollevava il braccio e salutava quello che era stato il suo pubblico, mai dimenticato.

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Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro

Anche Fabio Cannavaro ha vestito il bianconero. Per necessità. E prima di lui Ciro Ferrara, stavolta per scelta, sulla spinta di Luciano Moggi che lo sfilò dalla Roma. Ci sono stati degli addii che sono stati capìti in ritardo. Come quello di Fabio Quagliarella vittima dello stolking.

E che De Laurentiis voleva sbolognare nella steppa e lui preferì la Juve. Voi che cosa avreste fatto?

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Omar Sivori versione azzurra

E c’è stato anche un salto all’incontrario, quello di Enrique Omar Sivori dalla Juve al Napoli. Grazie alla tela tessuta dal compianto Fiore ed al ricatto del comandante Lauro agli Agnelli: o mi date Sivori o non compro più motori Fiat per le mie navi! E fu ‘Omar ‘e Napule, il grande argentino in attesa del pibe. Sivori, la mia passione da sempre. Ai giovani commentatori ed ex calciatori che pullulano in tv, dico semplicemente questo: non avete mai visto giocare Omar? E che vi siete perso!

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Higuain “chiattone”, parodia del web

Sono andati via altri idoli come Lavezzi e Cavani. Dispiacere, rammarico e nulla di più. Perché non sono andati alla Juve. E  questo bastò a lenire il dolore. Ma Higuain no. E’ un’altra storia. E soprattutto perché ha offeso il modo, tramando nell’ombra mentre si cantava insieme un giorno all’improvviso.

Lui, l’uomo del record dei 36 gol, uno più bello dell’altro, tolto al pompierone Nordahl lo svedese che fece grande il Milan negli anni cinquanta insieme con Gren e Liedholm. Che casino ha fatto Gonzalo! c’è chi aveva tatuato lui in rovesciata ed ora dovrà farsi operare per cancellarlo anche dal corpo.

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Allegri e Sarri, “abbracci e baci”

C’è chi chiamò Gonzalo il cane ed ora non lo chiama più e la povera bestiola non riesce a capire il perché. Gonzalo, anche due gol hai rifilato al tuo Napoli abbandonato nel momento della passione più viscerale.

Ed ora, che cosa ti aspetti? Lo sai, fischi che ti entreranno nelle vene. E una pernacchia gigante come quella di Eduardo nell’oro di Napoli. Questo è il programma dei napoletani ironici e perbene che per fortuna sono tanti.

 

 

 

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