di Gianpaolo Santoro
Un po’ Alberto da Giussano, un po’ Rugantino, un po’ Umberto Bossi, un po’ Marine Le Pen. Ecco Matteo Salvini, il capitano Teo dei movimenti studenteschi, l’eterno ragazzo con l’orecchino e la felpa, l’anti Renzi, “il servo sciocco di Bruxelles”.
Matteo contro Matteo, l’unico vero antagonista. Eccolo sul palco con la maglietta nera. “Io sto con Stacchio”, il benzinaio eroe coinvolto nella sparatoria del 3 febbraio, in cui morì un nomade che con altri complici aveva assaltato una gioielleria. Eccolo saltare, come allo stadio, contro i comunisti, eccolo suggerire alla piazza il vaffanculo, ora a Renzi, ora ad Alfano, ora alla Fornero, proprio come ai tempi del miglior Grillo, quello del “V-day”.
Ed ecco piazza del Popolo, piena, gremita, festante. Lo sbarco a Roma della Lega non più nordista. La Lega dei popoli. Ma, soprattutto la Lega della rabbia. E dell’orgoglio. La Lega di Oriana Fallaci “contro il conformismo e contro la paura”. La Lega delle Italie, delle tante Italie ognuna con la propria identità, la propria storia, la propria autonomia. L’Italia delle diversità e del rispetto. L’Italia che se ne fotte dello spread e che è contro il pensiero unico europeo.
A piazza del Popolo, che lo si dica apertamente o meno, sono andate in onda le prove tecniche di Fronte Nacional, (sul palco ha preso la parola anche Giorgia Meloni) in barba alle accuse di populismo e di razzismo, in barba ai cortei di antagonisti ed ai disperati tentativi di chi per giorni ha rispolverato gli antichi slogan di “Roma ladrona” per demolire l’operazione politica di Salvini. Sia chiaro: non spetta a noi giudicare il valore, la consistenza, l’essenza di questa nuova destra, lasciamo ai soliti intellettuali di una certa sinistra tranciare sentenze e spiegare come e quale dovrebbe essere una destra moderna, presente ma probabilmente eternamente perdente.
Ci limitiamo ad osservare che il Paese non è più quello degli anni novanta, tutto è mutato radicalmente e profondamente: meridione, centro e settentrione sono accumunati dalla disperazione, dalla rabbia, dalla povertà. Una miseria nazionale, proiezione di una miseria globalizzata. La piaga di una disoccupazione crescente, di un giovane su due bamboccione per forza, perché non c’è lavoro. E non c’è speranza. Un Paese che non è diventato razzista ma che pretende maggiore disciplina con immigrati e clandestini, senza nulla negare ai rifugiati. Un Paese con una nuova unità nazionale granitica con un unico spirito, una sorta di ribellione contro una Europa germanocentrica egemone e spietata che con regole ferree e spietate che sta affamando i popoli.
“Che cosa è la sovranità se non la libertà dei popoli? La sovranità è prima di tutto la libertà di determinare le proprie leggi. La sovranità è quanto dichiarato nella Costituzione della nostra Repubblica: «Il governo del popolo, esercitato dal popolo, a favore del popolo». È un fatto che non deteniamo più la matrice della nostra sovranità perché tutto quello che è il lavoro legislativo consiste ormai in una servile trascrizione delle direttive europee. Il parlamento non fa che seguire pedissequamente il cammino che gli viene indicato dal suo nuovo padrone. Dove è la democrazia quando non abbiamo più né libertà legislativa, né libertà giuridica, né libertà monetaria, né libertà di bilancio? L’era dei tecnocrati, dei gruppi di pressione, della potenza corruttrice, dei giudici anonimi, degli esperti venduti e dei recidivi del conflitto di interesse, quell’era avrà fine.”
Basta rileggere questo discorso di Marine Le Pen in occasione del primo maggio del 2011 per rendersi conto pienamente di quello che sta succedendo in Italia. La nascita di una destra lepenista che rigetta ogni patto, collaborazione, accordo con Renzi a livello nazionale e regionale. Una destra d’opposizione della quale fa parte Fratelli d’Italia e che aspetta di sapere che cosa intenderà fare Berlusconi, e di come si vorrà posizionare Forza Italia. Dal canto suo Raffaele Fitto ha già fatto sapere come la pensa. “Noi abbiamo con la Lega un decisivo punto in comune, l’alternatività a Renzi.”