di Adolfo Mollichelli
Tetelestai. Tutto è compiuto. La frase biblica ci sta tutta perché anche a Mosca il cielo s’è squarciato sui protagonisti del mondiale, detto di Putin. E infatti lo zar era l’unico ad essere protetto da un ombrello durante il diluvio che ha inzuppato Macron, la bella bionda presidentessa croata e tutti gli altri vip e meno vip durante la cerimonia di premiazione.
Alé le Bleus, dopo di noi il diluvio, subito. Altro che Luigi XIV. La Francia multirazziale nata in Africa è campione del mondo per la seconda volta.
Vent’anni dopo, alla Dumas, il primo trionfo, battendo il Brasile di uno spento Ronaldo, il dentone. Si appunta sul petto la seconda stella e raggiunge Uruguay e Argentina. Il tetto del mondo non è per tutti, respinge la voglia di nuovo. Dal 1930 ad oggi soltanto otto Paesi hanno trionfato: Brasile (5), Germania e Italia (4), Uruguay, Argentina e Francia (2), Inghilterra e Spagna (1).
Ha vinto la Francia e vive la France. Ha perduto la Croazia e viva anch’essa. Perché ha giocato un mondiale dispendioso (supplementari con Danimarca, Russia e Inghilterra) senza mai rinunciare ad un gioco piacevole.
Bravo Dalic, ct voluto da Suker in corso d’opera. Bravissimo Deschamps, una vita da mediano alla corte della Juve di Lippi. Sul tetto del mondo anche da giocatore (capitano dei galletti nel ’98) come Zagallo e Beckenbauer. Alé. Ha vinto giocando all’italiana. Marcando a uomo gli avversari in attesa che si aprissero davanti le praterie per le corse da destrieri di Griezmann e Mbappé. Il ragazzo di Bondy miglior baby del mondiale sulle orme di Pelé.
La Francia è stata sotto soltanto in una partita, per 9 minuti, contro l’Argentina negli ottavi. Ha sempre comandato il gioco: sia in attesa che in ripartenza. Deschamps il temporeggiatore. Certo, l’ha potuto fare. Perché se hai un centrocampo formato da Pogba, Kanté e Matuidi, più Tolisso e Nzonzi, ti puoi permettere di primeggiare in ogni fase tattica. Finale godibile, a tratti affascinante.
E’ successo di tutto. Compreso le cappellate di Subasic e Lloris. E va bene che nello stesso giorno, in mattinata, Buffon ne aveva presi due in amichevole, nella prima uscita con la maglia del Psg, dallo Chambly che milita nella serie C francese. La deviazione leggera, di testa, di Mandzukic non te l’aspettavi. E’ successo.
Poi, il guerriero croato che tutti chiamano Marione, s’è rifatto facendo la prua su Lloris. La prua: cioè il primo attacco al portiere, una delle passionacce di Arrigo Sacchi. Considerava quel primo pressing, l’inizio di tutto il piazzamento del resto della squadra. Mi sono rimaste impresse nella mente due giocate, su tutte. Il maestoso gol di Perisic. E la sventagliata a tagliare il campo di Pogba per il contropiede di Mbappé. Quest’ultima giocata sottaciuta dai commentatori: prima voce, seconda, terza e via di seguito.
E’ stato un mondiale accettabile. Reso vivo dalle europee, dopo il tracollo dell’Argentina – quasi annunciato – e del Brasile di Puffo Neymar. M’è piaciuto molto il Belgio, terzo con rimpianti vari. Forse la squadra più completa.
Dal portiere Courtois all’immenso Hazard, dalla regìa di Witsel alla celerità di pensiero e azione di De Bruyne, dalla potenza di Lukaku (spompato però nel momento decisivo) alla sapienza difensiva di Kompany.
Mi ha deluso l’Inghilterra che però ha piazzato Kane come capocannoniere del torneo ed è già tanto. Mi ha affascinato la Croazia che è stata un mix di classe, potenza e carattere.
Col genietto Modric in evidenza e che considero da Pallone d’oro. Intanto, è stato premiato come migliore giocatore del mondiale. E un 10 d’obbligo lo assegno a Griezmann che è attaccante moderno e che ha tutto: intelligenza, velocità, tiro. Grandi, quasi tutte, le prestazioni di Pogba che quando fa il giusto necessario – senza eccedere in fronzoli di troppo – è giocatore di un altro pianeta.
Il calcio è bello perché vario. Intanto, questo mondiale ha detto che il tiqui taca spinto fino all’ossesso non paga più come una volta. Se le trame non si velocizzano, rischi di addormentarti sul divano e pure i tiquitachi in campo. A volte, le squadre un po’ più lunghe – o apparentemente corte – regalano le giuste emozioni. A Brera sarebbe piaciuto l’esito di questo mondiale. Tutto sommato, nel mio piccolo, è piaciuto anche a me.