di Ottorino Gurgo
Nella generale confusione che caratterizza la situazione politica del nostro paese, una cosa appare certa: il peggior prodotto della legislatura recentemente conclusa è stato la legge elettorale con la quale il prossimo 4 marzo ci accingiamo a eleggere il nuovo Parlamento.
Costretti da una sentenza della Corte costituzionale a varare il nuovo sistema di voto, deputati e senatori lo hanno fatto nel mondo peggiore perché se l’obiettivo preminente di una legge elettorale è quello di far sì che i cittadini possano decidere da chi vogliono essere governati, i fatti stanno inequivocabilmente a dimostrare che l’obiettivo è stato clamorosamente fallito.
Analizzando, infatti, le prospettive post-voto, appare quasi impossibile prefigurare – sondaggi alla mano – la formazione di una maggioranza in grado di guidare il paese, dato che non vi è forza in grado di ottenere una messe di voti tale da consentirle di governare da sola.
Si dovrebbe, dunque, procedere con il metodo delle alleanze. Ma chi si alleerà con chi?
Allo stato attuale l’ipotesi meno irrealistica che gli osservatori riescono, non senza sforzo, a formulare è quella di un’intesa tra i cinquestelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini, due forze tra le quali il dibattito in corso fa emergere affinità sempre più evidenti.
Ma non nascondiamoci dietro un dito: un esecutivo Lega-cinquestelle avrebbe, per l’Italia, conseguenze nefaste: ci allontanerebbe dall’Europa come i nostri partner in modo più che esplicito (e, per la verità, non del tutto corretto) ci hanno fatto capire; danneggerebbe pesantemente la nostra economia annullando in un sol colpo i segni di ripresa che si sono registrati negli ultimi tempi e faticosamente raggiunti; scatenerebbe un’orgia di populismo della quale non si sente, francamente, bisogno alcuno. Per contrastare l’avvento di un governo Lega-cinquestelle esiste, forse (e sentiamo il dovere di sottolineare con la matita rossa e blu il “forse”) una sola possibilità quella di un accordo da stipulare, in una sorta di nuovo “patto del Nazareno”, tra il Pd e Forza Italia.
E’ un accordo (al quale dovrebbero aggregarsi altre forze minori) che, allo stato i diretti interessati negano perentoriamente relegandolo nel novero delle cose impossibili. E, certamente, facile non è, anche perché – sia detto a chiare lettere – non piace quasi a nessuno..
Ma Renzi e Berlusconi, appaiono consapevoli che, turandosi entrambi il naso, potrebbero esservi costretti dalla forza degli eventi e con il non facile compito di farlo ingurgitare alle rispettive basi. Insomma, a vincere sarebbe lo stato di necessità.
Non è da escludere, peraltro, che nessuna delle due alleanze che abbiamo prefigurato (Lega-cinquestelle e Pd-Forza Italia) riesca ad ottenere la maggioranza. In tal caso due sarebbero le possibilità: un ritorno alle urne che aprirebbe scenari imprevedibili e che dovrebbe, forse, essere preceduto da una vera legge elettorale che sostituisca il “mostro” con il quale andremo a votare il 4 marzo o un “governo del Presidente”, del tipo di quello evocato da Massimo D’Alema che sarebbe, tuttavia, esposto a tutti i venti e sulla cui stabilità e capacità di operare tra spinte contrapposte, è lecito nutrire più di un dubbio.
(nella foto di copertina Indro Montanelli e Ottorino Gurgo ai tempi del glorioso Giornale)
Ho letto con attenzione il suo articolo. Centinaia di parole per spiegare che siccome è stata fatta (da quelli che lei vorrebbe al governo) una legge elettorale sballati, è più logico che a governare siano PD e forza Italia piuttosto che il partito più eletto dagli Italiani. Questo avrebbe senso se i partiti che lei propone per la salvezza del paese non avessero già governato portando il nostro paese alle miserie attuali. Lei scrive molto bene ma era più credibile se in poche parole scriveva che preferisce al governo quelli che piacciono a lei.