di Gianpaolo Santoro
Eh si, siamo arrivato a mille giorni. Mille maledetti giorni verrebbe voglia di dire di Renzi al governo, di annunci e previsioni sbagliate, di slide e di grafici, di riforme e leggi con fiducie e ghigliottine e canguri, di epurazione di uomini del suo partito dalle commissioni parlamentari e si nuove alleanze con fuoriusciti dal centrodestra, voltagabbana che eletti dall’altra parte hanno messo in atto il soccorso azzurro, una esecrabile girandola senza fine.
Mille giorni cominciati con una riforma al mese e finiti con un programma spalmato in mille giorni di me (il Paese) e di te (Renzi), un governo nato con un tigre (Napolitano) nel motore e poi finito al rallentatore, perché si sa, chi va piano va sano e va lontano ma poi arrivati alla fine dei tre anni tutto è più ingarbugliato, brutto e sconquassato di prima.
Mille giorni di bugie e false promesse, di ottanta euro e buoni di falsa cultura ai giovani, e di mance e mancette, piccole e grandi prebende, di esodati e banche fallite, di gente costretta a mendicare quello che gli spetta, di contratti della pubblica amministrazione non rinnovati o ridicolizzati, di europeismo sfrenato e di antieuropeismo scatenato, perché questo è un governo che va dove spira il vento, che toglie le bandiere della Ue, perché non sono di moda, che organizza una farsa a Ventotene sullo spirito di Spinelli, con Hollande e la Merkel, e poi si inventa di porre il veto al bilancio ma, quando si tratta di votare, si astiene perché non si mai…
Mille giorni di ardore e furore di un leader agnellino, che prima imbraccia la spada per cancellare il Porcellum e sostituirlo con l’Italicum, la legge elettorale più bella che ci sia, che costringe al Parlamento di approvare ponendo la fiducia (la seconda volta nella nostra storia, la prima fu la famigerata “legge truffa” imposta da Mussolini) per poi cambiare ignominiosamente idea nelle radici dell’impianto della legge (via il ballottaggio, impaurito dai sondaggi che vedevano sempre sconfitto il Pd), passando così dal Porcellum alla Porcata, con la disinvoltura del Renzismo, cinismo e fandonie, senza andare troppo per il sottile.
Mille giorni cominciati con la vergogna dell’Enricostaisereno e passati per Jobs act ed articolo 31, cioè come azzuffarsi sul lavoro in un mondo senza lavoro e di scuola buona dove le designazioni e le cattedre sembrano essere attribuite da un ubriaco, e spediscono uno che abita ad Enna a Bolzano, ed uno di Bolzano ad Enna, altro che algoritmo, un alcolritmo diremmo, che ha funzionato solo per Agnese, la first Lady che ci crediate o meno da Rignano sull’Arno le è toccato andare fino a Firenze, ben 29 chilometri, perché signori la legge è uguale per tutti…
Mille giorni di Giglio Magico, tutti gli uomini del rottamatore trasferiti dal Palazzo Vecchio a quello Nuovo, da Palazzo della Signoria a Palazzo Chigi, dal fotografo al consigliori, dalla super vigilessa alla Orlandi furiosa delle tasse, sempre con l’amico del cuore (Carrai) con le mani in pasta; mille giorni di nani e ballerine, come la combriccola che si è portata dietro per andare ad omaggiare Hillary, “la prima donna presidente degli Stati Uniti”, unico premier a sbilanciarsi tanto, per finire come è finita, l’ennesima alta lezione di diplomazia, eppure Macchiavelli avrebbe dovuto insegnargli qualcosa…
Mille giorni da rottamatore a rottamattore, da una Leopolda all’altra Leopolda, da europeista ad antieuropeista, dal Patto del Nazareno allo sfascio della riforma Costituzionale votata in un’aula semivuota che ci hanno anche regalato qualche rivelazione sorprendente: grazie al Premier abbiamo scoperto che Marco Polo è cinese, che “nel 700, 800 e 900 si occupavano militarmente altri stati e noi ci prendevamo l’Istria, Nizza e la Savoia”, che “L’Eni è un pezzo fondamentale dei nostri servizi segreti”, che la “Cultura è umanista” che “Republica” si scrive con una “b” e che “leader” si scrive “leaders”, solo per citarne alcuni.
Ma per quello che mi riguarda la più bella di tutti è quella di Nairobi, quando un po’ Totò ed un po’ Peppino de Filippo che sbarcano a Milano col colbacco, Renzi credendo di andare al fronte a Nairobi si presenta con un giubbotto antiproiettile che fuoriesce vistosamente dalla giacca, creando un caso diplomatico, poco simpatico. Probabilmente per assomigliare ad Andreotti aveva pensato bene di regalarsi una gobba… Ma come l’abito non fa il monaco, non è una gobba che fa un leader. E se siete renziani, potete anche aggiungere una “s”….