di Ottorino Gurgo
Verrebbe da dire, prendendo a prestito il grido lanciato dal patibolo dalla viscontessa Roland de la Platière: “Oh, campagna elettorale! Quanti delitti si commettono in tuo nome!”. È di tutta evidenza l’incidenza che certamente ha avuto nella campagna elettorale, ormai totalmente cominciata, nella polemica sollevata da Matteo Renzi nei confronti del governatore della banca d’Italia Ignazio Visco e, in nome della par condicio, non si può ignorare la presa di posizione del suo “dirimpettaio” Silvio Berlusconi dopo i referendum per l’ampliamento delle autonomie regionali che si sono svolti in Lombardia e nel Veneto.
“Il referendum – ha detto il leader di Forza Italia – vogliamo proporlo in tutte le regioni per portare la competenza di una serie importante di materie dal centro alla sede giusta che è quella regionale“.
L’affermazione dell’ex cavaliere obbedisce a chiare motivazioni elettoralistiche e sarà certamente, nelle settimane a venire, uno dei temi del confronto tra le forze politiche: da un lato Berlusconi mira a “catturare” i voti del Nord, dall’altro si propone di rassicurare l’alleato leghista facendo intendere a Matteo Salvini che non deve temere la sua leadership poiché questa sarebbe perfettamente in linea con le richieste autonomistiche del Carroccio.
Ma anche in questo caso, dunque, la campagna elettorale è destinata a concentrarsi su temi che non aiutano a risolvere i reali problemi del paese. Tutt’altro.
Ha un bel dire Berlusconi che l’ampliamento dell’autonomia regionale non intacca l’unità nazionale. Non è così.
Certo la situazione italiana è ben diversa da quella della Catalogna e i paragoni con quanto accade a Barcellona sono sicuramente avventati.
Ma le dichiarazioni del governatore del Veneto Luca Zaia, tronfio per il successo ottenuto dal referendum nella sua regione, sono di stampo apertamente secessionista e non sono assolutamente rassicuranti.
Non è un caso, del resto, che anche un leghista “moderato” come il governatore della Lombardia Roberto Maroni, ne sia rimasto negativamente colpito.
È purtroppo evidente che la frammentazione dell’unità nazionale, questo fare l’Italia a pezzettini, contrasta nettamente con gli sforzi dell’Unione europea, volti a favorire l’integrazione del vecchio Continente anche se è evidente che per questa emergente “esplosione separatista” esiste una responsabilità dell’Unione europea, rivelatasi incapace di porsi come un reale punto di riferimento ed anzi vista più come una nemica che come un’amica.
Dato questo per scontato, cerchiamo di valutare quali sarebbero, soprattutto in campo economico, le conseguenze dell’esasperato regionalismo che viene proposto.
Una delle tesi che Zaia sostiene con maggior vigore è quella secondo cui le imposte riscosse in Veneto dovrebbero ritornare in Veneto e analoghe richieste – in virtù di un preciso effetto domino – vengono avanzate dalle regioni che godono di un reddito più elevato.
Ciò comporterebbe una duplice conseguenza: da un lato verrebbe meno quel principio di solidarietà che è alla base di qualsiasi convivenza, dall’altro, impoverendo lo Stato, si accentuerebbe ulteriormente il divario, già amplissimo, tra il Nord e il Sud del paese.
Ecco perché certe sortite elettoralistiche sono fortemente dannose. Prima di formularle occorrerebbe far prevalere su ogni altra considerazione il senso di responsabilità.
Ma nel nostro paese, il senso di responsabilità è come il coraggio manzoniano: chi non ce l’ha non se lo può dare.