Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Portogallo, sostieni Mancini…

di Adolfo Mollichelli -

La prima Italia di Mancini detto il Mancio nella Bologna che lo battezzò campione di rara bellezza è stata ad un passo dall’essere deprimente. Forse incantata dalla superiorità  tecnica e tattica messa in mostra dai polacchi che sono pur sempre figli di Chopin. Nella città di Lucio Dalla, più di attenti al lupo altro non s’è ascoltato.

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Roberto Mancini

Ammirato Zielinski il napoletano che deve avere un conto personale aperto con il Donnarumma dai colpi di reni fenomenali e dai piedi che sono due ferri da stiro. Il torello Piotr ha rifilato ben tre gol al gigante di Castellammare, tra Milan e Nazionale. certo è che avere accanto un colosso, in tutti i sensi, come Lewandowski agevola i compiti di incursore letale.

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Adolfo Mollichelli

Polacchi, volti amici. Da Glik che fu colonna difensiva del Toro ai doriani Bereszynski e Linetty, dal genoano Piatek  allo juventino Szczesny (un codice fiscale), dal felsineo Skorupski all’altro napoletano Milik, gli ultimi tre non entrati nella mischia.

C’era da trasalire ai nomi della coppia di terzini, una volta, ora esterni bassi ma con licenza di alzarsi: Zappacosta a destra, Biraghi a sinistra. Il primo ha il merito che nun s’a scorda ‘a mamma. Il secondo l’attitudine a colpire gli avversari quando crossa. Un tiro al bersaglio, come al luna park. Una volta, avevamo Gentile e Cabrini, Burgnich e Facchetti, Tassotti e Maldini e prima ancora Robotti e Castelletti.

Jorginho e Zielinski, gli autori dei gol

Jorginho e Zielinski, gli autori dei gol

E che cosa ci può fare il povero Mancini l’elegantone che si porta appresso Chicco Evani con baffi alla Chaplin, si dirà. D’accordo. Ma benedetta Eupalla, mi dovrà pur spiegare il Mancio con ciuffettino alla premier il centrocampo-aborto formato da Gagliardini colosso d’argilla, Jorginho orfano di Sarri euclideo e l’evanescente Pellegrini che qui a Napoli è il nome di un ospedale. Per tre quarti di gara, il povero Chiellini ha dovuto cantare e portare la croce, un occhio a Lewa e appena possibile la ricerca dell’impostazione. Con quel sinistro possente e legnoso e col destro quasi nullo.

Lorenzo Pellegrini

Lorenzo Pellegrini

Comunque, un capitano coraggioso. E un’ultima cosa, la vorrei chiedere al Mancio che ha sarto a Napoli: Lasci perdere il caro figlioccio nero, Balotelli, che sta campando di rendita a Nizza dove nacque Garibaldi e che forse finirà col giocare a Caprera. Svogliato Insigne, volenteroso ma pasticcione Bernardeschi che a Firenze chiamavano Brunelleschi.

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Ma dico io, e stavolta come le formiche nel mio piccolo m’incazzo pure, ma come si fa a lasciare dinamite-Chiesa (chiedo perdono a Bergoglio) fuori dalla formazione titolare e dare il contentino a Belotti detto il gallo e zero minuti a Immobile. Misteri del calcio. Lunedì di nuovo in campo, a Lisbona contro il Portogallo senza CR7. Sostiene Mancini…

 

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