di Carlo Alberto Paolino
Altro che ramoscello d’ulivo, altre che domenica delle Palme, altro che segno di pace. Don Edward Pushparaj, il vice parroco indiano della chiesa Sant’Antonio a Montesilvano, durante l’omelia, dopo la lunga lettura del vangelo sulla passione di Cristo alle parole del Signore ha aggiunto le sue. “Papa Francesco in quattro anni ha fatto solo del male alla Chiesa”. Il comportamento del Pontefice che nella settimana santa aveva fatto la lavanda dei piedi a fedeli anche di altra religione, ed in particolare ad una donna musulmana, aveva superato il colmo.
Amato, osannato, venerato. Ma contestato, osteggiato, combattuto. Papa Bergoglio scatena forti ma diversi sentimenti. Viviamo del resto i tempi dei due Pontefici e sempre più c’è chi non si riconosce in pieno in Papa Francesco.
Uno dei nostri maggiori vaticanisti Antonio Socci, best-seller a profusione, cinquantaduemilatrecentosettanta seguaci su Facebook, ha da tempo cominciato una vera e propria campagna sul Papa regnante, e strada facendo ha visto sempre crescere adepti e consensi in questa sua continua serie di commenti al vetriolo sull’azione di Bergoglio che starebbe annichilendo la chiesa a colpi di rivoluzioni. “Io prego per lui come cattolico, ma il mio mestiere è il giornalismo – ha detto recentemente Socci- e devo basarmi sull’evidenza. Basta rileggersi le interviste che concede Bergoglio: è una situazione estremamente dolorosa, drammatica. Dire che Dio non è cattolico significa volere una super religione depurata di dogmi e sacramenti. Peccato che l’orizzonte monoteista così inteso vada poi a impattare con il credo trinitario. Ed è un bel problema. Che Dio non abbia un figlio lo sostiene l’islam. Francesco “non vede la situazione dei cristiani sotto i regimi islamici, che vivono in una sorta di apartheid. Nessuno dice che dovrebbe fare il crociato, ma i papi devono difendere i perseguitati. Non ho mai detto che il Papa dovrebbe affacciarsi alla finestra del Palazzo apostolico per condannare l’islam, ma bisognerebbe proclamare la Verità”.
Una piccola grande rivoluzione si è scatenata dopo l’esortazione apostolica di Papa Francesco Amoris Laetitia (“Joy of Love”), un documento che apre nuove strade per i cattolici divorziati e delinea una Chiesa più tollerante sulle questioni relative alla famiglia.
A guidare la “santa rivolta” è cardinale Raymond Leo Burke, Patrono dell’Ordine di Malta, ex Prefetto della Segnatura Apostolica, uno dei quattro cardinali che ha reso pubblici i Dubia. Ed in una intervista a Gabriel Ariza, pubblicata da Infovaticana , ha spiegato anche la ragione. “Perché c’è così tanta confusione nella Chiesa sui temi fondamentali che sono definiti per ciò che riguarda il male morale intrinseco, per ciò che riguarda la Santa Comunione e la giusta disposizione per ricevere la Santa Comunione e per ciò che riguarda l’indissolubilità del matrimonio. C’è così tanta confusione che noi, per prima cosa, abbiamo chiesto al Santo Padre per favore di chiarire queste questioni. Abbiamo limitato la nostra richiesta a quelle quattro questioni nei Dubia che, voglio ricordare, è una pratica molto antica della Chiesa e non è assolutamente una sfida contro il Papa come ha interpretato qualcuno.”
“Poi quando non c’è stata nessuna risposta- ha continuato Burke – poiché molte persone ci dicevano: “perché voi cardinali non fate il vostro dovere e insegnate con chiarezza su questi temi?” abbiamo capito che dovevamo far sapere alla gente dei Dubia. Sì, stiamo facendo del nostro meglio, stiamo cercando di ottenere dal Santo Padre la direttiva di cui la Chiesa ha bisogno proprio ora. Perché c’è una confusione molto pericolosa e anche, con la confusione, vengono le divisioni. Ed invece abbiamo preti contro preti e disaccordo fra cattolici intorno alla possibilità di ricevere i sacramenti se vivi in un legame matrimoniale che non è valido. Troviamo disaccordo persino fra i vescovi, e questo non dovrebbe succedere….questo non è il bene della Chiesa”.