Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Matrioska mundial

di Adolfo Mollichelli

Scatta il mondialone di Putin. Ci siamo. Anzi: ci sono loro. Tutte le Nazionali più blasonate tranne l’Italia quattro volte campione che il presidente federale delle banane affidò al ct gorilla. Sessant’anni dopo la prima volta, Svezia ’58, l’anno magico che fece conoscere all’orbe terraqueo Edson Arantes do Nascimiento: Pelé. Squadre iscritte 32, partite da disputare 64, giorni di gara 31, città ospitanti l’evento 11, ouverture 14 giugno, finale 15 luglio. 

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Otto gironi all’italiana di 4 squadre, agli ottavi le prime due. Partita inaugurale Russia-Arabia Saudita, sai che lagna. La grande novità è che gli occhi del Var vigileranno sulla regolarità delle azioni. Niente gol fantasma – l’inglese Hurst nella finale con la Germania – e niente mano de dios a far incazzare i britannici. No se puede.

Si se vee. Ci vorrebbe un olé ma mi astengo. Le pluridecorate in campo: Brasile pentacampeòn (5 titoli), Germania (4), Uruguay e Argentina (2), Inghilterra, Francia e Spagna un titolo a testa.

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Adolfo Mollichelli 4

Adolfo Mollichelli

Salam aleik, nutrita la rappresentanza araba: Egitto, Marocco, Tunisia e Arabia Saudita che è ricchissima sin dai tempi in cui quel genio di Rino Gaetano cantava “spendi, spandi, spandi, spendi effendi”. E c’è l’Iran e ‘o Senegal di Kalidou Koulibaly in omaggio a Pinuccio nostro e per compiacere brigate sarriste e (forse) Carletto Ancelotti o la borsa di Aurelio Primo.

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Lionel Messi

Meravigliosi contorni – ma il cus cus è sublime – accanto a piatti d’eccellenza: l’asado di Messi, la feijoada di Neymar, la brotsuppe di Muller, la paella di Piquet, il foie gras di Pogba. 

Dibattito aperto: fare finta che il mondiale non ci sia o scegliersi la Nazionale di riserva. Quesito che ci riguarda da vicino. Finiremo un po’ tutti col seguire questa rassegna iridata racchiusa nella matrioska  che per noi è come se rileggessimo Delitto e castigo. Personalmente, anche per ragioni professionali, lo vedrò.

Fino al momento del “linea allo studio”, degli insopportabili bla-bla-bla. Nun ve reggae più. Anche perché è datato 1954 il mio primo mondiale e indossavo i calzoni alla zuava, d’inverno. Le discussioni a tavolino sono insopportabili.

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Potrebbero avere una certa utilità se qualche genio accendesse la lampada e ci fornisse, per esempio, il nome di un asso in vetrina in procinto di venire a giocare in una squadra italiana. Sono quasi certo che Righetto ci spiegherà che non siamo al mondiale perché solo catenacciari. Tirerà fuori la solita frase: Churchill diceva che gli Italiani giocano le partite di calcio come fosse una guerra e che vanno in guerra come ad una partita di pallone. E basta, per favore. Il nostro calcio non sarà mai stato esteticamente bello, ma terribilmente efficace sì. E ne fui buon testimone, da appassionato prima e da inviato al seguito poi.

A questo punto mi chiederete un pronostico, vero? Mai fatto in vita mia. E non c’è bisogno della zingara p’andivinà che ‘o Brazil è tornato grande; che la Germania quando le va male è semifinalista; che l’Argentina è una macchina da gol con i suoi Messi, Dybala, Higuain, Di Maria, Aguero; che la Francia di Griezmann e Pogba e Martial e Mbappé è un crac; che la Spagna è la Nazione più di tutte proiettata nel futuro e pure nel presente (Real campione in Champions, Atletico in Europa League); che l’Uruguay di Suarez e Cavani e Godin e Jimenez ve la raccomando.

Oscar Tabarez

Oscar Tabarez

Ecco, la Celeste di Oscar Tabarez ha la mia simpatìa. Perché è sudamericana nel pensiero e india nel cuore. E perché fu clamorosamente Davide contro il Golia brazilero nel giorno del Maracanazo (sconfissero i brasiliani padroni di casa in finale). Inducendo la federazione carioca a cambiare perfino il colore delle maglie che erano azzurre con colletto bianco, un po’ come quelle del Napoli di Posio e Comaschi. Ghiggia e Schiaffino fecero piangere una nazione intera e non solo (si contarono centinaia di suicidi). Ghiggia giocò nella Roma e nel Milan.

Qualche tempo fa, disse in un’intervista: “Solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanà: Frank Sinatra, Papa Woityla e io“. Schiaffino si trasferì nel Milan a miracoli mostrare. Il capitano di quell’Uruguay era Obdulio Varela, pelle olivastra e uno sguardo da fa paura.

Radja Nainggolan

Radja Nainggolan

Mi sta simpatico anche il Belgio che ha fior di campioni da rinunciare a cuor leggero ad un trattore umano come Nainggolan. E però è geniale nel lentigginoso De Bruyne, possente nel gigantesco Lukaku, frizzante in Mertens che però in casa sua torna a fare l’esterno, imprevedibile in Hazard, e tra i pali ha quel lungagnone-tiramolla di Courtois che è il sosia spiccicato di Nando Paone. Il metronomo Modric guida la Croazia ricca di campioni, molti dei quali giocano nel nostro campionato: Mandzukic, Brozovic, Perisic, Kalinic. Sono curioso di vedere in quali condizioni starà Salah (rima non cercata) dopo la presa di karate con la quale Sergio Ramos eliminò l’asso egiziano dalla finale di Champions tra Real e Liverpool.

Si gioca nella madre Russia ma in panchina si parlerà spagnolo. Sono undici infatti i ct di lingua castigliana, tra i quali quattro argentini.

ITALIA

La “grande bruttezza” Italia

Viene dalla Pampa Jorge Sampaoli, el conducator dell’Argentina. Che a me fa tanto ridere per quel suo agitarsi a scatti nell’area tecnica. Dicono che sia indagato per molestie sessuali.

Un mondiale senza gossip sarebbe troppo noioso. E per sventurata Ventura senza l’azzurro tenebra.

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