Sergio Fiore, Noni Volpe mauro Ventura e Sasà Cardillo Festa hawaiana al Castillo

Generazione Chiaia

 di Mauro Ventura

“L’appartenenza a Chiaia, non ti molla più, come il profumo del latte materno, del primo bacio, della violetta antica”. Compii 18 anni a Roma, a scuola, la festa per la maggiore età fu mutilata dei miei amici di via dei Mille. Ho frequentato tutto il liceo tra la Salaria e Piazza di Spagna dopo un breve iniziale tentativo al Liceo Umberto. Le passeggiate dunque per Via dei Mille erano i miei respiri napoletani, le domeniche, non tutte, e i periodi di ferie scolastiche

L’Istituto Elementare E. De Amicis fu la terza delle quattro scuole frequentate nei miei primi anni. Il mio diario proveniva dalla mitica cartoleria Piccirillo, bottega fornitissima e proprio di fronte alla scuola, dove il business era dovuto in massima parte alla solerzia e gentilezza di un commesso, lo rammento scuro di carnagione, coi capelli crespi e sempre corti e ordinati. Per noi bambini era lui il signor Piccirillo.

Ischia 1968,mauro Ventura Fiammetta Rutoli, Rossana Vecchione, Nino Masucci, Larry Caldwell, Marzia Rocca, Annalisa Condò, Pasquale Greco, Fabrizio De falco, Diego Concilio

La comitiva, Ischia Estate del 1968- Mauro Ventura Fiammetta Rutoli, Rossana Vecchione, Nino Masucci, Larry Caldwell, Marzia Rocca, Annalisa Condò, Pasquale Greco, Fabrizio De Falco, Diego Concilio

L’ho rivisto trent’anni dopo in via Merliani al Vomero, lontano dal primo negozio e senza la minima offesa da parte dei lustri trascorsi. Che ci faceva il signor Piccirillo dentro la libreria Guida? Era il responsabile del reparto cancelleria, cos’altro poteva fare se non quello che da sempre aveva fatto benissimo, sorridere a bimbi ed adulti anche se acquistavano un semplice foglio di carta protocollo a lire 10.

Di cartolerie ce n’erano anche altre a pochi metri. La cartoleria Italia la scoprii quando un Natale mi iniettò la passione per i mattoncini Lego e lì vendevano le scatolette dei singoli elementi per poi comporre oggetti secondo la propria fantasia, in prevalenza casette bianche con grandi tegole rosse. In seguito arrivarono le confezioni tutto compreso con precisi oggetti da riprodurre: auto, velivoli, perfino animali. Smisi di comprare le scatolette dei mattoncini anche perché non ne producevano più.

Bar Moccia di oggi

Bar Moccia, oggi

La terza cartoleria si chiamava Cinquegrana, come la suora portinaia di Santa Giovanna d’Arco, dove terminai le elementari. Questa cartoleria si trovava accanto al Bar Moccia, nei pressi del Liceo Umberto. A differenza delle altre, stando in una zona piena di altri negozi, collocandola tra l’altro in un tempo successivo al precedente, era un luogo frequentato da vari passanti, acquirenti anche di altri articoli ed era gestito da un unico addetto abbastanza giovane, anzi direi quasi coetaneo della guagliunera che occupava costantemente lo spazio antistante la scuola anche in orari poco scolastici. Il negozio era praticamente un luogo di intrattenimento alternativo e qualche Parker o Pelikan l’abbiamo comprata tutti, il prezzo di un miniabbonamento alla compagnia, alla conversazione, ai commenti, ai pettegolezzi.

Esistono ancora? Prima di affermare il falso, mi documento su Google. Fatto. Piccirillo e Italia esistono ancora. Cinquegrana deve aver ceduto il locale all’ingrandimento del Bar Moccia, più pizzette e meno matite. I clienti ora saranno i nipotini di quelli di una volta, magari accompagnati proprio dai nonni. Li vedo entrare distratti con lo sguardo impegnato alla ricerca di un mattoncino Lego, di un commesso sorridente. E quando lo vidi in via Merliani cosa dissi? Niente, fu lui ad anticiparmi, ripetendomi quello che a tanti altri andava rispondendo anche non sollecitato: “Si sono Piccirillo” e ricordo tutti voi ex alunni della De Amicis. Acquistai una Paper Mate, non era all’altezza neanche di una Bic degli altri tempi.

