di Ottorino Gurgo -
C’è un indovinello che, quando eravamo bambini, – ahimè tanto tempo fa -costituiva per noi un autentico rompicapo. E’ la storia di un contadino che deve portare al di là del fiume un lupo, una capra e un cavolo. Dispone, però, di una piccola barca con la quale può trasportare una sola cosa alla volta. Ma, se lascia soli sulla riva la capra e il lupo, quest’ultimo divorerà la capra; se lascia il cavolo e la capra, sarà la capra a mangiare il cavolo. Come potrà, dunque, attraversare il fiume portando con sé lupo, capra e cavolo ?
L’indovinello-rompicapo ci è tornato alla mente nell’osservare gli equilibrismi ai quali è stato costretto Matteo Renzi per cercare di dar vita (peraltro senza riuscirvi) a una coalizione che gli consentisse di costituire, nel prossimo mese di novembre, nelle elezioni regionali siciliane, un’alleanza in grado di fronteggiare con qualche possibilità di successo (non erano molte, per la verità, guardando i sondaggi) il Movimento Cinquestelle di Beppe Grillo.
Alle elezioni siciliane viene attribuita un’importanza tutta particolare. Vengono ritenute, infatti, una sorta di prologo alle “politiche” della prossima primavera.
Di fronte al netto vantaggio dei grillini, centro-destra e Pd sono decisi a serrare le file per cercare di essere competitivi.
Il centro-destra è impegnato a mettere insieme – cosa certamente non facile – Silvio Berlusconi e Matteo Salvini – ma il compito più difficile era indubbiamente quello di Matteo Renzi.
Proprio come il contadino del rompicapo di cui abbiamo parlato all’inizio, il segretario del Pd si trovava nella non facile situazione di traghettare verso la riva, cioè verso un’alleanza che ogni giorno andava rivelandosi estremamente improbabile, personaggi come Bersani, D’Alema, Leoluca Orlando e soprattutto Alfano con i primi tre che non volevano neppure sentir parlare del quarto e il quarto che non voleva sentir parlare dei primi tre. L’alleanza, alla fine, si farà soltanto tra Pd, Alfano e Pisapia, sempre più lontano da Bersani e D’Alema tenacemente impegnati, secondo una loro consolidata vocazione, a perseguire la sconfitta.
Anche quella che si è riusciti a realizzare è, in verità, un’alleanza anomala tant’è che, per condurla in porto, ciascuno ha dovuto rinunciare ai propri principi.
E il primo a dovervi rinunciare è stato proprio Matteo Renzi che, in più d’una occasione si è pronunciato contro le coalizioni, convinto com’è (e non del tutto a torto) che spesso le coalizioni sono dettate da motivazioni opportunistiche, soprattutto quando vengono stipulate tra contraenti così diversi tra loro e finiscono con l’avere effetti paralizzanti. Non siamo convinti, comunque, che il “pasticcio siciliano” gioverà a coloro che lo hanno “cucinato”.
Così, tra un centro-destra costretto a far convivere Berlusconi e Salvini che la pensano in modo diverso su tutte le questioni sul tappeto e un centro-sinistra imprescindibilmente legato ad Alfano, alla resa di conti i Cinquestelle sono destinati a vincere. Grillo, con ogni probabilità, conquisterà la Sicilia ed è una prospettiva che – dobbiamo francamente confessarlo – ci fa venire i brividi pensando alla triste sorte dei siciliani, condannati ad esser governati da chi, ovunque è stato chiamato a responsabilità di governo (il “caso Roma” è più che mai emblematico) ha dimostrato che, gestire la cosa pubblica non è cosa per lui.