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Matteocrazia

di Gianpaolo Santoro

Ha un passato in pantaloncini corti e fazzoletto intorno al collo. Boy scout, insomma. Ha un’attrazione fatale per riflettori e televisione, una sorta di dipendenza. Del resto da giovanissimo partecipò ad un telequiz, canali Mediaset ovviamente 

Ha anche un grande amore, il calcio. Pantaloncini e maglietta ama sgambettare appena può, peccato ci sia quel pallone fra i piedi. Già, perché più abile e più veloce è con le mani: twittatore incallito, neanche il tempo che succeda qualcosa e zac, in pochi minuti, ecco arrivare implacabile il suo hashtag d’autore. Ha sempre fretta, terribilmente fretta. Non riesce un giorno a stare fermo. La parola d’ordine e movimentismo. Da qualche mese è alla guida del suo partito ed è stata rivoluzione vera: abbattuti antichi tabù, sfatati vecchi totem, è uscito dalla consueta riserva di caccia per andare alla conquista di voti e volti, un nuovo elettorato di riferimento. E con successo. In un anno ha mandato a casa un’intera classe dirigente, accantonandola prima, facendola completamente fuori dopo. Rottamandola, si potrebbe dire. Non subisce il minimo fascino della contestazione giovanile di quegli anni che, una volta si diceva, avevano cambiato il mondo. Ma non era il suo mondo: lui nel sessantotto non era neanche nato, figuriamoci… Nel “sentiment fiducia” del popolo italiano, settimanalmente monitorato dai sondaggisti, è ormai stabilmente in posizione prominente e guarda dall’alto in basso i vari Grillo, Berlusconi, Monti e comparse vecchie e nuove. Come è logico molti amici, moltissimi nemici. Il nemico, più nemico, uno che gli sta proprio sulle scatole? Non c’è dubbio Massimo D’Alema, con lui sono sempre scintille. Vabbè, ormai è come giocare a carte scoperte, si sarà capito che stiamo parlando di Matteo. Renzi? Ma no, Salvini

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Salvini e Renzi

Quando si dice le combinazioni astrali, quella recondita armonia che a volte lega i destini degli uomini a quelli dei loro nomi. Renzi e Salvini sembrano essere due gemelli dizigoti, due personaggi nati di uno stesso autore.

Salvini e Renzi, il tempo dei quiz

Salvini e Renzi, al tempo delle mele e dei telequiz

 

Tutti e due boy scout, tutti e due hanno partecipato ad un quiz televisivo (la ruota della Fortuna Con Mike Buongiorno Renzi, Doppio Slalom con Corrado Tedeschi  Salvini), tutti e due in poco meno di un anno hanno asfaltato le vecchie classi dirigenti del loro partito (la nomenclatura dell’ex Pci Renzi, il “cerchio magico” di Bossi Salvini), tutti e due hanno sradicato qualsiasi tipo di steccato ideologico ed hanno cominciato a rivolgersi ad un elettorato più ampio di quello storico di riferimento, abbattendo il consunto mito della destra e della sinistra: in definitiva né di destra né di sinistra o per dirla tutta sia di destra che di sinistra.

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Matteo Renzi giovane

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Matteo Salvini giovane

Tutti e due hanno in D’Alema, il nemico prediletto. “Ogni volta che parla aumentano i miei consensi” ama ripetere Renzi che ha firmato l’ultimo sgarbo al “leader Massimo” preferendogli per la carica di politica estera e di sicurezza comune  europea (Pesc) la giovane e semisconosciuta Federica Mogherini. Ma questo è niente, altro che sgarbo politico. Quindici anni fa il giovane Salvini venne denunciato, e condannato a 30 giorni, per oltraggio a pubblico ufficiale: lanciò un del po’ di uova a D’Alema, allora presidente del Consiglio dei ministri.

Renzi e Salvini sono, a modo loro, due rivoluzionari. Una rivoluzione dolce ma dirompente, naturalmente altamente mediatica, come potrebbe essere diversamente. Chi avrebbe mai immaginato, ad esempio, nel Pd ai tempi di Bersani, un incontro al Nazareno con Berlusconi, nella stanza del segretario con le foto di Kennedy e di Che Guevara? O chi avrebbe mai ipotizzato uno scontro frontale con la Cgil, la dichiarazione di morte della concertazione e dell’articolo 18, l’affermazione che i sindacati devono parlare “con gli imprenditori per le vertenze delle aziende, non con il governo per fare le leggi..”?

Matteo Salvini presenta il programma della manifestazione contro l'immigrazione

Tony Iwoli e Matteo Salvini

Ma Salvini non è da meno. Chi mai avrebbe potuto prevedere la promozione di Tony Iwoli, nigeriano in italia da 38 anni a responsabile delle Politiche per l’immigrazione della Lega Nord per l’indipendenza della Padania, chi avrebbe potuto immaginare un negro (non vuole essere chiamato nero) alla testa della manifestazione milanese contro “l’invasione dei clandestini”, una fiumana di 50 mila bandiere leghiste con l’inedita adesione della destra nazionalista di Casa Pound? Oppure chi avrebbe mai potuto immaginare che la Lega Nord, quella della secessione e dell’indipendenza, decidesse di allargare i “confini” e di dar vita alla Lega dei Popoli, lo sfondamento a Sud, a cominciare da Napoli? Si proprio quella Napoli che neanche un anno fa al grido di “buffone, vattene, lavati con il fuoco”, fra lo sventolare di bandiere del Regno delle Due Sicilie, gli impedì di tenere un comizio a Piazza Carlo III?

Venti anni dopo la Lega riprova ad uscire dai confini del Settentrione. Ci provarono Bossi e Maroni, ma furono vittime di una sorta di rigetto “territoriale”, erano troppo identificati con il Nord. Ma ora le condizioni sono obiettivamente diverse, la caduta dei confini, l’ingresso dell’euro, le politiche di rigore europee rendono grottesche le contrapposizioni Nord-Sud del Paese. Ed ecco allora che alcune posizioni dure di Salvini possono avere ampio  consenso, l’urlo dei tre no: no euro, no clandestini, no tasse, abbraccia da una parte all’altra tutta l’Italia.

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 Non siamo più ai tempi del tiriamo a campare. Anche perché non ci viene concesso, sia chiaro. Si cerca di disegnare un’architettura diversa dello Stato. Si lanciano proposte più che innovative, come quella del Tfr in busta paga di Renzi o quella della “flat tax” di Salvini. Di certo non stanno mai fermi un attimo, il loro modo di fare politica è l’essere in eterno movimento. Decisi, spregiudicati, veloci, forse anche un po’ matti. I Matti Matteo però piacciono, attirano, ispirano fiducia (sono largamente ai primi due posti, Renzi una percentuale ovviamente ben superiore, ma guidando il governo è più che logico…) E, poi, c’è anche nell’opinione pubblica il sano piacere di dare un bel calcio alla vecchia politica fino ad ora imperante, i due nuovi leader insieme non fanno gli anni del Presidente della Repubblica. Il passaggio dalla gerontocrazia alla Matteocrazia è troppo accattivante. Come dire il contrario?

 

 

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