Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Avanti Sarri, alla riscossa maglietta rossa

di Adolfo Mollichelli -

Tutto è compiuto. Campionato e week end entusiasmanti fino alla fine. Al settimo sigillo di Madama, al secondo posto con punteggio record (91 punti) del Napoli, si sono aggiunti gli ultimi verdetti. Roma terza forza in assoluto. Milan in Europa League senza dover passare dalla noia dei preliminari che, invece, toccheranno all’Atalanta. Inter in Champions dopo un digiuno di sei anni. Lazio a leccarsi ferite dolorose. Crotone, battuto al San Paolo, in B insieme con Verona e Benevento. L’addio di Buffon alla Juve. La finale perduta ai rigori dagli under 17 azzurri al cospetto degli olandesini scafati e fallosi che ve li raccomando. 

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In cinquantamila al San Paolo per la mozione degli affetti. Sarri resta con noi, litania simile al noto canto religioso (non ci lasciare). L’inchino del messia delle geometrìe euclidee. Il “sì” che non arriva. Aurelio Primo che tuona “tempo scaduto”. Voglia d’altro dell’uomo in tuta. Desiderio di cambiare del presidente-amministratore (unico). I componenti del movimento sarrista – ricco di donne che indossano magliette rosse: avanti Sarri, alla riscossa e quel che segue – in lacrime rigorosamente napulitane. L’agape casalinga e quella nel ristorante affacciato sul mare che bagna Napoli non sono state sufficienti a svelare l’arcano che poi tanto arcano non è. Strano, perché di solito in vino veritas.

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Christian Maggio

Era de maggio Canti, cori, lacrime, olé e alé e neanche un minuto per Maggio nel mese di maggio. Insensibilità verso un atleta esemplare, sempre pronto quando si è avuto bisogno di lui. Lascia Reina, da Castelvolturno a Milanello che è tanto bello Davvero. Prati infiniti tra boschi odorosi, aiuole, campi d’allenamento. Non c’è più Diablo, il pastore tedesco che accoglieva all’ingresso rossoneri ed ospiti e inviati. Piàcciono Jorginho e Mertens nella terra di Harry e Meghan, duca e duchessa del Sussex. E’ allettato dalla Cina il capitano con la cresta. E’ pur sempre una miniera d’oro Koulibaly, l’angelo nero che violò Madama davanti a mezzo mondo. Siamo al momento della programmazione. E delle scelte da operare, in entrata e in uscita. Nell’anno del mondiale è pericoloso attardarsi. Spesso accade che un semi-campione valga tanto di più dopo una rassegna iridata giocata al massimo. Naturalmente, vale anche il contrario. E più di ogni altro consiglio, vale il detto tutto nostro: chiacchiere e tabacchere ‘e legno ‘o Banco ‘e Napule non se ‘mpegna.

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Matías Vecino

 Il dragone-biscione in Champions La Milano che opera e che lavora e che nel calcio deve ringraziare i cinesi (ricordate i tempi in cui si diceva: la Cina è vicina) s’assesta nell’Europa minore grazie al Milan di Ringhio Gattuso che s’è rivelato tecnico di valore e uomo saggio (lui che in campo era un forsennato) mai banale nelle spesso stucchevoli interviste dei vari microfonati spesso banali nelle loro domande che neanche un alunno di prima elementare penserebbe di rivolgere.

E poi, c’è l’Inter che dopo sei anni torna a sentire la musichetta della Champions tanto bella e ricca. Spalletti il filosofo ha respinto l’assalto di Inzaghino che dovrà accontentarsi, a parità di punti, dell’Europa minore ed a Lotito detto Lotirchio poco è mancato che gli venisse un colpo. Spareggio entusiasmante, non c’è che dire.

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Simone Inzaghi

Lazio funambola per buoni settantacinque minuti durante i quali ha raccolto meno di quanto meritasse. E poi, i cambi sbagliati che rovinano tutto: quelli di Inzaghino che non ha saputo replicare alle trovate del pelato che passeggia nell’area tecnica guardando a terra, confuso tra pensieri, parole, opere ed omissioni. Come se non gliene fregasse granché di quanto accade sul campo.

