di Ottorino Gurgo -
Abbiamo quotidianamente modo di constatare come la morte delle ideologie e il tramonto dei partiti che ha fatto seguito alla caduta della Prima Repubblica provocata dalla furia devastatrice di Tangentopoli, abbiano radicalmente trasformato la vita politica del nostro paese. Diceva Pietro Nenni che la politica cammina sulle gambe degli uomini. Così è accaduto che, privata del riferimento delle ideologie e dei partiti tradizionali, l’opinione pubblica ha concentrato la propria attenzione sulle persone che interpretano la politica, spesso prescindendo dalle loro appartenenze.
Si è in tal modo affermato quel fenomeno che i politologi catalogano sotto il nome di “leaderismo” nel quale sono i leader dei partiti (ridotti a comitati elettorali) che vengono proiettati in primo piano. Basti pensare, per rendersene conto, al “caso”, attualissimo, di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio e, stando ai sondaggi considerato uno dei politici più popolari. Di lui, tuttavia, non si sa con precisione quale sia la collocazione partitica e nessuno sembra interessarsene più di tanto.
Ad attirare l’attenzione della gente non sono le forze politiche, i loro programmi, le loro proposte. Sono i leader: Salvini, Grillo, Renzi. E si afferma la teoria dell'”uomo solo al comando”, mentre cambiano le stesse modalità della propaganda politica.
La diffusione delle idee interessa poco o nulla. Quella che deve essere pubblicizzata e “venduta”, come si conviene ad un’operazione di marketing, è l’immagine di colui che si vuole presentare come leader e così si finisce con il personalizzare al massimo quello che dovrebbe essere il messaggio.
Insomma, il politico viene propagandato, secondo i più rigidi canoni della società dei consumi, come si propagandano un dentifricio o una saponetta o una bibita. E, in queste condizioni, la politica, quella vera, viene relegata in secondo piano.
C’è soprattutto da chiedersi se questo leaderismo avanzante sia compatibile con la democrazia o ne sancisca la fine, sfociando, inevitabilmente in quel leaderismo che ne sancisce la morte.
Viene meno, infatti, quel principio della rappresentanza che è alla base della democrazia parlamentare. Non possiamo non domandarci, allora, se non sia proprio questa la fase che i nostro paese sta attraversando, il passaggio, cioè, dalla democrazia parlamentare sulla quale si fonda la Costituzione vigente, ad un sistema politico diverso, anch’esso etichettato dai suoi fautori come “democratico”, ma che, alla resa dei conti, fa tornare alla mente le “democrazie popolari” di infausta memoria.