di Ottorino Gurgo
Al tavolo dei perdenti di quel non edificante spettacolo che sono state – anche a causa di un balordo sistema di voto – le elezioni del 4 marzo scorso, siede un convitato di pietra, non riconosciuto dai più, che si nasconde sotto le mentite spoglie del vincitore.
Questo convitato di pietra si chiama Beppe Grillo. Si dirà: quale assurdo annoverare tra i perdenti l’uomo che ha portato in pochi anni il suo movimento ad essere – risultati alla mano – la prima forza politica del paese. Eppure, anche se può apparire assurdo, siamo convinti che il dopo voto abbia dimostrato in modo inequivocabile che Grillo è uno dei grandi sconfitti delle elezioni.
L’ex comico genovese ha costruito le sue fortune sulla cosiddetta “politica del vaffa”, vale a dire sulla contestazione globale, dura e oseremmo dire brutale, dell’intero mondo politico.
Approfittando del particolare momento che la vita sociale del nostro paese stava attraversando, Grillo è stato uno straordinario agit prop, un agitatore, un propagandista, abilissimo nello scatenare la protesta. Ma un agit prop non è un uomo politico che deve avere altre doti e soprattutto deve avere la capacità di trasformare la protesta in proposta.
Ed è qui che l’ex comico è venuto meno. Il dopo voto ha, infatti, dimostrato che sia lui, sia i suoi seguaci, altro non sono che dei dilettanti allo sbaraglio e in politica – nonostante siano in molti a pensarla diversamente – il dilettantismo, alla lunga non paga.
Da dilettante qual è, Grillo non è, infatti, in grado di pilotare negli impervi sentieri della politica il suo pupillo Di Maio. Ed è proprio questa incapacità a vanificare l’ampia vittoria ottenuta il 4 marzo; una vittoria il cui valore si sta fortemente ridimensionando.
I recenti risultati delle elezioni regionali del Molise prima è del Friuli Venezia Giulia poi, con il forte calo dei voti ottenuti dai Cinquestelle rispetto alle “politiche” di due mesi fa – con tutti i limiti che si possono attribuire a una consultazione locale – non possono non far suonare più di un campanello d’allarme dalle parti dei grillini.
Sbaglieremo, ma abbiamo l’impressione che, nonostante il successo del 4 marzo, il primo ad avvertire il suono di questo campanello d’allarme è stato proprio Beppe Grillo. L’uomo è tutt’altro che sciocco e, forse, non è un caso che, negli ultimi tempi, sia andato progressivamente defilandosi, dall’attività del Movimento e abbia ripreso la sua carriere di attore.
Il dubbio è che proprio la vittoria elettorale e quel che ne è seguito, lo abbia reso consapevole di essersi imbarcato in un’avventura più grande di lui.
Già nelle prossime settimane potremo renderci conto di quanto questo dubbio sia fondato.