di Ottorino Gurgo

 Luigi Di Maio, trentuno anni, avellinese, vice presidente della Camera nell’attuale legislatura, sarà, dunque, il candidato del Movimento Cinquestelle alle prossime elezioni politiche e leader, in sostituzione di Beppe Grillo (ormai stanco e probabilmente deluso), di quello che può ormai considerarsi come un vero e proprio partito.

Ottorino Gurgo

La decisione è ormai presa e poco o nulla contano mugugni e contestazioni dei militanti che rivelano come anche i pentastellati, che pure tengono a rimarcare la propria “diversità” dl resto del mondo politico, siano afflitti da quelle divisioni interne e da quelle rivalità che caratterizzano tutti i partiti, di sinistra, di centro o di destra che siano.

E poiché, sondaggi alla mano, non è da escludere che possa spettare ad un discepolo dell’ex comico genovese la guida del governo prossimo venturo, mette conto riflettere sull’opportunità di questa candidatura alla quale, con le loro divisioni, con le loro polemiche interne, con le loro dispute laceranti e con le loro spesso meschine invidie, stanno dando una sostanziosa mano sia il centro destra, sia il centro sinistra.

Di Maio e San Gennaro

I sostenitori del governo Di Maio, rallegrandosi della scelta compiuta,  sottolineano che sono almeno due i motivi che inducono a compiacersene e ad augurarsi che la sua candidatura giunga vittoriosa al traguardo: la sua giovane età e la sua estraneità a quello che sprezzantemente definiscono “il professionismo della politica”.

Giorgio Napolitano, 70 anni in politica

È certamente vero che la conduzione della vita politica è stata troppo spesso affidata a personaggi molto in là con gli anni e che non può non essere considerato positivamente il fatto che si accostino ad essa giovani in grado di fornire quel contributo di entusiasmo e di energia del quale i più anziani sembrano ormai carenti.

Ma, per quanto concerne il “professionismo” che in politica sarebbe da rifuggire, ci sembra debba essere operato un distinguo. Non si può non convenire sul fatto che vada respinto con decisione il concetto della “politica-professione”, vale a dire dell’attività politica ispirata da intenti meramente speculativi, con il proposito di trarne, come troppo spesso è accaduto, un vantaggio economico diretto e personale.

Tre Stelle: Grillo, Di Maio e Di Battista

Ma da questa considerazione, peraltro ovvia, non può discendere la conseguenza che la politica debba essere un’attività per dilettanti. Non è così. La politica richiede esperienza, scuola, competenze; tutte doti  per le quali occorre  “professionismo”, cioè capacità di svolgere la propria attività con regolarità, assiduità, costanza. Ed è più che mai necessario rifuggire dall’improvvisazione come purtroppo è accaduto ovunque (Roma docet) i cinquestelle hanno conquistato posizioni di governo.

Luigi Di Maio è un giovanotto simpatico, ma il suo cursus honorum non rivela una sua particolare esperienza nel campo della politica alla quale è inopinatamente arrivato quasi per caso grazie all’ondata protestataria del grillismo, vero e proprio “festival del dilettantismo”, che ha investito da tempo, ormai, il nostro paese..

Alla politica Di Maio è approdato dopo un passato di studente universitario fuori corso e  di steward allo stadio napoletano di San Paolo. Può bastare questo per assumere la guida di un grande paese quale, malgrado tutto, l’Italia è ?

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