Ottorino Gurgo

Ottorino Gurgo

Ottorino Gurgo, scrittore e giornalista italiano. E’ stato per molti anni notista politico de Il Giornale al fianco di Indro Montanelli. Poi capo della redazione romana de il Mattino, direttore del Roma, editorialista del Giorno e dell’Informazione. E’ stato conduttore della rubrica politica “Il Punto” per il Gr2. Autore di numerosi saggi tra i quali "Vietnam controrapporto", "Perché i Kennedy muoiono", "Sciascia" e "L’illuminista cristiano".

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Fragili, fragilissimi
Anzi, fortissimi…

  di Ottorino Gurgo 

 Può sembrare un paradosso, ma forse è nella sua fragilità più che nell’ampia maggioranza parlamentare di cui dispone, l’elemento di forza del governo gialloverde. Basta – per rendersene conto – far riferimento a tre personaggi che hanno, al suo interno, un ruolo determinante.

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Tria, Conte e Di Maio

Partiamo dal presidente del Consiglio. Molti considerano Giuseppe Conte privo di ogni effettiva autonomia, costretto a barcamenarsi tra le spinte contrapposte di leghisti e pentastellati.

Ma è proprio questa sua disponibilità ad assecondare ora gli uni ora gli altri, senza voler imporre un proprio punto di vista (che probabilmente non ha) a consentirgli di restare al timone di un esecutivo le cui decisioni sono prese da altri.

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Ottorino Gurgo

Insomma Conte non dà fastidio ed è questa – a ben vedere – la principale ragione per la quale viene tenuto al suo posto. È probabilmente la stessa ragione per la quale i cinquestelle lasciano che a guidarli sia Luigi Di Maio.

All’interno del Movimento pentastellato esistono certamente personalità di maggior spicco rispetto all’attuale vice presidente del Consiglio (pensiamo a personaggi come il presidente della Camera Roberto Fico o a Alessandro Di Battista).

Roberto Fico e Alessandro Di Battista

Roberto Fico e Alessandro Di Battista

Ma nel Movimento ci sono anche forti contrasti sulla linea politica da seguire. Proprio per questo i due veri leader, Beppe Grillo e Davide Casaleggio (che preferiscono non esporsi in prima persona) hanno scelto di affidare la guida del Movimento a Di Maio, ritenendo di poterlo pilotare a proprio piacimento, come in effetti fanno.

Ecco che, ancora una volta, come dicevamo all’inizio, la fragilità finisce con il rivelarsi, per chi ne è espressione, un punto di forza. Sarebbe del tutto improbabile, infatti, che Di Maio pensasse di seguire una sua linea politica diversa da quella di coloro che lo hanno collocato al posto che attualmente occupa. La stessa cosa non potrebbe dirsi per altri che sarebbero portati a rivendicare una loro autonomia.

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Di Maio e Tria

Quella dello “yesman”, come i fatti, inequivocabilmente dimostrano, è una posizione che paga. E, al riguardo, è difficile non far riferimento al ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Tria aveva affermato, a chiare lettere che mai e poi mai avrebbe accettato, come richiesto dai due vicepresidenti del Consiglio, di portare il deficit-Pil al 2,4 per cento, sostenendo l’opportunità di mantenerlo entro l’1,6 per cento per evitare i contraccolpi sui mercati che, in effetti, si stanno verificando e per non inasprire ulteriormente i già tesissimi rapporti con l’Unione europea.

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Giovanni Tria

Ebbene, alla fine, Tria ha chinato il capo ed è rimasto al suo posto, sostenendo di farlo nell’interesse della patria e confermando, tra l’altro, quanto sia ormai fuori moda l’istituto delle dimissioni.  Anche questa, peraltro, è una manifestazione di fragilità che si traduce in elemento di forza.

È lecito, tuttavia, domandarsi, tuttavia, con quale credibilità, con quale autorevolezza egli possa d’ora in avanti presentarsi al cospetto dei suoi partner europei. Ma tant’è. Tria rimane al suo posto proprio grazie alla sua debolezza, fino a quando chi conta realmente non deciderà di sostituirlo.

 

 

 

 

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