di Mino Cucciniello
I fantastici anni sessanta, quelli subito dopo il miracolo italiano, il benessere e i frigoriferi. Cambiava il mondo. Nel 1967 venne eseguito il primo trapianto di cuore a opera di Barnard, medico sudafricano, nel 1969 due astronauti americani, Neil Armstrong e Edwin Aldrin, arrivarono a mettere piede sulla Luna . A Napoli i ragazzi del tempo cominciavano a mettere piede fuori casa e si andava al Sombrero, per “una botta di vita”
Non so bene il perché ma certo è, che sin da ragazzino mi è sempre piaciuto invitare amici a casa mia.
Spesso mi sono anche chiesto quale fosse la ragione di questo mio essere salottiero e la spiegazione più plausibile e ricorrente che mi sono dato è stata quella che sono stato un figlio unico che non ha avuto un fratello per giocare o confrontarsi.
Comunque sarà per questa ragione, sarà perché, come dicono, ho sempre avuto un carattere socievole sin dalle scuole elementari ed ovviamente ancor di più a quelle medie spesso, quando si poteva, invitavo dei compagni di classe, per piccole “riunioni”, come si soleva fare una volta. Non esistevano i computer, Facebook, WhatsApp o Instagram , allora pensate un po’ ci si vedeva per parlare, scherzare giocare da vicino.
Ricordo i miei primi compagni di gioco: Oreste Carbone, Giovanni Leone, Giancarlo Milone, Franco Greco, Lello Porta, Michele Colli, Franco Julia, Giancarlo Leone, si stava insieme per trascorrere qualche ora tutti insieme, il sabato pomeriggio insieme finché non sarebbero venuti i loro genitori a riprenderli.
Poi quando a metà degli anni sessanta iniziò per me il “rito” della sosta da Certus in via Nisco, iniziando a conoscere ed a fare amicizia con delle ragazze, le prime comitive, le semplici riunioni fatte di chiacchiere si tramutarono in balletti, proprio come si usava in quegli anni, quando la Mela non era stata ancora aperta e la festicciola in casa era un modo per conoscersi tra giovani tutti appartenenti a famiglie che in un certo senso anche loro si conoscevano. Napoli era una paesone , la gente quella era, quelle le scuole che si frequentavano: erano più o meno amici i padri, le madri eravamo amici noi figli. Era facile avere il permesso per andare a queste riunione. Già, perché a quei tempi i figli dovevano chiedere il permesso, dovevano dire dove andavano, chi avrebbero trovato. Proprio come avviene oggi…
Il giorno preferito per organizzare il balletto era sempre il sabato, quando si poteva fare almeno di studiare potendolo rimandare alla domenica. Gli inviti avvenivano quasi sempre per strada dove tra una vasca e l’altra in via dei Mille si “diramavano” gli inviti . E la raccomandazione era sempre la stessa “Mi raccomando non spargere la voce. Stiamo solo fra noi…” .
Per quelli che non si erano incontrati scattava la telefonata il primo pomeriggio, in tutte le case il telefono pomeriggio subito dopo pranzo era “sequestrato” dai figli. Allora la gestione del telefono in famiglia era un affare di stato, più grande era la famiglia, più grandi erano i problemi. Non è come oggi che ognuno è indipendente ed ha il suo numero, il suo telefonino, il suo computer..
Cosa fondamentale per fare riuscire bene il classico balletto a casa, dove si sarebbe svolto generalmente tra le 17,30 e le 20,30, era la parte musicale e per essere aggiornati sui maggiori successi discografici era obbligo ascoltare alla radio Hit Parade un programma condotto da Lelio Luttazzi che presentava una classifica di pezzi elaborata a secondo dei dischi più venduti settimanalmente. I quarantacinque giri si compravano dal mitico Refrain e venivano poi preparati vicino al giradischi sul quale sarebbero stati messi uno dopo l’altro per essere ascoltati.
Erano gli anni di canzoni bellissime come: A whiter shade of pale; Je t’aime moi non plus; L’Istrione; L’ora dell’amore; Pata Pata; A chi; Eloise; Winchester cathedral; Parole; Una Bambolina che fa no; Il ballo di Simone, che sarebbero diventate la colonna sonora di tutta quella generazione semplice ma che si avviava fiera e baldanzosa verso il 1968, quando sul mondo intero iniziarono a soffiare i primi venti di contestazione alle istituzioni ed a tutto quello che veniva considerato borghese.
