Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

Mertens e Reina

E la sfida continua…

di Adolfo Mollichelli

 Var(o), Var(o) rendimi le mie luci! Commistione storico letteraria, pensando ad Augusto quando Maroboduo gli consegnò la testa di Varo (rendimi le mie Legioni) e al “Gesù, fate luce” di Domenico Rea. Basta con questi fuorigioco studiati, visionati, sfaccettati, angolati, tridimensionati, costellazionati, influenzati, personalizzati. Incasinati. Basterebbe tornare alla luce, in questi tempi bui. Se c’è luce tra attaccante e difensore è fuera de juego, altrimenti no. Lasciando da parte: alluci, braccia, stomaci, menti con pizzetto o senza. Troppo semplice?

 imagesGià. Altro esercizio filosoficoesoterico che impegna allo stremo i commentatori (a proposito, caro amico Caressa: ricomincia da capo, non va. O ricomincia oppure comincia da capo. Elementare Watson, tu così precisino!) è quello sul fallo di mano.Braccia larghe, accostate al corpo, movimento congruo, volontario, involontario.

E basta! Va considerato, per essere punibile, la mano galeotta, quella che “spinge oltre” la sfera, che l’accompagna. Troppo semplice? Già.

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Adolfo Mollichelli

Intanto, semplicemente, il Ciuccio s’è levato di torno l’appuntamento con la Dea che era stato etichettato come pericoloso. Neanche se zio Maurizio fosse stato Ulisse e l’Atalanta Afrodite. Il piedino galeotto di Mertens, l’acconciatura-cimiero di Hamsik (di qua o di là degli ultimi difensori, la cresta). Buoni entrambi, forse. Napoli sempre primo.

E che faticaccia per la Juve contro il Genoa nell’ultima appendice della seconda di ritorno. Grifoni ingrifati e bianconeri che mantengono il passo, ma con tanto affanno, grazie al golletto di Douglas Costa. Ancora a secco Gonzalo, il bomber dal gol perduto.

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La Juve soffre ma batte il Genoa

Certo che Sarri è un personaggio. Ebbe il veto del Berlusca perché comunista. Di quelli che si mangiano i bambini. Tuta da operaio, sigaretta accesa o mozzicone spento tra le labbra a seconda dei luoghi e dei divieti. Scassambrelle mai visto. Nato per caso a Bagnoli, fa il sudista con l’accento di un Nuti o di un Benigni.

Maurizio Sarri

Maurizio Sarri

 

Non gli sta bene niente a ‘sto toscanaccio. Gli orari, gli anticipi, i posticipi, prima della Juve, dopo la Juve, le vacanze dei suoi, i campionati spezzatini, i terreni scivolosi, troppo freddo, troppo caldo.

Lui vive bene soltanto sotto l’ombra dei droni. Quando può insegnare calcio e va bene che non ci sono portici nella sua Stoa immaginaria. Sai quant’è felice la Lega, non quella del Matteo di …come puzzano i napoletani.

Chissà se s’aspettava – in uno dei maledetti giorni di sosta – di sentire toc toc alla porta della sua casa di Figline Valdarno e sorpresa vedere Aurelio Primo (la montagna che va da Maometto) con in mano un Chianti rosso e sediamoci a tavola e parliamo del contratto.

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Aurelio De Laurentiis

 

Erano i giorni di Verdi sì, Verdi no che sono poi diventati grigi. Perché il comunista Sarri non disdegna il vil denaro. Pecunia non olet. E ha sempre detto che doveva ripagare la famiglia, lui sempre lontano dal focolare domestico, ad esultare per li campi e insomma: voglio diventare ricco. E figurati Aurelio Primo che ha il braccio corto e però che fai? Quest’uomo ruvido sta per portare il Ciuccio per la terza volta più in alto di tutti e devo fare io la prima mossa.