E il fallo da rigore di De Vrij, intervento quanto meno scomposto, quello dell’olandese che, già interista, s’è sentito per tre quarti di match in Champions con la Lazio e poi definitivamente in Champions con la maglia nerazzurra. Se fosse capitato a Madama, apriti cielo.

La Lazio è bella nella manovra, ma ha cedimenti improvvisi inspiegabili. Come a Strasburgo. E se fossi in Lotito-Lotirchio multerei pesantemente Lulic che già ammonito s’è fatto espellere per un secondo fallo quantomeno gratuito. Non è sempre colpa degli arbitri, e che diamine!

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Gianluigi Buffon

Bye bye Buffon. Arrivederci Juve dopo 17 anni, magari da manager. Giocherà ancora, forse. Ma oltralpe. Parigi chiama. Non Macron bensì lo sceicco Al-Khelaifi che di nome fa Nasser: una potenza, in breve. Da inviato, insieme con Buffon (per lavoro) ci sono stato tante volte. A cominciare dal giorno dell’esordio in A (19 novembre ’95), aveva 19 anni. Nevio Scala lo lanciò tra i pali al posto di Nista (attuale preparatore dei portieri del Napoli). Disse: gioca il ragazzino. Di fronte il Milan stellare. Finì zero a zero, grazie soprattutto a tre parate di un altro pianeta di Gigi.

C’ero anche nella sua prima in azzurro (29 ottobre 1997) contro la Russia, nel gelo di Mosca. Eravamo l’uno sull’altro sotto una tettoia di lamiera a contenderci un posticino per non far bagnare il computer.

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29 ottobre 1997 il debutto di Buffon contro la Russia

Ringrazio ancora il corrispondente da Mosca del Mattino (eh sì, erano altri tempi per il giornale che lascerà il Chiatamone per una delle torri di proprietà di Caltagirone nel centro direzionale) che ebbe la geniale idea di portare con sé numerose bottigliette di vodka. Che calore, e va bene che grazie alla mia dolce Rosaria (me li aveva riposti lei in valigia a mia insaputa ma nulla c’entra Scajola) avevo già di mio mutandoni di lana e maglioni e giaccone che sembravo l’omino della Michelin.

L’approfondimento umano avvenne durante il ritiro ed il mondiale tedesco. Se gli azzurri di Lippi alzarono la coppa sotto il cielo di Berlino lo si dovette – per l’ottanta per cento – alle straordinarie parate di Gigi che in tutto il mondiale fu battuto soltanto due volte: da un’autorete di Zaccardo (fidati dei compagni) e dal rigore di Zidane nella finale della capocciata di Zizou a Materazzi. Barba incolta, Gigi viveva le vigilie e le partite come se fossero una sfida tra lui e il mondo intero.

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Mi colpì la risposta che mi dette dopo Italia-Repubblica Ceca, quasi una sfida tra Lui e Nedved suo compagno nella Juve. Gli chiesi: Pavel ti ha tirato bordate micidiali da ogni posizione…e lui “Si vede che ha poca stima nei miei confronti”. Inutile ricordare tutti i trofei vinti da Gigi, tra Parma, Juve e Italia. Credo che sia da annoverare tra i primi cinque più grandi portieri di ogni tempo.

Golden boy Credo che in pochi abbiano seguito la finale europea tra Italia e Olanda Under 17. E’ stata una partita meravgliosa, grazie soprattutto agli azzurrini guidati da Carmine Nunziata. Hanno perduto ai rigori dopo che i tempi regolamentari si erano chiusi sul 2-2. Stupende le nostre segnature, fortunose quelle degli olandesotti. Tutti bravi gli azzurrini, ma uno in particolare mi ha incantato e non solo per il gol alla Del Piero che ha realizzato. Si chiama Alessio Riccardi, gioca nella Roma. Non vorrei sbagliare ma a me pare un predestinato. Buon mondiale a tutti. E al prossimo campionato.

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