I balletti nonostante come ho già detto si svolgessero di pomeriggio, quasi sempre sotto l’occhio vigile di qualche familiare che con la scusa di un qualcosa passava per vedere se tutto filava liscio, era uso per i ragazzi che partecipavano di presentarsi in giacca e cravatta, queste in quegli anni sessanta si usavano decisamente strette, mentre obbligatoriamente per essere a la page, quel tocco di gioventù, bisognava calzare dei mocassini Saxone, che vendeva Magli in via Toledo e poi anche in via Chiaia (palazzo sant’Arpino/Caracciolo) dove il noto calzaturificio aprì un nuovo punto vendita.
Le ragazze invece indossavano l’abito quello che in gergo sartoriale viene definito habillè dalle linee classiche e soprattutto semplice mai scollato e di lunghezza al ginocchio, per intenderci un fac simile del vestito di Gigliola Cinquetti che mise per cantare Non ho l’età al Festival di Sanremo.
Le pettinature delle ragazze erano realizzate con capelli dai tagli corti e cotonati tipo Mina prima maniera, pochissime erano le fanciulle con i capelli lunghi il mito di BB non era ancora del tutto scoppiato.
Tra le primissime ragazze che frequentai quasi tutte erano inscritte al liceo Umberto e con affetto mi fa piacere ricordare Annamaria Coscino, Giulia Nardone, Vera Capolongo, Enza Gallo, Laura De Cesare, Paola Penta, Gabriella Scarpati e Gabriella Di Luzio. Quest’ultima amica finiti gli studi classici sarebbe diventata un attrice di cinema e teatro e che purtroppo proprio recentemente è scomparsa prematuramente.
Anche i buffet di queste festicciole erano semplici sulle tavole venivano servite alcune ghiottonerie di Moccia con in primis le famose pizzette, assolutamente vietati gli alcolici pertanto da bere c’erano solo aranciate e coca cola e qualche succo di frutta. Il periodo più bello dell’anno per organizzare queste riunioni, secondo me, era la primavera inoltrata tanto che sembravano quasi delle mini versioni dei più blasonati mak P, dando così la possibilità di salutarsi e scambiarsi gli indirizzi delle località dove si sarebbero trascorse le imminenti vacanze estive. Cinquantanni fa i rapporti con i compagni di classe si interrompevano con il finire delle lezioni perché una volta partiti per la villeggiatura era molto difficile restare in comunicazione, molte seconde case non avevano il telefono e pertanto non restava che scriversi.
Nel 1968, quando nelle sale cinematografiche trionfarono “Grazie zia” ed “il Laureato”, per problemi familiari non potetti organizzare nulla a casa e così anche a novembre quando ricorre il mio compleanno. Tuttavia i miei genitori per accontentarmi acconsentirono che invitassi un gruppo di amici a cena al Sombrero, all’epoca era un famoso risto – night che da poco si era trasferito dalla sua sede storica di via Partenope nei locali della Casina dei Fiori, una splendida struttura, che si trovava poco prima del Circolo del Tennis per chi proveniva da Piazza Vittoria.
Per l’occasione a festeggiarmi oltre alle ragazze “Umbertine” menzionate precedentemente si aggiunse un gruppo di nuovi amici tra i quali c’erano Antonella e Giancarlo Fraschetti, Ciccio Di Lena, Bruno e Luciano Curatoli, Claudia Douglas e Riccardo Bulgarelli tutti allievi soci come me del Circolo Posillipo.
Così dal 1968 iniziò la lunghissima serie dei festeggiamenti per il mio compleanno che essendo nato il 21 e dichiarato il 25 ho sempre cercato di organizzare la festa a secondo che una delle due date fosse più vicina al sabato. Nel novembre 1969 ritornai a festeggiare il mio compleanno in casa , ma oramai il vecchio e caro balletto pomeridiano si era trasformato in una vera e propria cena. L’invito veniva fatto per le ore ventuno e sul buffet oltre a tante pietanze comparvero anche i vini ed gli alcolici che qualche volta purtroppo nel corso degli anni avrebbero creato qualche problema.
