di Ottorino Gurgo
Il parallelo sfaldamento della destra e della sinistra (la prima è letteralmente a pezzi; la seconda è lacerata da permanenti contrasti interni destinati, con ogni probabilità, ad esplodere clamorosamente quando, in ottobre, si svolgerà il referendum sulla riforma della Costituzione) induce a domandarsi se queste due categorie che hanno da secoli fatto da contrappunto alla vita politica, esistano ancora nel nostro paese
L’interrogativo non è in sé nuovo. Su di esso si sono a lungo esercitati filosofi, politologi e giornalisti. Ma dell’argomento, in verità, si è discusso per lo più,, anche se a volte ad altissimo livello (pensiamo al saggio di Norberto Bobbio) in termini che potremmo definire accademici, futuribili. Della fine della destra e della sinistra si è parlato, cioè, come di un’ipotesi possibile, ma non ancora realizzata.
Ma oggi, guardando al quadro politico, non si può fare a meno di rilevare che l’ipotesi si sta trasformando in realtà concreta. Destra e sinistra, almeno come le abbiamo sinora concepite, giacciono sotto le macerie.
A sinistra il solco tra l’ala per così dire riformista, interpretata da Matteo Renzi, e quella di matrice comunista, nella quale si riconoscono vecchi leader come Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, si fa ogni giorno più profondo; a destra è sotto gli occhi di tutti ciò che sta accadendo a Roma (ma il “caso” è destinato, per ammissione dei suoi stessi protagonisti, ad estendersi a livello nazionale) dove la destra si divide in una componente moderata (Berlusconi) e una di orientamento radicale (Salvini e Meloni).
Molti mediatori sono all’opera, sull’uno e sull’altro fronte, per tentare riunificazioni che, allo stato degli atti, appaiono destinate all’insuccesso. Lo strappo, in entrambi i casi, appare difficilmente ricucibile e non si può non registrare che, nella realtà, esistono, al momento, due destre e due sinistre. Il che equivale a dire che, forse, non ne esiste nessuna.
Ad ostacolare ogni possibilità di mediazione è il fatto che il conflitto tra le “due sinistre” e le “due destre” non è soltanto legato a questioni specifiche, ma investe questioni di fondo.
La sinistra renziana si muove su una linea di assoluto pragmatismo, mentre i suoi oppositori appaiono legati ad un preciso riferimento ideologico. Analogo discorso può esser fatto per la destra che, non appena il carisma del suo leader si è appannato, si è divisa – come abbiamo detto – in due tronconi, uno di stampo moderato, l’altro decisamente radicale.
Inevitabilmente questa crisi parallela della sinistra e della destra (che non è, peraltro, un fenomeno esclusivamente italiano, ma trova riscontri anche in altri paesi europei ed è probabilmente, almeno in parte, legata alla cosiddetta “morte delle ideologie”) finisce con il dare spazio a movimenti populisti che devono il successo del quale godono al consenso di un elettorato che, non riconoscendosi più nelle forze politiche tradizionali e non sapendo più cosa sia la destra e cosa sia la sinistra (anche i parametri elencati in una vecchia e divertente canzone di Giorgio Gaber sono saltati) preferisce rifugiarsi in un generico e sterile qualunquismo.
Il che spiega, per fare un esempio, il successo altrimenti inspiegabile, di movimenti come quello di Beppe Grillo, che si fondono su stati umorali più che razionali, caratterizzati da una protesta senza proposta..
E questo non può essere considerato un fatto positivo poiché finisce con l’assestare un colpo all’intera credibilità della politica che non a caso vive, purtroppo, la stagione della sua massima impopolarità.