Tra breve, si saprà qualcosa di più chiaro. Opinione personale: se Sarri arriva allo scudetto, andrà via, se non ci arriva, va via lo stesso. Presidente, ti consegno la gloria, meglio non potrei fare. Oppure: presidente, vado dove mi porterà il profumo dei soldi. Entrambe le frasi rigorosamente aspirate.

Inter-Roma 1-1 Vecino risponde a El Shaarawy

Il gold del pareggio di Vecino

Nella nuova epifanìa del campionato molto m’ha intrigato la sfida Champions tra l’Inter cinese e la Roma americana. Sfida tra nove autentici. Icardi, non sciolto come al solito nei movimenti e certamente avrà patito il rossore sulle parti basse, ah quel sole maldiviano preso come mamma l’ha fatto e però il cappellino a coprire ‘o pat d’e creature. Dzeko che aiuta ma non tira mai in porta. Gli skyisti microfonati a dire che gran bella partita, che spettacolo. Forse avranno visto sul monitor un’altra contesa. E comunque, non ho capito le sostituzioni di De Francesco che si chiama Eusebio che hanno tolto sicurezza alla propria squadra e dato certezze ai cinesi spallettiani e difatti è arrivato il pareggio.

Kessie firma la rimonta rossonera

Kessie si scopre goleador a Cagliari

Contento per Gattuso e non solo perché mi è amico antico. Perché sta rivoltando il Milan che Montella aveva accettato e sfigurato per poi andare a procurare guai sotto la Giralda,chi non ha visto Siviglia non ha visto meraviglia. Berlusca, sempre lui, ha fatto sapere che questo Milan non andrà mai a vederlo e giù critiche all’operato di Ringhio. Il quale, naturalmente, se n’è sbattuto ed ha tirato per la sua strada e tirato a lucido Kessie che sembrava l’ombra (è pure scuro di carnagione) del campione futuribile ammirato nell’Atalanta. Vittoria a Cagliari dei rossoneri e tre squadre superate in classifica, uno sfizio per Gennarino che ricordo quando prendeva per il petto Marcello Lippi e lo sbatteva di qua e di là dopo le imprese italiche sotto il cielo di Germania, fino a quel cielo azzurro sopra Berlino. E che volete, ero lì inviato e mi emoziono ancora, dodici anni dopo.

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Quagliarella, tre gol

Ha gamba, esclamano i commentatori per dire di qualcuno che abbia corsa e potenza. Ha gambe e cuore, aggiungo, per l’elogio a Fabio Quagliarella che sta scalando la classifica dei goleador. A 35 anni suonati è lo stesso di sempre. Eppure ne ha passate di disavventure (non calcistiche). Fisico ok, vita da atleta ok.

Ma la dote precipua di Fabio consiste nella scelta intelligente della giocata più efficace. Intelligenza, quella dote che l’aspirante premier dei congiuntivi impossibili invoca per governare. Semplice nelle giocate, come nella vita quotidiana. Quando Fabio vestì l’azzurro fui ricevuto nella casa paterna a Castellammare per il classico pezzo di colore e parole e mi colpì la sua cameretta: semplice, divano letto e poster della sua carriera alle pareti. Si rifugia spesso in quel tempietto dell’umiltà che è rimasto intatto.

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Ciro Immobile

Vola, come l’aquila che ne è simbolo, la Lazio, anche senza Immobile fermatosi davanti ai clivensi per noie muscolari. Cinque gol ai mussi, gli asini che volano. E ancora sontuose giocate di Luis Alberto, del redivivo Nani e di Milinkovic Savic che definii il Pogba bianco. E Lotito, latinista per forza, già si frega le mani e pensa all’asta mondiale in atto per accaparrarsi il talento serbo. Sempre per il solito motto pecunia non olet. Certo è che fossi in Lotito innalzerei un monumento a Tare che ha occhio di falco nello scegliere i giocatori di razza. In casa dell’aquila. La Lazio è l’unica società che guarda lontano. E per forza, direte.

 

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