La lista degli invitati per la cena del 1969 era ben numerosa ed era composta dai nomi di: Roberto Farina, Sergio e Lucio Cappelli, Guido Gnocchi, Toni Rotondo, Arturo De Lorenzo, Antonio Molis Vittorio Zagari, Alberto Giuliani, Alberto e Sarro De Felice, Puccio Pacella, Giampiero Giudicepietro, Antonio Pane, Francesco Cuomo, Alfredo Grimaldi, Francesco e Filippo Parisio, Enzo De Simone, Ugo La Volpe, Marino Graziussi, Francesco Abiosi, Ugo Rodinò, Roberto Pennisi e Paolo Agnetti unico amico che non sarebbe mai venuto ad una delle mie cene con tante persone.
Per le ragazze i nomi erano quelli di Antonella Fraschetti, Francesca Rizzo che avrebbe ipotecato la sua presenza per tutte le altre feste, Gabriella Lo Russo, Fabia Manzi, Annalisa Izzo, Patricia Guarini, Federica Tonna, Ginni Cerè, Antonella e Daniela Valentino, Enza Gallo, Gabriella Di Luzio, Mary Talamo, Evi La Volpe, Patrizia D’Andrea, Gigliola De Felice, Graziella Cannavacciuolo, Marina Lo Schiavo, Angela Longobardi, Maria Rosaria Vecchione, Silvana Pane, Paola De Felice, Patrizia La Morgese, Roberta Adiletta, Paola Vairano, Valeria Caleprico, Luciana Davide ed Alba Marengo.
Oramai le ragazze non erano più acqua e sapone erano diventate tutte attentissime a ciò che imponeva la moda e poiché in quel lontano 1969 gli stilisti elessero come capo in il pigiama palais molte delle presenti lo indossarono perfettamente grazie anche ai loro splendidi fisici, qualche altra invece si fece pettinare con l’identico chignon della begum Salima quando un paio di mesi prima era convolata a nozze con Karim Aga Khan IV. La serata si concluse con una gita notturna sul Vesuvio, dove complice una bellissima nottata nacque anche qualche amore.
(1.continua)
Caro Mino nell’elenco da te pubblicato ne hai dimenticati molti, me, Mario D’Agostino, i fratelli Goscè, Corrado Coiro, Sergio Feluca, Decio Lombardi, Gaetano Abeltino (famoso come Agonia) Franco Monachese, Larry Caldwell, i fratelli Della Noce, Paolo Giordano, Rudy Loste, Bruno Capece, Alfredo Fiorillo, Sabatino Borrelli, Daniele de Luca, Roberto Stinchi, Gianni Castadi, Geppy Baselice, Livio Criscuolo, Rudy Chiechia, Gianni Cutolo, Gianpaolo e Nicola Tisci, Ezio e Armando Branzoli, Giggi Cappabianca, Lorenzo Pucci, Claudio Zanfagna, Renato Ricca per citarne alcuni e tra le ragazze Le sorelle Basurto, Patsy Kitzman, Ginny Cerè, le sorelle Gaudiero, Emma Pintozzi, Claudia Tisci, Lucia Vattucci Pina e Fiorenza Tonola, le sorelle Salvati, Viviana Lo Schiavo ecc. Tutti nomi di primo piano della Napoli “bene” dell’epoca
Caro Mario, io non ho dimenticato questi nomi che tu mi segal,i tra l’altro alcuni anche miei amici, ma ho menzionato solo quelli che ebbi il piacere di avere ospiti a casa mia in quegli anni. Nelle puntate prossime ci saranno altri nomi per gli anni 70 ed altri ed i altri ancora fino ad oggi. Spero che in un prossimo futuro appena organizzerò una nuova serata mi darai la gioia di averti in modo tale da recuperare gli anni perduti tutto sommato io e te siamo molto “giovani” Un forte abbraccio ,se nel frattempo un giorno vuoi venire a colazione da me mettiti in contatto sarebbe un piacere e così potremmo raccontarci i tanti ricordi che abbiamo in comune.
Ciao Mino
Anche se non ci siamo frequentati e conseguentemente non eravamo amici mi ricordo molto bene di te.Ti scrivo in merito alla nota di Mario de Luca mio vecchio ed indimenticato amico,in cui precisava di tue numerose dimenticanze e sono pienamente d’accordo con lui.Comunque mi ha fatto piacere leggere i tuoi ricordi anni 60/70 Ciao Corrado Coiro
Ciao Corrado, sono Silvia S.
Sono contenta di leggere queste tue righe. Non ho più avuto notizie di te ed ho perso tutti i tuoi recapiti. Spero tu stia bene. Con grande affetto.
Un abbraccio