Liceo Umberto

Liceo Umberto

Accanto alla De Amicis (pronuncia deàmicis, con l’accento spostato perché parola pseudo straniera per il vocabolario napoletano, e quindi da penalizzare in qualche modo, come càvour, diàz, desantìs, internèt, …), accanto alla deàmicis, dicevo, c’era la Ravaschieri, la versione femminile, con i grembiulini bianchi e il fiocco rosa, mentre i nostri erano tristemente neri e odoravano di inchiostro, di pastello e di segatura, emorragia lenta dei banchi ormai logori e scoloriti. Neanche il collettino bianco e il nastrino azzurro riuscivano ad attutire l’orrore di quel nero funereo. Solo le rituali foto di classe, nella loro piatta e geometrica rappresentazione, ne migliorano alquanto l’aspetto; il fotografo impiegava diversi minuti a gestire un istante sostenibile.

777777777777

Nella foto la squadra del Bar Moccia. Fra gli altri Franco Celotto, Peppe Donadio, Mario Giangrasso, Francesco Parisio Dino Vaccaro, Franco Feluca, Fabio Improta, Lucio Cappelli, Pierluigi Giordano, Enrico D’Arco, Mario D’Agostino, Barbara Feluca, Sergio Feluca

Il bar Moccia, prima a ridosso, poi anche dentro la cartoleria Cinquegrana, è ancora lì e continua a servire saporite pizzette al pomodoro provenienti dalla non lontana omonima panetteria di Via San Pasquale. Quando i gestori del bar organizzavano tornei di calcio amatoriale, per la squadra Umberto-Ex un anno vinsi la classifica dei marcatori e la coppa era lì, dietro il bancone, tra una bottiglia di Stock-84 ed una di Rosso Antico.

Non ho mai pensato di reclamarla, mi limitavo ormai adulto ad entrare con amici o colleghi e mostrare ogni volta orgoglioso il trofeo, in effetti era più comodo che farlo a casa. In una delle ultime mie sortite posi ad una nuova cassiera la consueta subdola domanda sulla coppa per recitare la solita manfrina di aver dimenticato di essere proprio io l’artefice di quel prezioso cimelio. Per tutta risposta, la carina parlò di roba vecchia che doveva essere eliminata per fare un po’ di pulizia. Mi sentii giustamente punito per la mia recidiva vanità e non colsi la giusta opportunità per protestarne il possesso. Scappai via.

Rancho Fellone show kessler,

Ischia Rancho Fellone

Diciottenni neouniversitari ma con ancora la voglia di perdere  un po’ di tempo lungo i marciapiedi ad incrociare i saluti o solo gli sguardi di amici e soprattutto ragazze, si ciondolava lungo i soliti percorsi circolari, Via dei Mille, Via Carducci, Largo Vasto, Via Nisco per tornare su Via dei Mille. Quando c’era più tempo e qualche sguardo da incrociare di nuovo, si poteva estendere il percorso fino a Via Vittoria Colonna e Piazza Amedeo da una parte o Vico Belledonne e Bar Cimmino con ritorno su via Filangieri dall’altra parte. La domenica mattina col gelatino in mano acquistato da Certus, era d’obbligo la distanza massima Amedeo-Cimmino, se non addirittura Piazza dei Martiri e ritorno. Il gelatino si squagliava prima della quinta leccata.

a vetrina panchina di Upim in via Nisco

La “panchina” difronte a Certus

Certus era in via Nisco, di fronte alla seconda entrata di Upim. Insieme alla prima, su via dei Mille, in precedenza erano gli ingressi di altrettanti cinematografi, l’Alambra (senza acca) e il Corona, omonimo del bar ad angolo Via Nisco Via Dei Mille, dalla famosa miscela di caffè.

Il bar Corona era tra i più piccoli del quartiere, un bar di nicchia, grazie al suo caffè. Praticamente vendeva solo quello, la torrefazione era in via Schipa a circa un chilometro e la miscela non perdeva l’aroma, non doveva trasvolare l’atlantico. Ma i bar venivano frequentati anche per altri motivi. Prendiamo il Bar Picardi, per esempio, uno dei più antichi; era bello perché aveva un soppalco, una stretta balconata con una breve teoria di tavolini dove gustare una buona prima colazione e osservare il viavai sottostante. Quando noi ragazzi gustavamo i gelati di Certus il bar Picardi forse c’era ancora ma era un’esclusiva dei più grandicelli, ragazze e ragazzi minimo ventenni, qualcuno ancora più adulto, molti personaggi. Ciao Ciociò, quanto ossigeno portava la tua chioma veleggiante sulla vespa celeste.

Ischia 67  Ludy Sanges, Paolo Fiorillo, Paolo Fiore, uno che non ricordo bene, Antonio Renta, Gianfranco Talarico; oreste Girardi, Alberto Pironti, Larry Caldwell, Io, Oscar Graziani

La comitiva estiva, bar Pineta – Ludy Sanges, Paolo Fiorillo, Paolo Fiore, uno che non ricordo bene, Antonio Renta, Gianfranco Talarico; oreste Girardi, Alberto Pironti, Larry Caldwell, Mauro Ventura, Oscar Graziani

Disegnare la mappa del quartiere utilizzando come punti di riferimento i bar, a prescindere dai tempi, significherebbe prendersi un caffè almeno in una ventina di locali distribuiti in circa un chilometro quadrato. Tempi diversi ragazzi che crescevano e quindi traslocavano da un bar all’altro. Sì perché in ogni epoca c’erano di fatto tre livelli, tre classi di clienti, adolescenti, circa ventenni e adulti. Moccia, Certus, Picardi, Corona, Principe, Aegidius, Metro, Amedeo, Cimmino, Little Bar, Cristallo, Caffettiera, Vittoria, Di Martino. Il bar Mosca chiuse alla fine degli anni cinquanta, era sul lato superiore di Via S.Pasquale fu il primo a proporre i toast (roba americana) ma la concorrenza del vicino bar Principe soprattutto per la qualità della pasticceria ne determinò il tramonto.

ls

Bar Aegidius

Ogni bar ha avuto la sua specificità. Detto già di Moccia, Principe faceva un croissant strepitoso di pasta brioche, lo chiamavano polacchino, proprio come la scarpa. Cimmino era famoso per le teste di moro, veramente figurative. Aegidius era fornitissimo di biscotti anglosassoni e danesi, una rarità. Ogni confezione era addobbata con fregi scozzesi, costavano un occhio della testa e contenevano più burro di tutta la latteria che si trovava un po’ più su. Quanto erano buoni! Il Little Bar fu il primo ad istallare un vero e proprio de hors. Aegidius aveva già sistemato due o tre tavolini all’esterno del locale ma non si poteva chiamare de hors. Il più elegante di tutti era Caflish, l’età media dei clienti “stanziali” era notevolmente più alta degli altri e faceva molto tendenza raffinata. Anche la pasticceria di Caflish andava per la maggiore. Principe-Moccia-Caflish era il triangolo dell’autodiabete domenicale. Dal colore dei pacchetti e dalla loro dimensione si intuiva dove avrebbe pranzato la persona e cosa avrebbe offerto come dessert. Pacchetto piccolo, casa; pacchetto medio, a casa di amici; pacchetto grande, amici e parenti. Il colore indicava il contenuto e in che zona si andava a pranzo. Ma come dimenticare i pacchetti azzurro-forte dal bar Fontana contenenti tipicamente le cassatine siciliane…

(Nella foto di copertina : Sergio Fiore, Noni Volpe, Mauro Ventura e Sasà Cardillo alla festa hawaiana al Castillo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

Un pensiero su “Generazione Chiaia

  1. Simona

    Per quanto riguarda la cartoleria che ha ceduto i locali a Moccia, l’unico commesso era davvero strano: se gli chiedevi la carta millimetrata andava in escandescenze. Il nostro gioco era individuare qualcuno che non lo sapeva e mandarlo a comprare carta millimetrata. Una volta minaccio un ragazzo con le forbici

    Replica

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore